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Editoriale /9 – Il circuito della paura televisiva

La settimana scorsa l’editoriale che parlava della tv che non (si) graffiaha avuto un bel seguito e alcuni commenti interessanti. In uno, a firma stangata, si leggeva:C’è soprattutto un circuito di paura. Le produzioni hanno paura di non mantenere la propria quota/spartizione ore con i network, i network hanno paura dell’Auditel e cercano format rassicuranti

27 Ottobre 2008 07:30


La settimana scorsa l’editoriale che parlava della tv che non (si) graffiaha avuto un bel seguito e alcuni commenti interessanti. In uno, a firma stangata, si leggeva:

C’è soprattutto un circuito di paura. Le produzioni hanno paura di non mantenere la propria quota/spartizione ore con i network, i network hanno paura dell’Auditel e cercano format rassicuranti all’estero, i format esteri fanno paura perché sono troppo esteri e devono diventare italiani, troppo italiani fa paura perché finisce che è sempre la stessa pappa, (quindi, sceneggiatori che aggiustate i format, mettete molta pappa italiana standard e un po’ di novità), gli sceneggiatori che adattano i format hanno paura di perdere il lavoro ma anche di vomitare l’anima e abdicare a se stessi, lo spettatore ha paura di annoiarsi, ma anche di essere libero di spegnere la tv. Tutti abbiamo paura. Forse tutti dovremmo dire qualche no. Così, se non altro per vedere che non muore nessuno.



Ecco, cari sceneggiatori, cari autori, cari. Qui, paura non ne abbiamo. E allora vi chiediamo, citando il nostro commentatore: che ne direste di dire qualche no?

Che ne direste di uscire da questa logica da giardinetto che impedisce qualunque critica – e attenzione, qui su TvBlog cerchiamo di farle sempre mirate, le critiche, e di informarci prima -, di rompere quel muro di solidarietà di cui i televisivari non hanno alcun bisogno?

Che ne direste di proporre qualcosa di nuovo, di rischiare, di metterci il nome e la faccia, di fare cose che non diano necessariamente il soldo ma che siano belle, nuove, accattivanti? Come, direte voi? Con la rete, rispondo io.

Ci sono mille soluzioni, mille possibilità di mostrare le potenzialità di un lavoro alternativo al mainstream. In qualche modo, cari autori, cari sceneggiatori, siete voi, voi che leggete queste righe e che, quindi, siente in target, che avete il dovere morale – se non il dovere e basta – di provare a cambiare lo status quo. Non dico di cambiarlo, no. Dico di provarci.

Per amore di quel pubblico che segue attento, che critica e che vuole scegliere, che ci (vi) legge qui, quotidianamente, cercando fra le righe qualche scampolo di speranza di vedere in questa tv, in questo bel mezzo pop, quel qualcosa che darà un senso.

Non so come, non so dove, non so da dove si possa cominciare. Ma in qualche modo si deve, perché è ora di finirla con le favole, con i soliti noti, con i soliti intoccabili che saltellano da una parte all’altra e monopolizzano l’intrattenimento e la serialità breve, media e lunga. E’ ora di far vedere che tv si può fare.

E TvBlog è qui, anche per questo. Per dar voce a qualunque vento di cambiamento.