Anna Paquin nuda, vampirismo erotico e altre amenità in True Blood
La seconda stagione di True Blood è partita “col botto” anche dal punto di vista dell’espressione di un certo erotismo, fin dalla prima puntata; confermando una tendenza che non aveva lasciato a bocca asciutta i fan della serie nemmeno durante il corso della prima stagione (v. galleria relativa).In parole povere: tranquilli, Sookie Stackhouse, la protagonista
La seconda stagione di True Blood è partita “col botto” anche dal punto di vista dell’espressione di un certo erotismo, fin dalla prima puntata; confermando una tendenza che non aveva lasciato a bocca asciutta i fan della serie nemmeno durante il corso della prima stagione (v. galleria relativa).
In parole povere: tranquilli, Sookie Stackhouse, la protagonista telepate interpretata da Anna Paquin, risulta molto nuda e molto bella in numerosi minuti di metraggio, anche nel nuovo episodio appena andato in onda negli USA. E che metraggio. Questo cotè pruriginoso della serie su HBO è presente in due aspetti di essa che sono anche le cose che mi colpiscono di più, in True Blood: i titoli di testa, che mettono in scena un vero manifesto poetico di vampirismo; e il modo in cui questo lavoro di Alan Ball (Six Feet Under) si inserisce nella tradizione (altrove solo accennata) del vampirismo erotizzante. I primi sono un brillantissimo quanto (probabilmente) involontario corollario rispetto a quelli di Dexter, e devo dire che la sequenza iniziale di ogni puntata di Dexter è davvero uno dei “proemi” di serie televisiva più intriganti.
E’ delizioso navigare fra le associazioni di idee, quando pensiamo al rapporto che intercorre fra un perito ematologo al servizio della giustizia (che sia pubblica o privata) e un vampiro schiavo della sete di sangue. La voglia di sangue di Dexter, la sua stessa capacità di comprenderlo, di leggerlo, di interpretare i segni presenti nelle viscere degli uomini e delle donne e sulle scene dei delitti compiuti su di loro, è razionale, desiderosa di vendetta o colma di trionfalismo punitivo nei confronti dei criminali. Il cui sangue, a vendetta compiuta, sarà cristallizzato fra due lastre di vetro nell’archivio del nostro eroe, per collezionismo e asettico ricordo. Non a caso i titoli di testa di Dexter rappresentano sempre un rapporto mancato, seppure di poco, col sangue: la zanzara schiacciata con la mano prima che possa succhiarne; le poche gocce di esso subito assorbite, dopo una passata di rasoio incauta, e via dicendo.
In True Blood, invece, i titoli di testa portano all’attenzione dello spettatore un mondo molto diverso, fatto di attesa paziente della realizzazione di un desiderio di sangue e di vita che assilla i vampiri e il loro mondo continuamente, proprio perché quel mondo è fatto di negazione di colore e di energia. Per questo i fotogrammi più interessanti della sigla sono quelli che alternano, alle immagini della ripresa in soggettiva che si muove furtivamente, quelle di coriste gospel che si deformano per la possenza della voce, sesso, serpenti che attaccano una preda, bambini che si macchiano il viso di rossa mangiando frutta succosa.
True Blood costituisce così un completamento, una vera e propria “maturazione” dell’immagine e del concetto del vampirismo inteso soprattutto come metafora della sessualità, cosa che era uno degli elementi più divertenti in produzioni televisive e cinematografiche basate sulle esistenze di vampiri giovani o giovanissimi, quando si rappresentava l’insorgere del proprio desiderio di sangue parallelamente ai segni della pubertà. Potrebbe essere proprio un elemento come questo uno dei motivi del successo planetario di fenomeni mediatici come la saga di Twilight, di cui è molto atteso il secondo episodio con New Moon.