Due anni senza Fabrizio Frizzi: il ricordo di TvBlog (VIDEO)
26 marzo 2018 – 26 marzo 2020.
Quando il 26 marzo 2018 abbiamo dovuto riportare la notizia che mai avremmo voluto dare, in fondo non ci credevamo. Neanche noi che ogni giorno vi raccontiamo la tv potevamo credere che Fabrizio Frizzi se ne fosse andato. Ricordarlo due anni dopo è come un flashback, è come tornare esattamente a quel giorno del 2018 provando le stesse identiche sensazioni di quelle ore: un misto di incredulità e profonda tristezza, unito allo choc di un risveglio amaro, alla commozione. Due anni dopo si sprofonda indietro a quel giorno, un giorno che difficilmente si rimuove dalla memoria.
Quel giorno Fabrizio lo abbiamo chiamato con la qualità che più gli si è addetta: uomo perbene. Perché sì, Fabrizio lo è stato, lo sappiamo. Non vorremmo essere ripetitivi, tanto meno retorici ma con questo piccolo ricordo che vogliamo rivolgergli anche quest’anno, TvBlog omaggia non solo il professionista ma anche la persona Fabrizio Frizzi.
C’è chi lo ha guardato con gli stessi occhi con il quale si rapporta l’amico di casa, c’è chi lo ha visto addirittura più vicino ad un parente. Tratti caratteriali intersecati ad una professionalità che una nazione intera (e non solo la sua azienda) gli ha riconosciuto. E non l’ha scoperto a ridosso della sua scomparsa, no, lo hanno dimostrato gli anni di carriera trascorsi nella sua seconda casa: la televisione.
Dal 1980 con l’esordio a soli 20 anni nella trasmissione per la TV dei ragazzi Il barattolo passando per Scommettiamo che, Telethon, Per tutta la vita, I fatti vostri, Miss Italia e tante altre conduzioni fino alla sua ultima fatica, L’eredità. Il pubblico, suo amico, ha guardato la sua crescita, il suo diventare Artista con la A maiuscola. Lo ha sempre sostenuto e premiato, senza mai mancargli d’affetto.
Probabilmente in questi giorni complicati il suo sorriso avrebbe allietato i pomeriggi nelle case degli Italiani, avrebbe portato l’evasione giusta rimuovendo qualche pensiero negativo di troppo sostituendolo ad una calorosa risata in più.
Intanto in queste ore chi ha lavorato con lui, chi lo ha conosciuto davanti e dietro le quinte, non si esime dal ricordarlo con affetto.
Due anni senza Fabrizio Frizzi: il ricordo degli amici e colleghi
Tra i primi Gabriele Cirilli: “Due anni senza di te. Sei sempre nel cuore e nei pensieri e lì non te ne andrai mai. Ciao Fabrizio!”
Antonella Clerici: “Chissa’ che cosa avresti detto del coronavirus, di citta’ vuote, di medici e infermieri eroi,di un mondo sconvolto. 2 anni senza te,senza la tua risata che rieccheggia di stella in stella”
Carlo Conti posta su Instagram una foto con Frizzi: “Sono già passati 2 anni, oggi più che mai ci vorrebbero i tuoi ‘abbraccioni’”
Caterina Balivo: “Fabrizio, sono passati già due anni dal giorno in cui sei andato via e qui stentiamo ancora a crederci. Mai come in questo momento il tuo sorriso contagioso e il tuo garbo sarebbero stati di conforto, per tutti noi. Proteggici da lassù Fabri, ci manchi tanto”
Rita dalla Chiesa sul suo account twitter reposta gli utenti che rivolgono un pensiero al conduttore.
Il direttore d’orchestra Leonardo de Amicis: “Sempre in allegria ! Ciao caro Fabrizio“.
Due anni senza Fabrizio Frizzi: le 4 candele
Citavamo il fatto che in questi giorni complicati – dovuti all’emergenza sanitaria in corso – la speranza è un sentimento molto più forte e comune a tutti. Fabrizio in conclusione di una puntata di Piazza Grande della stagione 2003/2004 raccontò una storia – diventata poi virale grazie ad un Blob speciale – che sviscera l’emozione in tutta la sua chiarezza: si intitola Le quattro candele.
In una stanza quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente. Il luogo era talmente silenzioso che si poteva ascoltare la loro conversazione. La prima diceva “Io sono la pace ma gli uomini non riescono a mantenermi. Penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi“. E a poco a poco la candela si lasciò spegnere.
La seconda candela disse “Io sono la fede ma purtroppo non servo a nulla. Gli uomini non ne vogliono sapere di me e per questo motivo non ha senso che resti accesa“. Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di lei e la spense. Triste triste, la terza candela a sua volta disse: “Io sono l’amore e non ho la forza per continuare a rimanere accesa. Gli uomini non mi considerano e non comprendono la mia importanza“. E senza attendere oltre la candela si lasciò spegnere.
In quel momento un bambino entrò nella stanza, vide le tre candele spente e, impaurito per la semioscurità, disse “Ma cosa fate? Voi dovete rimanere accese. Io ho paura del buio“. E così dicendo scoppiò in lacrime.
Allora la quarta candela, impietosita, disse “Non piangere. Finché io sarò accesa, potremo sempre riaccendere le altre tre candele. Io sono la speranza“.
Con gli occhi lucidi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e accese tutte la altre.
Cosa vuol dire questa storia? Che non si deve spegnere mai la speranza dentro il nostro cuore e che ciascuno di noi può essere lo strumento, come quel bimbo, capace in ogni momento di accendere con la sua speranza la fede, la pace e l’amore.