Fabio Caressa a TvBlog: “Io sui social per raccontare storie di calcio e trasmettere valori ai giovani”
Fabio Caressa in esclusiva a TvBlog presenta Dark Side of the Ball, il suo documentario disponibile solo su Youtube: “È tempo di sperimentare sui social”
“Io su Instagram non posso postare da solo! Ho voluto un doppio check da parte della squadra che lavora con me. Uno dei problemi dei social è che ti vengono i 5 minuti e… sei rovinato. E allora siccome sono un impulsivo ho fatto in modo che tutto quello che viene pubblicato sui miei profili abbia un doppio controllo“. Fabio Caressa racconta a TvBlog il suo rapporto con i social, nella giornata in cui approda su Youtube il suo format dal titolo Dark Side of the Ball.
La risposta ad Antonio Cassano, di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, per esempio è stata checkata due volte?
Diciamo che ce ne erano diverse possibili e abbiamo scelto quella che era la più consona (ride, Ndr). Di sicuro io a fare la baruffa social non sono interessato. Certo, se Cassano dovesse accendere ancora di più i toni…
Per diventare virali sui social parlando di calcio la comunicazione di Cassano e della Bobo Tv è l’unica strada da percorrere?
Non mi rassegno a questa idea. Ma è sempre stato così, anche in tv funziona così. Se due litigano, funziona e diventi virale. Se su Youtube io pubblicassi un video in cui con De Grandis ci insultiamo sicuramente funzionerebbe.
Esiste, ma era uno scherzo in amicizia. Era un esperimento, ancora oggi ci chiedono se fosse una lite vera o meno. E pensare che io e Stefano non abbiamo mai litigato in vita nostra. Era tutto preparato.
Dark Side of the Ball (4 puntate previste, ognuna da 15 minuti), disponibile da oggi solo sul canale Youtube di Fabio Caressa (“Da escludere l’approdo in tv. Resteranno su Youtube, anche se la resa è vicina ad una resa televisiva“) con circa 300 mila iscritti, esamina, come una sorta di documentario, 4 casi in cui il calcio ha rivelato il suo lato oscuro. Gli episodi sono dedicati ad Argentina 78 – Il mondiale dei Generali, La strage di Hillsborough – la più grande tragedia accaduta in uno stadio inglese, Luciano Rececconi – calciatore della Lazio ucciso accidentalmente nei famigerati anni ’70 e a Justin Fashanu – primo calciatore ad aver fatto coming out e proprio per questo motivo emarginato dal mondo calcio.
Perché un format social?
Per provare a vedere se su Youtube può andare bene anche un format più curato. Sui social ho un pubblico giovane, 15-34 anni, e mi fa piacere che ascoltino cose legate al calcio che aiutino loro a fare un quadro della storia. Non ho l’ambizione di fare storia del Paese, ma di dare qualche informazione rispetto a cose non trattate dalla tv generalista. Noi non siamo educatori, ma attraverso il pallone si possono trasmettere dei valori. Credo molto in questo.
Perché non in tv?
Innanzitutto perché ho rispetto per chi fa questo lavoro in televisione. Di raccontatori ce ne sono tanti, in particolare a Sky. Il nostro lavoro è diverso, fatto con economie un po’ diverse, ottime per Youtube, non sufficienti per un prodotto televisivo. Youtube è una buona strada, perché ci insegna a produrre con costi limitati. Il futuro degli streamers e delle OTT è mettere insieme produzione ed economia di scala.
Il modello a cui ti rifai con Dark Side of the Ball qual è?
Questo modo di raccontare l’hanno inventato Federico Buffa e Federico Ferri. Non voglio essere la copia di Buffa, che è proprio un altro livello, come lo è Matteo Marani (da pochi giorni eletto presidente della Lega Pro, Ndr). Non voglio mettermi in competizione con loro, ci mancherebbe. Anche per questo il mio format non andrà in tv, so di non essere a quel livello lì.
Per Dark Side of The Ball hai scelto casi di cronaca nera, non giudiziari. La mente va a quello che coinvolge ancora oggi la Juventus.
Sono troppo freschi nella memoria e quindi non ci può essere un atteggiamento scientifico-storico, ma solo emotivo. Per questo ho scelto casi più indietro nel tempo.
Da dove nasce la tua voglia di investire sui social?
Uno dei grandi problemi della modernità è la resistenza al cambiamento, a maggior ragione da quando la tecnologia ha portato una variazione rapidissima del mondo. Quando iniziamo ad adattarci e guardiamo dalla finestra… il mondo è già andato un po’ avanti e dobbiamo ricominciare ad adattarci. Ne sono sempre stato convinto, ma mi sono reso conto che io stesso non sperimentavo, rimanevo nella mia comfort zone. E quindi – spinto da mio figlio – ho deciso di entrare nei social e di sperimentare in particolare su Youtube, che sento molto vicino a me. Bisogna essere aperti al futuro: questi mezzi daranno la possibilità di espressione diretta e di ampliare la capacità di comunicazione.
Inizialmente nei confronti dei social avevi un atteggiamento di ostilità o comunque di sospetto.
Ho capito che lo strumento non è mai il male. Il male è come lo si utilizza. Dei social però continua a non piacermi l’insulto e non lo farò mai. A me piacciono Instagram, Tik Tok e Youtube, mentre Twitter lo trovo aggressivo. Lì non mi vedrete mai.