Facciamo Con-fusione: la musica per superare diversità e conflitti a San Silvestro su Rai Gulp
Una produzione originale arricchisce la programmazione delle festività di Rai Gulp. Vediamo di cosa si tratta
Ragazzi di diverse provenienze che non si conoscono tra loro e che si ritrovano per creare insieme con la musica. Un’impresa collettiva, frutto del mettersi in gioco e confrontarsi con l’altro, magari tanto diverso da te. E’ questo ciò che racconta “Facciamo Con-fusione” un documentario realizzato dalla casa di produzione riminese Gruppo Icaro per Rai Gulp e in onda oggi, domenica 31 dicembre, alle ore 18.20 (disponibile anche su RaiPlay).
Il campo estivo di Con-fusione
Una troupe ha seguito nel luglio scorso per nove giorni una cinquantina di ragazzi provenienti da Italia, Germania, Austria e Gerusalemme, riuniti per un particolarissimo campo estivo nella bellissima cornice del centro Mariapoli di Castel Gandolfo. Tanti i background diversi, grazie alla presenza di molti ragazzi immigrati in Europa o di seconda generazione: alcuni di loro rifugiati da zone di conflitto, o da territori che vivono grandi tensioni come la Palestina, al centro delle cronache.
Facciamo Con-fusione: la sinossi
A Castel Gandolfo, nei castelli romani, arrivano i partecipanti al campo estivo, interreligioso e musicale “Con-fusion”. Ragazzi che vengono da Austria, Germania, Italia e Israele. I primi momenti sono di conoscenza reciproca: hanno un background culturale molto diverso tra loro e molti sono figli di immigrati o di richiedenti asilo politico. Ma le distanze vengono colmate in poco tempo quando si lavora insieme sul piano della creatività.
Anche quelle religiose. Gabriel, un ragazzo ebreo di quindici anni, in osservanza dei precetti kosher, deve mangiare in una ciotola separata, non può servirsi dei comuni piatti della mensa: questa circostanza diventa essa stessa motivo per intavolare conversazione con gli altri.
I ragazzi che partecipano
Oltre a lui, seguiamo con un occhio particolarmente attento le giornate di Francesca, 17 anni di Bologna; di Lena, una ragazza austriaca di 19 anni; di Amjad, ventenne di origine siriana rifugiato in Germania; di Eva, 18 anni, di origini ucraine. Le loro giornate al campo scorrono alternando i momenti di lavoro alla produzione di reels – che attraverso i social racconteranno il tema delle emozioni – e le improvvisazioni musicali: in sala di registrazione, per il progetto a cui stanno partecipando, o nei fuoriprogramma, durante le pause e alla sera, quando a gruppi si raccolgono spontaneamente a cantare o ballare, attorno a qualcuno che ha in mano una chitarra o un ukulele.
A fine campo li attende uno spettacolo finale, da mandare in streaming a beneficio di parenti e amici nei vari paesi, ma soprattutto un bilancio di quanto questa esperienza di pochi giorni sia in realtà destinata a cambiare le loro vite.
Le realtà coinvolte
Il documentario prende il titolo dal nome dato al progetto che sta alla base del campo tenuto al centro Mariapoli, ovvero “Babel Con-fusion”, organizzato da quattro realtà impegnate nei diversi paesi sul tema dell’educazione inclusiva (The Upper Room in Austria; Faiths in Tune in Germania; Magnificat Institute di Gerusalemme; Passi Società cooperativa di Bologna). Un progetto che ha ricevuto il sostegno dell’Unione Europea attraverso il programma Erasmus+.
Ogni anno durante l’estate viene organizzato un campo estivo interreligioso e multiculturale, destinato a ragazzi tra i 13 e i 20 anni, della durata di circa una settimana, in uno dei paesi coinvolti. Scopo del progetto è “unire i giovani attraverso la musica e le arti”.
La Torre di Babele
A fare da filo conduttore nella storia è il tema della Torre di Babele, a cui si ispira il progetto, raccontata sia nella Bibbia (Genesi 11, 1-9), sia nel Corano: uno stesso elemento in contesti diversi. E’ dalla diversità che si parte per trovare le cose in comune: diversità di linguaggi e di esperienze. Questa genera inevitabilmente caos e conflitto, oppure può essere un elemento su cui fondare una società in cui ci si può supportare l’un l’altro, proprio sulla base della diversità?
Cosa accade quando tutto questo viene sperimentato in un contesto – di suggestiva bellezza – attraverso l’arte e il linguaggio dei social, l’audio, il video, la fotografia, il filmmaking? Questo è ciò che il documentario vuole raccontare.