Fabio Fazio contro la Rai: “Mi viene riservato un trattamento che non ha eguali né precedenti. Adesso basta”
Lo sfogo del conduttore, dopo la policy approvata dal Cda che penalizzerebbe il suo Che tempo che fa: “Mi sono stufato di dovermi difendere per il mio lavoro”
In una intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Fabio Fazio tuona contro la Rai. Ecco le clamorose dichiarazioni rilasciate dal conduttore di Che tempo che fa, che, secondo gli ultimi rumors, dovrebbe nella prossima stagione nuovamente cambiare rete, traslocando da Rai2 a Rai3:
Adesso basta: parlo poco, ogni due anni, ma la norma ‘anti-Fazio’ approvata dal Cda mi obbliga a dire la mia (…) Trovo ogni limite superato. Qui entriamo nel campo dell’inaccettabile: da tempo mi viene riservato un trattamento che non ha eguali né precedenti. Adesso basta. Tre anni fa, quand’ero già serenamente avviato altrove e la Rai mi chiese di restare, mi scappò detto che la politica non doveva più entrare nella tv. Da allora iniziò la guerra, perché quella mia frase fu letta come una questione personale. Uno stillicidio continuo, un linciaggio senza eguali ne’ giustificazioni.
Fazio – che di Che tempo che fa è sia produttore sia conduttore – fa intendere di essere pronto a discutere la sua permanenza sulla tv pubblica:
Se lo ritengono utile, posso continuare, l’importante è non diventare un campo di battaglia né un palo di esibizione. Ho un contratto ancora per un anno e sto lavorando a un nuovo progetto per Rai3: una storia agiografica della tv per il 2021-’22. Ma non è scontato il prolungamento del contratto oltre la scadenza del ’21.
Il conduttore difende i risultati ottenuti da Che tempo che fa su Rai1 facendo notare che la rete “prima del mio arrivo faceva in media il 15,19%, con me
il 16,3 il primo anno e il 15,49 il secondo“. Quindi il riferimento ai tantissimi attacchi subiti da Matteo Salvini, anche quando ricopriva l’incarico di ministro dell’Interno:
Solo nel 2018-2019 ho subito 123 attacchi dall’ex ministro dell’Interno. Per l’esattezza sono 123; se vieni attaccato dal capo del Viminale, hai una vita normale e due figli da portare a scuola, non sai mai chi sono i seguaci del ministro.
Attacchi ai quali sono seguiti “123 silenzi” da parte della Rai. E dopo due anni il trasloco su Rai2. Coincidenza?
No: mai avuto il numero di telefono del direttore di Rai1 (Teresa De Santis, ndr); forse non è chiaro, ma sono uscite notizie false, han ribaltato i costi di produzione attribuendomeli come guadagni: i 400mila euro diventavano uno stipendio da 12 milioni l’anno per 4 anni.
Fazio è un fiume in piena:
S’è mossa persino l’Anac. Poi la Corte dei Conti ha dimostrato che il programma costa meno della metà di qualunque altro varietà della stessa fascia oraria.
Sempre a proposito del capitolo stipendio:
Hanno chiesto a tutti di ridursi il compenso, e ho accettato. Solo io, però. Sono stufo di dovermi difendere per il mio lavoro. Anche perché mi dicono che il mio programma è interamente coperto dalla pubblicità: ho chiesto i dati, invano. Ma il listino Sipra dà gli spot durante ‘Che tempo che fa’ a 50mila euro ogni 15 secondi, e io ne ho 18 minuti.
Fazio chiosa così:
Forse non sono vissuto come un professionista della tv, ma come un avversario politico. I politici li vedo solo in trasmissione. Eppure mi riservano un trattamento che ho visto solo su Sanremo, ogni tanto su Benigni (…) Carlo Verdelli, nel suo ultimo libro, ha definito la Rai ‘la torta nuziale della politica’. Definizione così perfetta da non lasciare spazio a soluzioni: la salvezza non può arrivare da chi la gestisce. Adesso basta. Non accetto più certe situazioni; quando ho intervistato Macron non hanno mandato in onda gli spot, né mi hanno rimborsato il viaggio, e ho avuto un servizio del Tg2 contro. Voglio essere trattato da professionista che lavora in Rai.
Infine, sul rapporto con l’ad Rai Fabrizio Salini:
In Rai non si parla più di prodotto. Non sai con chi parlarne. Peccato, ci sarebbero tante cose divertenti da progettare. Salini? Incontrato una volta quando mi ha chiesto la cortesia di passare a Rai2 e di ridurmi il compenso. E un’altra volta tre minuti a Milano.