Home Eurovision Song Contest Eurovision Song Contest – La testimonianza di Elnur Majidli: «L’Azerbaijan è un regime: l’ESC ha abbattuto la sua facciata democratica. Loreen è stata l’unica concorrente a interessarsi ai diritti umani»

Eurovision Song Contest – La testimonianza di Elnur Majidli: «L’Azerbaijan è un regime: l’ESC ha abbattuto la sua facciata democratica. Loreen è stata l’unica concorrente a interessarsi ai diritti umani»

L’Azerbaijan e l’ESC visti da un giornalista e attivista azero, esule in Francia.

pubblicato 2 Giugno 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 04:20

L’Eurovision Song Contest 2012 è stato archiviato con la vittoria di Loreen per la Svezia e dunque sarà proprio il paese scandinavo a organizzare l’edizione dell’ESC 2013, già prevista per il 14, 16 e 18 maggio 2013 (anche se non è ancora stata individuata una sede). Perché tornare sul tema, allora? Perché dopo aver scritto un pezzo sull’Azerbaijan, stato non libero, sono stato contattato da un’amica tramite Facebook e, sempre attraverso il social network, questa amica mi ha messo in contatto con Elnur Majidli, un giornalista ed attivista azero costretto all’esilio in Francia.

Elnur mi ha raccontato la sua esperienza, che è giusto condividere con tutti i lettori di TvBlog. Il giornalista ha commentato anche l’Eurovision Song Contest in chiave politica e di comunicazione. Partiamo proprio da questo:

«Non c’è nessuna televisione o radio in Azerbaijan che possa dire qualcosa contro il regime. Tutto è controllato dal regime. L’Eurovision Song Contest è stata un’ottima occasione per portare all’attenzione di tutto il mondo la condizione miserevole degli azeri: il regime di Aliyev prova a creare la facciata di una democrazia tollerante, ma gli azeri vogliono che il mondo veda cosa sta realmente accadendo in questo paese, dove, ogni giorno, i diritti umani fondamentali vengono violati.

L’ESC ha portato all’attenzione del mondo le questioni che veramente contano. Molti paesi europei hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni circa le violazioni dei diritti umani e a criticare l’attuale regime dell’Azerbaijan. E le televisioni e tedesche hanno mandato in onda programmi che fanno luce su questi temi».

Eurovision Song Contest 2013

Poi Elnur spende parole d’elogio per la vincitrice:

«Era l’unica concorrente che era interessato a situazione dei diritti umani in Azerbaijan: ha visitato vari uffici dei difensori dei diritti umani mentre era nel Paese. Così, l’ESC ha contribuito a distruggere la facciata che il regime di Aliyev prova a mantenere: credo sia stato un grande successo».

Quindi, racconta la sua esperienza personale.

Foto | © TM News

E spiega le ragioni del suo esilio:

«La ragione per cui sono stato costretto a lasciare il mio Paese è stata la minaccia di arresto in seguito alla mia partecipazione alle elezioni parlamentari. Lo strumento più potente del regime per rafforzare le proprie radici è la sua strategia del “terrore morale” contro i giovani attivisti. La mia famiglia è stata messa sotto pressione da parte del regime: un terrore che si ravvivava ogni volta che scrivevo su un blog, ogni volta che aggiornavo i miei social network. I nostri telefoni di casa sono intercettati; i miei familiari sono stati licenziati dai loro posti di lavoro. L’unico reddito per la mia famiglia è il lavoro di mia madre come insegnante: hanno minacciato di licenziare anche lei, ma hanno solo dimezzato le sue ore di lavoro. Questa strategia del terrore è il più forte strumento che il regime ha usato contro di me».

Più in generale, Elnur tratteggia un quadro di come operi il regime:

«La libertà individuale è negata; chiunque metta in discussione il Governo viene posto sotto accusa. C’è il divieto di assembramento: nelle piazze non possono camminare fianco a fianco più di 2 o 3 persone. Se un ufficiale di polizia vede un raduno di persone in piazza, queste verranno fermate immediatamente. Ci sono stati casi in cui i giovani non si sono potuti radunare per leggere libri o suonare strumenti in pubblico, per timore che stessero organizzando attività politiche».

In questo clima, allora, come si potrebbero cambiare le cose?

«Credo che per arrivare ad un cambiamento in un paese come l’Azerbaijan, dove una sola famiglia detta le regole da 20 anni, si debba cercare ogni metodo lecito possibile per aiutare il processo democratico, prima di cercare altre strade. Così, molti dei miei amici – che sono sulla mia stessa lunghezza d’onda – ed io abbiamo deciso di presentare la nostra candidatura per le elezioni del 2010, cercando di contribuire a questo cambiamento. Ma da quando la famiglia Aliyev è salita al potere, ogni elezione è stata truccata. Attualmente, in Parlamento non siede alcun membro dell’opposizione: c’è una facciata di un sistema multi-partitico, ma sono solo gli Aliyev a controllare tutto. Appena ho presentato la mia candidatura, sono iniziate le pressioni, le minacce, le intimidazioni, i pedinamenti della polizia. Quando sono finite le elezioni ho capito che provare questo metodo era inutile: gente intorno a me era già stata arrestata, così ho deciso di lasciare il paese e tornare in Francia, dove proseguivo i miei studi.

Da qui ho continuato la mia attività contro il regime: ho organizzato gruppi per la democrazia e contro la corruzione azera, ho scritto articoli. In pochi mesi sono stato accusato del tentativo di «rovesciamento violento dello Stato» (attraverso l’articolo 281 del codice penale dell’Azerbaijan): il governo ha cercato di farmi tornare con l’Interpol, ma i loro tentativi sono stati inutili: è solo un tentativo per fermare il mio attivismo.

Con altri ce l’hanno fatta, incarcerandoli con accuse ridicole: Bakhtiyar Hajiyev è stato accusato di aver eluso il servizio militare, Jabbar Savanli di possesso di droga; Emin Milli e Adnan Hajizade di teppismo.

Queste mosse da parte del regime dimostrano la sua impotenza e la sua paura nei confronti dei giovani attivisti: se tornassi indietro, sicuramente arresterebbero anche me. Non è una mia scelta, aver lasciato il Paese: ci sono stato costretto».

Eurovision Song Contest