Federica De Denaro a TvBlog: “Con Ribelli ho trovato una nuova giovinezza. Volevo uscire dalla cucina”
Federica De Denaro dallo scorso sabato è al timone di Ribelli, in onda fino al 30 settembre su Rai 3. L’intervista di TvBlog alla giornalista
Una giornalista con tante vite professionali diverse. Così si potrebbe raccontare la carriera di Federica De Denaro, che dallo scorso sabato è arrivata alla conduzione di Ribelli. Proprio seguendo le sue “ribellioni”, TvBlog l’ha intervistata, a poche ora dalla nuova puntata (il protagonista sarà Domenico Modugno) in onda oggi pomeriggio, alle 15:00, su Rai 3.
Nel 1999, dopo tre anni di lavoro a Moby Dick, lasciasti la squadra di Michele Santoro per passare a La Vita in Diretta. Che cosa ti portò a fare quella scelta?
Lavoravo da Michele Santoro da quando mi ero laureata, anzi mi ritrovai a discutere la tesi mentre stavo già lavorando al programma. È stata un’esperienza professionale bellissima, molto appagante, ma anche totalizzante. Da Santoro ho imparato a fare tutto perché li si faceva dal montaggio al casting. L’esperienza in Kosovo, per circa un mese, in un campo profughi, dove facevo anche fatica a sentire la mia famiglia, da una parte è stata l’esperienza più importante della mia vita a livello giornalistico, dall’altra mi ha fatto capire che non avevo il sacro fuoco per fare quel tipo di lavoro da inviata. Fu un’esperienza emotivamente molto faticosa per me. Quando sono tornata, mi sono resa conto che una vita del genere avrebbe rischiato di compromettere anche la relazione con quello che sarebbe poi diventato mio marito. In quel momento sentivo di aver perso un po’ di libertà nel gestire la mia vita. Nel volermi costruire una famiglia, sentivo l’esigenza di lavorare in un programma che mi portasse a stare di più a Roma. Quando lo dissi a Santoro, lui mi capì e mi disse che avrei fatto bene anche a La Vita in Diretta. Per lungo tempo, quando andavo in onda, mi ha continuato a scrivere o chiamare, sostenendomi sempre. Non ha avuto un atteggiamento snobistico per quello che era andata a fare, anche se a La Vita in Diretta mi occupavo anche di spettacolo.
Ti sei mai pentita della scelta fatta, soprattutto nell’aver abbandonato un certo tipo di giornalismo?
Non mi sono pentita perché dopo aver lasciato Santoro ho vissuto degli anni di costruzione della mia vita privata, di quella che oggi è la mia famiglia. A La Vita in Diretta ho fatto un giornalismo indubbiamente diverso, ma ho avuto molto da imparare anche lì, perché i primi anni per me era tutto nuovo. Erano gli anni in cui si facevano dirette da 18 minuti, una cosa oggi impensabile.
Poi c’è stata un’altra “ribellione”, quando hai cominciato a cucinare in tv. Che cosa ti spinse in quel caso a fare quell’ulteriore cambiamento?
La passione per la cucina l’ho sempre avuta e quindi mi aveva sempre un po’ accompagnato il retropensiero che mi sarebbe piaciuta trasformarla in qualcos’altro. Dopo una diretta fatta a Bari, mi accorsi che le interviste che andavo a fare ormai, invece di darmi, mi toglievano qualcosa. Il programma aveva assunto una nuova linea editoriale e le dirette si erano ridotte all’osso. Così decisi di affrontare Daniel Toaff e gli proposi questo progetto, di fare delle piccole ricette dalla cucina di casa mia. Siccome io allora ero l’inviata di punta di La Vita in Diretta, lui mi disse: “Io non condivido, ma ti do cinque possibilità. Se però non va bene, sei fuori”. Ho deciso di rischiarmela: le cinque puntate sono andate molto bene e la rubrica di cucina ha sempre fatto la punta di ascolti del programma.
In quel periodo in molti ti paragonavano, per le numerose affinità, con Benedetta Parodi, che aveva aperto la strada a quel genere di spazio televisivo con il suo Cotto e mangiato. Ti è mai stato stretto quel confronto?
Io ho sempre stimato molto Benedetta Parodi per la sua spontaneità e le riconosco che quel tipo di fare cucina in televisione l’ha portato lei. Lei intercettò un enorme pubblico, anche con i suoi libri. Per me è stata in qualche modo fonte d’ispirazione. Io sono arrivata subito dopo lei, facendolo, con risorse diverse, in Rai.
Da parte tua c’è mai stato il desiderio di ottenere un programma di cucina come, ad esempio, La Prova del Cuoco? Nel 2018 quando Antonella Clerici lasciò, Elisa Isoardi raccolse quell’eredità. Ci potevano essere però anche altri nomi spendibili…
Sarebbe stata una responsabilità fin troppo grande, per un programma che era molto identificato con il volto di Antonella Clerici. Mi sarei vista probabilmente forse più in altri programma di cucina, maggiormente legati al territorio e al prodotto. L’eredità di Antonella Clerici sarebbe stata difficile da raccogliere. Poi non mi hanno proprio chiamato, quindi il problema non c’è stato per niente (ride, ndr).
Con Ribelli torni ad avvicinarti ad un racconto più giornalistico, dopo anni di ricette a Linea Verde Life. Che cosa ti ha spinto ad accettare questo cambiamento e che cosa rappresenta questa nuova “ribellione”?
Penso che le persone evolvano continuamente. Quest’estate non avevo voglia di tornare ai fornelli con Camper e ho chiesto al mio direttore, Angelo Mellone, se mi dava l’opportunità di rimettermi nuovamente in gioco con programmi che non fossero legati esclusivamente al mondo della cucina. Volevo uscire da lì. Nonostante sia un uomo impegnatissimo, il direttore ha subito recepito e, dopo un mesetto e mezzo da questa nostra chiacchierata, mi ha chiamato per accennarmi velocemente il progetto e io, che avevo già seguito la prima edizione di Ribelli, ho subito accettato. La prima cosa che ho fatto poi è stata incontrare Carlotta Bernabei, l’autrice del programma. Non la conoscevo, ma ho scoperto una donna grintosa, forte e piena di talento.
Ribelli avrà solo quattro puntate, di cui una è andata già in onda lo scorso sabato e una andrà in onda oggi. Speri che ci possa essere un altro ciclo di puntate più avanti, magari anche in un’altra collocazione, come suggerito nella nostra recensione?
L’idea di fare altri cicli di puntate piacerebbe a tutto il gruppo autorale e anche a me. Non ho però ancora avuto modo di confrontarmi con il direttore, che in questo momento ha tanti programmi in partenza. Si potrebbe proporre magari un nuovo ciclo di puntate per questa primavera. Sicuramente non è un programma che può andare in onda sempre perché ha un lavoro di ricerca importantissimo e richiede tanto tempo. Riguardo alla collocazione, a me la scommessa di portare un programma d’informazione con contenuti importanti nel pomeriggio, non dispiace per niente. Per ora non mi metto a battagliare per questo, anche perché lo scorso sabato la puntata è andata bene.
Questo ritorno ad un racconto più giornalistico ti piacerebbe portarlo avanti anche con altri progetti? C’è già qualcosa di cui avete parlato con il direttore o che hai al momento in mente tu?
Con il direttore abbiamo immaginato un percorso, non c’è un qualcosa di concreto. È un percorso che è iniziato con Ribelli. Il direttore è stato il primo a vedermi in programmi più giornalistici. Con Ribelli ho trovato una nuova giovinezza: ho ritrovato la voglia di mettermi in gioco, approfondire e dare anima e cuore ad un programma. Questo modo di raccontare e approfondire le storie mi ha appassionato tantissimo. Ho partecipato alla scrittura e ora sono anche al montaggio.
Hai avuto Maurizio Costanzo come correlatore della tua tesi di laurea. Negli anni vi siete continuati a sentire?
Negli anni ci siamo sempre continuati a sentire. La mia è stata la prima tesi di laurea che lui ha seguito come correlatore. A me e a tutti i miei compagni del corso di laurea ci ha sempre tenuti sott’occhio. Ogni tanto arrivava il messaggino, la telefonata o mi capitava di leggere i pezzi di televisione che scriveva in cui magari parlava di me. Una volta mi scrisse per farmi notare che solo io potevo utilizzare termini così alti per parlare di un prodotto da utilizzare per una ricetta. Ho sempre sentito forte il suo affetto e ogni tanto, insieme ad alcuni compagni del corso di laurea, lo andavamo a trovare nel suo studio. Le sue tartarughine le ho praticamente una in ogni borsa, perché le considero come un portafortuna.