Fabio Caressa l’ha fatta (ancora) fuori dal vaso: “L’Argentina vincerà i Mondiali, sicuro”
Smentire l’esito di previsioni tronfie, specie nel mondo del calcio, è più forte di noi. A fare a gara con il pendolino del compianto Maurizio Mosca è l’urticante spavalderia di Fabio Caressa, il telecronista sportivo più popolare d’Italia dopo Berlino 2006. In un’intervista pubblicata sul numero di giugno di GQ, che recupero ora per caso,
Smentire l’esito di previsioni tronfie, specie nel mondo del calcio, è più forte di noi. A fare a gara con il pendolino del compianto Maurizio Mosca è l’urticante spavalderia di Fabio Caressa, il telecronista sportivo più popolare d’Italia dopo Berlino 2006. In un’intervista pubblicata sul numero di giugno di GQ, che recupero ora per caso, il ‘Belli Capelli” della tv nel pallone aveva dichiarato:
“L’Argentina vincerà i Mondiali: sicuro. Perché quando negli spogliatoi hai Maradona che parla, e sei argentino, è una specie di religione. Per L’Italia rivincere sembra impossibile, ma se nella vita non pensi di arrivare all’impossibile, che vivi a fare?”.
A quanto pare, la maledizione delle facili certezze ha colpito anche Caressa (mentre sull’Italia era impossibile che non ci prendesse). Il commentatore sportivo ne approfitta per rispondere alle critiche piovutegli, da Aldo Grasso ai vari blog, dal Fatto a Gianni Mura, secondo cui “piscerebbe fuori dal vaso” con la sua eccessiva foga:
“Accetto tutte le critiche, soprattutto da Gianni Mura, perché lo stimo tantissimo, però penso che, per apprezzare le mie telecronache, sia necessario avere passione, e mi sembra che alcune di queste persone, per un fatto generazionale, quella passione ormai l’hanno un po’ persa. Come diceva McLuhan, la tv è un mezzo ‘caldo’, parla all’emisfero destro, quello emotivo, mentre la carta stampata è un mezzo ‘freddo’, che interessa l’emisfero sinistro, razionale. E’ ovvio che, messe per iscritto, le tue parole diventino un’altra cosa. Quando le telecronache le facevano i grandi vecchi come Pizzul, Martellini, Carosio, c’erano solo loro, non c’era concorrenza. La concorrenza ha reso necessaria una ‘brandizzazione’. Io penso che l’endecasillabo sia il modo migliore per raccontare l’emozione”.
In realtà, Caressa fa outing: una volta l’ha fatta davvero fuori dal vaso, perché “gli scappava così tanto…”
“Un aneddoto clamoroso fu a Perugia nel 2000, dove la Juve perse lo scudetto all’ultima giornata. La partita fu sospesa per un acquazzone e io e Beppe restammo bloccati, in attesa. Dopo quattro ore però doveva pisciare, non ce la facevamo più: confesso di aver fatto la pipì in un bicchiere, mentre ero in postazione. Non c’erano alternative, uno schifo mai visto…”.
Caressa ha ammesso di riascoltare sempre le sue telecronache per capire “quali cosa non vanno: parole sbagliate, metafore fuori luogo, ripetizioni”. Ultimamente, ad esempio, dice di essersi reso conto di ripetere spesso la parola ‘ancora’ perché “quando fai una telecronaca impari a elaborare contemporaneamente due pensieri: mentre stai dicendo una frase devi già pensare alla successiva e hai bisogno di collegamenti tra le due frasi”. Ecco qual è il suo rituale del pre-partita:
“Se si gioca di sera mi alzo con comodo, faccio una colazione abbondante, e poi digiuno per almeno sette ore. Arrivo allo stadio un paio d’ore prima, per sentire che aria tira, magari per cercare l’ispirazione per scrivere l’introduzione della partita. Poi io e Beppe Bergomi ci abbracciamo e diciamo una preghiera, perché siamo entrambi credenti. Quando torno a casa, dopo la partita, per smaltire l’eccesso di adrenalina gioco con la PlayStation o al poker on line”.
Infine, mi piace sottolineare altre due piccole curiosità. Una sul suo ridicolo ciuffo (persino la moglie Benedetta Parodi vorrebbe che cambiasse taglio di capelli) e l’altra su una porta aperta sfondata, tornando in campo calcistico:
“Condivido che non si facciano mai vere domande ai calciatori, ma solo affermazioni. Ultimamente abbiamo fatto una riunione di redazione in cui i nostri capi hanno detto: ‘Se prima, durante, o dopo la partita, intervistate qualcuno, dovete finire la frase con un punto interrogativo'”.
E poi dicono che il calcio sia una cosa da uomini. Il sottoscritto, che non l’ha mai potuto soffrire, vede solo un pullulare di primedonne con la sindrome di Wendy…