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Editoriale – La bontà della televisione

Ecco la battuta di Silvio Berlusconi mentre si reca insieme a Zapatero alla postazione dei cameraman: Vedi, loro sono la parte buona dell’informazione perché sono le televisioni e quindi non cambiano le parole. E i fotografi non cambiano le immagini. Poi i giornalisti, quelli cattivi, li vediamo nel pomeriggio….Della bontà della tv, occorrerebbe parlare a

10 Settembre 2009 13:17

Berlusconi e Zapatero

Ecco la battuta di Silvio Berlusconi mentre si reca insieme a Zapatero alla postazione dei cameraman:

Vedi, loro sono la parte buona dell’informazione perché sono le televisioni e quindi non cambiano le parole. E i fotografi non cambiano le immagini. Poi i giornalisti, quelli cattivi, li vediamo nel pomeriggio….

Della bontà della tv, occorrerebbe parlare a lungo e forse questa è la sede per provare a farlo, almeno superficialmente. Non parliamo, ovviamente, della tv di intrattenimento, almeno per ora: quella la trattiamo fin troppo spesso, a volte con entusiasmo, a volte indignandoci e magari facendo pensare che noi si cavalchi il meccanismo che si critica, ma credete, ci sono situazioni che è veramente difficile non criticare.

Tuttavia, concentriamoci sulla bontà della televisione informativa: pensare che la tv sia buona a prescindere è un’illusione, e lo potrà confermare chiunque abbia sufficiente conoscenza del mezzo, chiunque ci lavori, chiunque lo analizzi con spirito critico. Che non si cambino le parole può anche essere vero, ma si fanno scelte, nella realizzazione di un pezzo giornalistico o di un reportage o di un documentario. Scelte che sono corrette solo se il giornalista – per esempio – che le compie è intellettualmente onesto, solo se sono intellettualmente onesti i suoi superiori, il suo direttore, chi decide cosa va in onda e cosa no.



Lavorare con l’informazione video non è per niente facile: c’è il rischio di essere completamente embedded e quindi di divulgare solo quella parte dell’informazione che i poteri forti vogliono sia divulgata; c’è il rischio di avere una visione parziale delle situazioni che si raccontano; c’è il rischio – e quindi la possibilità – di modificare il contenuto di un’intervista, di una testimonianza, di un evento a uso e consumo della tesi che si vuole portare avanti.

Non mi sentirei, dunque, di dire che la televisione è la parte buona dell’informazione. Anzi. Consentitemi di dire che perlomeno rischia di essere la parte più cattiva.