Home Notizie FACCE DISTRATTE: IL CASO BONOLIS E NON SOLO…CHE VUOL DIRE INNOVARE IN TV?

FACCE DISTRATTE: IL CASO BONOLIS E NON SOLO…CHE VUOL DIRE INNOVARE IN TV?

Non voglio entrare nella ronde di giudizi e ascolti a proposito di “Chi ha incastrato Peter Pan?”, nè tornare a giudicare la coppia Bonolis-Laurenti che ci serve più caffè al giorno in spot a volte divertenti, a volte deprimenti; e poi arriva nelle case a gamba tesa, in questo caso con programmi tappabuco. M’interessa, e

pubblicato 10 Ottobre 2009 aggiornato 5 Settembre 2020 22:16

Non voglio entrare nella ronde di giudizi e ascolti a proposito di “Chi ha incastrato Peter Pan?”, nè tornare a giudicare la coppia Bonolis-Laurenti che ci serve più caffè al giorno in spot a volte divertenti, a volte deprimenti; e poi arriva nelle case a gamba tesa, in questo caso con programmi tappabuco. M’interessa, e credo che dovrebbe interessare tutti, la questione inerente alla paroletta magica “innovazione”. Se ne parla di continuo, proprio nelle tv che sono il regno della non innovazione, delle conferme ostinate, della ripetitività fatta qualità “ovo”. Oro, pardon, sto citando il personaggio di Vittorio Viviani in uno degli spot Bonolis-Laurenti. Viviani è un bravo attore di teatro e nello spot si ricorda con i suoi autori di personaggi messi in scena da Eduardo De Filippo, e da un attore ancora sulla breccia, un altro napoletano: Carlo Croccolo.

La questione “innovazione” è importante. Tutte le forme di spettacolo si reggono sullo spostamento continuo, mai prevedibile, fra la tradizione e la novità, le novità. Lo spettacolo dal vivo (teatro e annessi) si regge sulla tradizione, sulle repliche di testi famosi proposte da attori famosi. Se un autore (Luigi Pirandello) o un attore-regista-autore (Carmelo Bene) propongono novità nel loro tempo, fanno fare un salto di qualità a tutto il teatro.

Lo spettacolo del cinema gode di una durata, a seconda dei successi che registra. Esempio: la commedia all’italiana dei Risi, Monicelli, Comencini e dei Tognazzi, Gassman, Manfredi, Sordi è andata avanti perchè, sulla scia di ricchi botteghini, conta sul fatto chei film hanno una certa durata sul mercato (una o due stagioni) e poi cercano di ritrovare il successo con prodotti creativi dello stesso genere, e talvolta riesce. Lo spettacolo in tv è sottoposto alla verifica di una nuova stagione di proposte e ad una verifica quotidiana. La prima fa assegnamento sul “già visto”, sul “già premiato” dagli ascolti (show e fiction); la seconda sulla continuità, soprattutto sul trascinamento (i talk show, i contenitori).

Le televisioni cercano la perpetuazione degli ascolti e quindi di un gradimento non solo contabile da parte del pubblico; e insistono fino all’estremo e allo stremo delle nostre forze di spettatori. Inoltre, da quanto i produttori ,tipo Endemol, ricevono miliardi e delega per l’innovazione, vediamo che l'”innovazione” esiste fino ad un certo punto: i “reality” sono ormai lo sfruttamento di un filone non ancora andato in crisi, definitivamente.
Insomma, l’ “innovazione” come progetto, come ricerca, non esiste nelle tv, se non in casi eccezionali. Come nel teatro e nel cinema. La differenza sta nel fatto che la mancanza di progetto, ricerca, sperimentazione, o coraggio e curiosità di esplorare, ce l’abbiamo ogni giorno sotto gli occhi. E l’insopportabilità delle tv come sono, dipende da una cosa sola: che a progetto, ricerca, sperimentazioni le tv italiane non dedicato un euro, nè talenti.
Un’ultima cosa. Considerare “innovazione”, come fa Aldo Grasso per tv movie o telefilm, la scopiazzatura banale di modelli linguistici americani, significa sostenere magari senza saperlo che l’imitazione di risorse visive o di montaggio siano il pane e salame della “innovazione”. Ma basta guardare qualsiasi telefilm americano, anche banale, ma riuscito, per capire che la vera “innovazione” sta nel mettere in azione una idea forte su un veicolo, quello dei linguaggi, che vadano insieme.
Inutile lamentarsi di Bonolis e Laurenti. Faranno sempre se stessi. Si tireranno su a colpi di caffè. Ma potrebbe accadere, attenzione, anche al grande Fiorello. Il quale, però, adotta la tecnica degli spiazzamenti. Non tradisce se stesso, si “prova” e “prova” le sue idee su ribalte diverse, radio, generalista, satellire. Un giro lungo. Lui lo sa fare, certi “analisti” in cerca di battutismo, no.
Italo Moscati