Fausto Paravidino, un marziano il lunedì sera su Rai3 con FIL: “Oggi non è più la tv che trasmette la realtà, ma è la realtà che imita la tv”
FIL ovvero Felicità interna lorda, il nuovo programma della terza serata del lunedì su Rai3 alla ricerca della felicità e del benessere degli italiani attraverso il materiale d’archivio delle Teche Rai condotto da Fausto Paravidino
E’ partito lunedì scorso nella terza serata di Rai3 un nuovo programma dal titolo piuttosto ambizioso: FIL, Felicità Interna Lorda. Dove FIL fa da contrapposizione quasi ironica a PIL ovvero il Prodotto Interno Lordo, nel primo si tenta di misurare la felicità di un paese, mentre nel secondo come sappiamo si misura in sostanza, molto più prosaicamente, il valore di quello che produce il tal paese. Il programma è un viaggio, nel senso letterale del termine, alla ricerca del benessere degli italiani attraverso il materiale delle Teche Rai, diviso per tematiche in ciascuna delle 10 puntate previste. Lunedì scorso si è partiti dal tema ambiente, per poi proseguire nella puntata in onda domani sera a parlare di sanità e salute.
Alla conduzione di questo appuntamento c’è un personaggio al fuori di qualsiasi “giro televisivo” si tratta dell’attore e drammaturgo piemontese Fausto Paravidino, che introduce in ogni puntata il tema della serata dando poi il via ai filmati tratti dall’immenso archivio Rai degli ultimi 50 anni e più di televisione. Scorrono così sequenze tratte da documentari del passato che mostrano l’Italia di ieri rispetto all’argomento trattato nella puntata. Uno stile di conduzione quello di Paravidino asciutto in cui l’ampiezza intellettuale ed il distacco culturale-umano che ne esce, rende questo programma un qualcosa di unico e direi quasi attraente, soprattutto per il telespettatore alla ricerca di qualcosa di diverso rispetto a ciò che normalmente la televisione generalista offre.
Una maniera di condurre quella di Paravidino per altro che ricorda, per certi versi, Alfred Hitchcock quando introduceva le situazioni e le storie dei suoi telefilm “Alfred Hictchcok presenta”, compreso quel “Buonasera” . In entrambi i casi per altro l’intenzione dell’introduttore è quasi la medesima, mostrare cioè attraverso la televisione l’umanità che ci circonda o ci ha circondato, nello specifico caso del programma di Rai3 alla ricerca della felicità e del benessere. Ma pur essendo diventato con questo programma conduttore televisivo, Paravidino la televisione non la guarda, così dice infatti a Sette del Corriere:
“La TV la uso solo come monitor per i DVD. Ho smesso di guardarla più o meno dagli anni Ottanta, perché facevo cose che mi piacevano di più”
Dice però di non aver perso mai Lady Oscar, il suo cartone animato preferito. Sui telegiornali dice: “Credo siano il modo peggiore per informarsi”. Mentre a proposito del fatto che ora in televisione c’è lui con “FIL” aggiunge: “Vero ci sono, ma da marziano. Sono sceso sulla terra per fare FIL. La mia però, è più una partecipazione teatrale e poi lavoro con materiale d’archivio”. Una cosa però la vuole aggiungere: “Negli anni ’50 la Rai era davvero bellissima. All’epoca l’avrei guardata”.
C’è poi una considerazione sulla televisione di oggi a proposito della “realtà” che dovrebbe essere mostrata attraverso l’apparecchio televisivo:
“Oggi non è più la tv che trasmette la realtà, ma è la realtà che imita la tv. Non è più possibile filmare un essere umano così com’è. Davanti ad una telecamera le persone si trasformano, cambiano linguaggio”.
Da regista ed attore teatrale c’è spazio anche per una considerazione sulla fiction televisiva nostrana :
“Nel nostro paese non si riescono a fare buone fiction per tre motivi. Il primo che siamo sotto dittatura del genere: in una commedia non si deve piangere e in un dramma non si deve ridere e questa è una mortificazione della realtà. Nella vita si ride e si piange. Una lezione di Chaplin che purtroppo è andata perduta. E poi c’è l’autocensura: “Questo non si può fare”. Ma a noi chi ce lo ha detto che dobbiamo tacere? Infine, pretendiamo di sapere cosa vuole il pubblico e lo immaginiamo imbecille… e la verità è che forse lo abbiamo fatto diventare noi imbecille”