Elena Ceste, falso testimone denunciato: si è inventato tutto per andare in tv
L’uomo, smascherato da Quarto Grado, si era inventato tutto per ottenere ospitate televisive.
Cosa succede quando la cronaca incontra la tv? E, soprattutto, cosa accade quando a occuparsi dei casi di cronaca nera sono programmi di serio approfondimento giornalistico e non programmi di intrattenimento pomeridiano? Partiamo da queste domande per introdurre una notizia di cronaca delle ultime ore, per poi analizzarla dal punto di vista televisivo.
Ci riferiamo al caso ormai tristemente noto di Elena Ceste e alla notizia secondo cui un uomo di Savona, un imprenditore edile 38enne, è stato denunciato dalle forze dell’ordine per aver rilasciato false dichiarazioni, in particolare fornendo delle prove artefatte su uno scambio di messaggi via chat con una donna che sospettava essere la povera mamma di Costigliole d’Asti.
L’uomo, messo alle strette dagli inquirenti, ha poi dichiarato di essersi inventato tutto per ottenere notorietà ed essere ospite delle trasmissioni televisive che si occupano della vicenda. Sì, avete letto bene: voleva andare in tv e ha quindi tentato di fingersi testimone chiave di un delitto.
E forse ci sarebbe anche riuscito se non avesse incontrato sulla sua strada degli inquirenti attenti, ma anche dei giornalisti d’inchiesta che sanno fare il loro lavoro e non si sono lasciati abbindolare dai racconti dell’uomo, senza poi verificarli.
È infatti accaduto che l’uomo, Vito, venerdì scorso è stato intervistato da Simone Toscano per Quarto Grado, durante un servizio che non gli ha lasciato un attimo di respiro e in cui poi si è cercato, con intelligenza, di mettere in risalto tutti i punti di incongruenza della vicenda, puntando in particolar modo sulle immagini della chat chiaramente contraffatte.
Venerdì, seguendo in liveblogging la puntata di Quarto Grado, io stessa scrivevo:
Simone Toscano incontra Vito, un uomo che dichiara di aver incontrato in una chat una donna che potrebbe essere Elena Ceste. La donna parlava di una situazione difficile con il marito, sempre più geloso, dal quale era intenzionata a separarsi. Vito è andato anche dagli inquirenti, consegnando tutti i messaggi scambiati con la donna. Il servizio mette però in risalto i punti delle rivelazioni di Vito che non tornano: potrebbe essere un uomo in cerca di notorietà?
Le previsioni si sono realizzate: l’uomo si era inventato tutto di sana pianta per ottenere ospitate televisive, e quindi notorietà e, forse, denaro. Ma gli è andata male, perché sulla sua strada ha incontrato un giornalista che ha saputo fare il suo lavoro, che non si è accontentato dello scoop, che non ha preso per oro colato le sue parole, ma ha preferito verificare la fonte, indagare, sollevare dubbi.
Del resto stiamo parlando di un programma d’inchiesta, lo stesso in cui Gianluigi Nuzzi ha fatto a pezzi, in diretta, il falso testimone del caso Ragusa, il cuoco di Cannes, anche lui forse in cerca dei suoi cinque minuti di celebrità. Certo, un programma televisivo con i suoi difetti e i suoi limiti, come tutte le trasmissioni tv, ma che comunque cerca di fare vero giornalismo investigativo.
Cosa sarebbe accaduto, invece, se quest’uomo, Vito, fosse finito a parlare in qualche salotto mattutino, pomeridiano o domenicale (Rai o Mediaset poco importa), dove più che cercare la verità si cerca di far sollevare l’audience e solleticare le peggiori morbose curiosità? Preferiamo non saperlo.
Purtroppo, quando si parla di cronaca nera, i mitomani, gli squilibrati, le persone senza scrupoli in cerca di visibilità, spuntano come funghi. Il rischio che la TV gli dia spazio e anzi renda il fenomeno in espansione è sempre alto, ecco perché non tutti possono occuparsi di cronaca. O almeno, non tutti dovrebbero.