Ettore Bernabei, il censore della Rai
Se nella storia della Rai volessimo rinvenire un Catone il Censore, dovremmo senza dubbio fare il nome di Ettore Bernabei. Con il suo fare notoriamente austero e intransigente, ha diretto la tv di stato dal 1961 al 1974, mentre oggi è presidente onorario della casa di produzione Lux Vide. E a quanto pare il suo
Se nella storia della Rai volessimo rinvenire un Catone il Censore, dovremmo senza dubbio fare il nome di Ettore Bernabei. Con il suo fare notoriamente austero e intransigente, ha diretto la tv di stato dal 1961 al 1974, mentre oggi è presidente onorario della casa di produzione Lux Vide. E a quanto pare il suo rigorismo etico colpisce ancora, in un presente televisivo difficile che ne ha sempre più bisogno. In un’intervista appena rilasciata a Vanity Fair, infatti, ne dice davvero di tutti i colori:
“Vallettopoli a quei tempi non avrebbe potuto esserci, perché, allora, c’erano le gemelle Kessler. E dunque le donne in tivù erano professioniste della rivista, cantanti o attrici di talento, non ragazzette improvvisate. Noi cercammo le migliori ballerine d’Europa. Erano eleganti, raffinate, femminili. Facevano sognare senza svelare. La calzamaglia era strategica. Grazia a essa, l’italiano medio dimenticava la cellulite, ma gli restava il dubbio su come fossero davvero le gambe della Kessler. Quindi, poi, tornava sereno dalla moglie cellulitica. La famiglia era salva”.
Ettore Bernabei è una colonna istituzionale della televisione italiana. Quante volte avrete sentito pronunciare l’espressione ‘la-Rai-di-Bernabei’, a indicare tempi di oscurantismo bacchettone ma al tempo stesso un filo di nostalgia per un’era di tivù perbene e pedagogica. Allora, andavano in onda gli show di qualità con Mina e Walter Chiari, gli sceneggiati in cui recitava Arnoldo Foà e altre meraviglie triturate dal moderno che avanza, dall’avvento della tivù dei ragazzi alla prosa in prima serata. Di questi tempi, invece, Bernabei si sente di coniare una definizione davvero lapidaria sullo stato comatoso del piccolo schermo.
“Negli ultimi 25 anni, ovunque, si è tentato di fare una Tv analgesica, priva di contenuti perché distraesse il pubblico e non disturbasse il manovratore. L’assurdità è che i reality che dovevano essere degli ansiolitici sono risultati delle droghe e, come le droghe, in una prima fase esaltano e poi deludono. Infatti la loro stagione è miseramente fallita. Tra la spettacolarizzazione di tragedie come quelle di Erba e Cogne e il Grande Fratello boccio comunque il Grande Fratello. Perché è una truffa doppia. Prima si dà a intendere che è possibile trascorrere sei mesi della propria vita a cianciare e a stropicciarsi su un divano senza lavorare. Secondo: si fa credere che sia tutto spontaneo, mentre si tratta di uno sceneggiato di decima categoria, scritto e interpretato da dilettanti che si improvvisano attori o da attori falliti”.
Che gli diano del bigotto non gli importa, perché è orgoglioso di non aver mai rinunciato alla sue idee e a una convinzione di fondo: quello che la televisione possa essere un mezzo straordinario per trasmettere dei valori. Eppure, anche la sua missione di sorvegliante speciale del costume catodico è presto giunta al capolinea.
Quasi in coincidenza con la fine del monopolio Rai, Bernabei è diventato il manager di un’altra impresa pubblica, l’Italstat e poi, invece di andare in pensione, a settant’anni, si è reinventato come produttore.
La sua prestigiosa Lux Vide, in cui lavorano in prima linea i figli Matilde e Luca, ha continuato a sfornare fiction storiche, in accordo con l’antico mito dell’edutainment, ma anche prodotti rassicuranti per famiglie, come il fortunato Don Matteo. E ora c’è un nuovo investimento di qualità nel suo orizzonte professionale, un prodotto di ottima fattura con un cast internazionale e i nostri Alessio Boni e Violante Placido a rappresentare la recitazione italiana: Guerra e Pace.
“Io non sono tipo da rimpianti. Però, fare un Guerra e Pace è un desiderio che covavo da tempo. Anche perché, quando stavo alla Rai, ne facemmo uno, molto brutto: ho voluto rimediare, per non far torto alla grandezza di Tolstoj”.
E, tra i progetti in lavorazione, c’è anche un ambizioso remake di Pinocchio, che si propone di onorare l’eccellente versione di Comencini:
“Si dovrebbe iniziare a girare tra un paio di mesi. Purtroppo non potrò avere Fiorello, a cui avevamo chiesto di interpretare Geppetto. Non ha accettato più che altro per rispetto verso il fratello Beppe. Ha detto che in famiglia un attore c’è ed è lui”.
Non ci resta che aspettare la messa in onda dei due promettenti prodotti per riparlarne insieme.