Edoardo Sylos Labini a TvBlog: “Adesso la Rai è pluralista! Sono di destra, ma non uso un programma della tv di Stato per fare politica”
Edoardo Sylos Labini da domenica 24 marzo sarà alla conduzione di Inimitabili su Rai3: “Basta con chi usa la tv di Stato per fare politica… solo da una parte”
“In Rai la cultura non deve essere solo per pochi. I personaggi che hanno fatto la storia del Paese devono essere raccontati. Negli ultimi anni non è stato fatto. Adesso qualcosa è cambiato, per esempio con la fiction su Mameli. La sfida è che la cultura sia pop, accessibile a tutti, non solo per la nicchia“. Così Edoardo Sylos Labini spiega a TvBlog la sua idea di divulgazione culturale in televisione. Una prova la darà a partire da domenica 24 marzo in seconda serata su Rai3, L’attore e regista sarà alla guida di Inimitabili, programma di Rai Cultura che ha scritto con Angelo Crespi, Roberto Fagiolo e Massimiliano Griner, per la regia di Claudio Del Signore.
Quattro puntate da 45 minuti per raccontare “l’italianità, le nostre origini, le radici, l’identità” attraverso quattro grandi personaggi che hanno fatto la storia della cultura italiana. Si parte da Gabriele D’Annunzio, poi Giuseppe Mazzini, Filippo Tommaso Marinetti e Giovannino Guareschi.
Il titolo arriva da una famosa frase di D’Annunzio: “Il mio vivere inimitabile”. Sono biografie di uomini controcorrenti, coraggiosi, che sono stati discussi e che hanno inciso nella storia. Hanno affrontato i tempi con grinta, imponendo con le azioni le loro idee. Inimitabili è un progetto che può avere un futuro oltre a queste prime quattro puntate, se ne sta già parlando.
Come ha scelto i personaggi da raccontare?
Si tratta di quattro personaggi che hanno amato la Patria. E Mazzini, Marinetti e D’Annunzio li avevo già portati in scena in teatro negli ultimi quindici anni. Sono dei miei cavalli di battaglia.
Come sarà Inimitabili?
Ci sarà un linguaggio nuovo: un mix tra documenti storici, immagini in esterna nei luoghi simbolo della cultura italiana, da dalla Fortezza del Priamar di Savona ai vicoli del porto di Genova per Mazzini, da Palazzo Altemps al Vittoriale degli Italiani per d’Annunzio, da Casa Balla al Museo del Novecento per Marinetti, dal lager di Sandbostel al set di Brescello per Guareschi, e la mia perfomance teatrale, in cui recito e racconto, a tempo di musica (quella originale del Maestro Sergio Colicchio), il personaggio. Una novità per la tv italiana. La sfida è rendere la cultura pop, accessibile a tutti. Racconteremo i personaggi senza prendere una posizione politica: gli spettatori, che pagano il canone, poi si faranno la loro idea.
Il programma andrà in onda la domenica, in seconda serata su Rai3. La collocazione la soddisfa?
Una collocazione da produzione di Rai Cultura, Rai3 è la rete giusta per questo progetto.
Aspettative di ascolti?
Non ci sono. Il prodotto è di grande qualità. Sono molto fiducioso. La sfida di questo programma e della nuova Rai è portare la cultura al grande pubblico.
Negli scorsi mesi si era parlato della possibilità che le venisse affidato un talk show…
Non sono così pazzo da fare un harakiri di questo genere! Un talk lo potrei condurre tranquillamente, ma in questo momento abbiamo bisogno di prodotti diversi, non i soliti talk politici.
Lei ha detto che i talk show sono “come le soap opera di una volta”.
C’è il buono, il cattivo, l’inca**oso, il più calmo, quello di destra, di sinistra, di centro. Mi raccomando: ‘Quando quello di destra parla, tu devi dire che è fascista’. Urlate, interrompetevi. È una grande soap con un copione che si ripete da anni.
Lei però i talk li frequenta da opinionista…
Sì, ma non è che io mi diverta più di tanto… Nei talk se non sgomiti sei considerato un cretino. Io vorrei andare lì a parlare di cultura, poi mi ritrovo a parlare di altro.
Di politica, per esempio.
Certo, ho la mia opinione politica e sono stato stato uno dei pochi ad avere il coraggio di esporla, anche quando era rappresentata da una piccola percentuale di italiani.
Dicono: la Rai si è trasformata in TeleMeloni e hanno piazzato nel palinsesto Edoardo Sylos Labini per riequilibrare il racconto politico-culturale del servizio pubblico. È così?
Non è questione di riequilibrare: io non faccio il megafono di questo o di quest’altro. Però per troppi anni si sono usate trasmissioni del servizio pubblico per fare politica… solo da una parte. Un modello che non va bene, che non è giusto. Io sono di destra, l’ho sempre dichiarato, ma non uso un programma della tv di Stato per fare politica.
Mi sta dicendo che nella nuova Rai non ci sono più programmi che fanno politica?
Me ne dica uno! Io non ne vedo neanche uno… Altrimenti è solo un processo alle intenzioni. Un programma che rappresenta il pensiero di destra non c’è, mentre quelli dove si è fatta politica di sinistra ce ne sono stati tantissimi negli anni.
Mi viene in mente Rai News…
Ma stiamo scherzando? Rai News fa un lavoro straordinario. Petrecca è un grande direttore, che ha portato un grande pluralismo. Una volta io manco di potevo entrare a Rai News, adesso invece c’è un bel confronto delle idee. Nella tv di Stato non può esserci solo un’idea!
È stato Responsabile cultura di Forza Italia, mentre dal 2005 al 2007 ha interpretato Andrea Gherardi in Vivere, la soap opera di Canale 5.
Un bel ricordo, una parentesi bella e gioiosa. Le soap sono molto formative; un prodotto difficile da fare per un attore: giri dieci scene al giorno, dici cose indicibili, è una grande palestra. Quel personaggio mi ha dato grande popolarità.
Soap opera italiane in giro ce ne sono sempre meno…
Mediaset inspiegabilmente chiuse Vivere e Centrovetrine, che rappresentavano anche un polo industriale, dando lavoro a tante persone. Oggi gli studi del canavese sono chiusi… è un peccato!
Un’eccezione è rappresentata da Un Posto al Sole. A cavallo tra 1999 e 2000 lei interpretò Luciano, il padre naturale di Rossella. Che in questi giorni è tornato nella soap di Rai3…
Fu il primo personaggio gay in una soap italiana. E il mio primo ruolo in tv. Nel 2012 mi richiamarono, ma dovette dire di no perché in quel periodo stavo girando Le tre rose di Eva. Ho due figlie, una Luce, e una in Un Posto al sole, Rosellina. Nelle puntate di questi giorni è scappata dall’altare… Un Posto al sole è stata una piacevolissima avventura. Faccio l’in bocca al lupo all’attore che mi ha sostituito, Fabio Balasso..
Diciamo la verità: Edoardo Sylos Labini per molti è ancora il protagonista del celebre spot con Luisa Ranieri, con il mitico tormentone pubblicitario Anto’ fa caldo…
Beh… è stata la cosa più importante fatta nella mia carriera (ride, Ndr). Con quello spot siamo entrati nella storia della televisione italiana. Fa parte della storia della tv italiana, sarà sempre ricordato grazie anche alla genialità di Alessandro D’Alatri che lo diresse. Tra poco la Treccani per identificare il carattere focoso dell’italiano medio inserirà ‘Anto’ fa caldo’. Oggi, nel mondo della cancel culture e wokeismo, Anto’ fa caldo sarebbe considerato politicamente scorretto.
Un intellettuale che non prende le distanze dal suo passato ultra-popolare, tra soap e pubblicità. Strano, no?
Si figuri. Ho sempre combattuto i salotti radical-chic e i cinematografari che dicevano ‘tu fai la tv, quindi non puoi fare altro’ o che pensano che recitare in maniera teatrale sia un difetto. Come potrei mai vergognarmi degli inizi della mia carriera?
Spingiamoci oltre: seconda stagione di Inimitabili. Quale personaggio vorrebbe raccontare nella prima puntata?
Pier Paolo Pasolini. Un grande italiano che ha avuto una visione importante sulle radici italiane, con una biografia interessante.
Il suo futuro in Rai come se lo immagina?
Mia madre diceva sempre ‘tu devi fare il conduttore’. Dopo una carriera da attore, regista e giornalista, chissà, magari ora inizia una nuova vita, da conduttore!
Il suo manager Diego Righini cura gli interessi anche di Pino Insegno. Cosa pensa di quello che gli è capitato da quando è tornato a lavorare in Rai?
Pino è stato vittima della macchina del fango, ha subito un attacco premeditato. Hanno attaccato lui per colpire il governo, per via della sua amicizia con Giorgia Meloni. Una cosa triste. Pino è un grande professionista, nelle carriere può capitare un programma che non va bene. Ma il valore dell’artista e la qualità di un prodotto non possono dipendere solo dalla share.