Emily in Paris 4, avremo sempre Parigi: recensione della Parte 1 (in cui la moda è la vera protagonista)
Emily in Paris 4 fa della capitale francese una delle ragioni per cui merita di essere vista; e se la trama non desta particolari sorprese sono gli abiti indossati dalla protagonisti a parlare un linguaggio contemporaneo
Qual è stata una delle prime lezioni che la serie più parigina di Netflix ci ha insegnato? Che bisogna sapersi vendere bene, sempre, ribaltando le situazioni a proprio favore e conducendole al successo: una lezione che Emily in Paris 4, almeno nella Parte 1 (i primi cinque episodi, disponibili da oggi, giovedì 15 agosto 2024), segue per filo e per segno.
Emily in Paris 4, la recensione
Emily, avrai sempre Parigi (per fortuna)
La trama della romantic comedy di Netflix, diciamocelo, non è mai stata ricca di twist o svolte inaspettate. Emily in Paris, fin dalla prima stagione, ha seguito un percorso abbastanza canonico per il genere a cui appartiene, trovano il suo elemento distintivo rispetto ad altri prodotti simili nell’ambientazione.
Parigi era e resta uno dei motivi per cui questa serie si fa guardare: come a dire, inizi a seguire Emily in Paris per la storia e ci rimani per goderti gli scorci della città che gli episodi ti offrono. Perché se è vero che Darren Star ha costruito una serie dalle dinamiche abbastanza scontate (la ragazza che arriva in un Paese straniero, l’incontro-scontro tra culture, il triangolo amoroso e l’affermazione professionale non sono sottotrame che abbiamo scoperto ieri), è altrettanto vero che il colpo di genio è stato quello di calare tutte le situazioni in un contesto, quello parigino, che diventa esso stesso causa scatenante della storia.
Insomma, se Emily in Paris 4 si fa guardare non è tanto per lo sviluppo della trama (ma su questo arriviamo tra poco), quanto per la cornice in cui essa si svolge. Reduci dai Giochi Olimpici che ci hanno fatto (ri)scoprire l’amore per la capitale francese, la Parigi della serie Netflix diventa ancora più affascinante, moderna e desiderosa di lasciare il segno.
Se la moda racconta più di quel che sembra
Dicevamo che Emily in Paris ha imparato a sapersi vendere. Oltre alle scelte azzeccate in termini di location, una delle ragioni per cui questa serie balza all’occhio è la sua apparenza. Non a caso, i nomi dietro gli abiti indossati (soprattutto) dalla protagonista sono quelli di Patricia Field (una vera maestra del settore, artefice degli abiti visti in Sex and the City, Ugly Betty ed “Il Diavolo veste Prada”, che qui ha ricoperto il ruolo di consulente nelle stagioni scorse) e soprattutto di Marylin Fitoussi, costume designer fin dalla prima stagione.
Tramite la moda e le attenzione alle ultime tendenze, Emily in Paris ha sviluppato un linguaggio che va oltre quello dei dialoghi e delle situazioni. Proprio come fecero Sex and the City e Ugly Betty in passato, la moda diventa più di un esercizio di stile, ma uno strumento per raccontare il qui e ora.
Ecco che, allora, gli abiti indossati da Emily (Lily Collins) ne seguono l’evoluzione e l’aderenza all’ambiente parigino. Sempre più audaci e sorprendenti, gli outfit fatti indossare alla protagonista ne svelano sempre più la capacità di crearsi un’indipendenza dagli altri che era necessaria nelle prime stagioni.
Resta questo l’aspetto più interessante di questa serie: raccontare come le persone cambiano anche tramite i vestiti che indossano, unità di misura di sensazioni, sentimenti e desideri che regalano consapevolezze e facilitano la costruzione di un personaggio semplice ma fortemente attaccato all’apparenza.
Cosa aspettarsi dalla Parte 2?
I restanti cinque episodi della Parte 2 di Emily in Paris 4, in uscita il 12 settembre, destano curiosità soprattutto per la trasferta italiana del cast, che si ritroverà a Roma per seguire un nuovo progetto. Raoul Bova, Eugenio Franceschini ed Anna Galiena saranno guest-star e rappresentanti della bellezza italica, per una trama che continua a restare top-secret.
Sarà la prima uscita fuori dai confini francesi per la serie, che con questa mossa potrebbe voler avere uno sguardo più esteso all’Europa e non solo a un suo Paese. Se Parigi resta il baricentro di tutta la serie, ovviamente, non ci dispiacerebbe seguire Emily in avventure capaci di esplorare anche altri luoghi. O, chissà, di creare da questa serie innegabilmente di successo uno spin-off, magari proprio in Italia: d’altra parte, Emily in Rome suona altrettanto bene.