Drusilla e l’Almanacco del Giorno Dopo, un alieno in tv (e un potenziale divertissement per ‘anta’)
Tra metatv e teatro, Drusilla e l’Almanacco del Giorno Dopo è l’one (wo)man show di Gori. Non banale nei contenuti e difficile da classificare
Abbiamo aspettato la seconda puntata per cercare di scrivere qualcosa che avesse un pizzico di senso, ma è comunque ancora presto: Drusilla e l’Almanacco del Giorno Dopo si sta svelando giorno dopo giorno, con nuove rubriche, con nuovi personaggi, con nuovi momenti. La chiave è quella dell’ironia, vera, intesa come sovvertimento delle attese, ma la forma del tutto peculiare e lo diciamo subito: non è tv. O almeno non quella codificata, non quella che siamo abituati a pensare e a vedere: ecco perché Drusilla e l’Almanacco del Giorno Dopo è un alieno tutto da conoscere. Piacerà? Convincerà? Come in tutti i rapporti interpersonali, dipenderà dai singoli perché qui siamo lontani dal contenuto standardizzato.
L’impronta, a mio avviso, è quella del teatro e Gianluca Gori ha tutta l’intenzione di giocarsi fino in fondo la chance di mostrare tutte le sue qualità, dai tempi comici – che emergono soprattutto con una spalla da vessare – all’abilirà canora, svelata su Purple Rain nella prima puntata e su Il Mondo cantato con Il Volo (presentato come un trio di giovani amici che ama giare per il mondo e sogna un giorno di vincere Sanremo).
La cornice sì, può dirsi televisiva, anzi più propriamente metatelevisiva: lo studio squintato marca subito la cifra del racconto che viene puntellato dal continuo (e teatrale) lamento per quel che non va in tv, che trova una sua rappresentazione nei personaggi del cameraman e dell’assistente di studio.
La chiave ironica da backstage è arricchita da rimandi, citazioni e omaggi nei testi, nelle rubriche, nella scenografia, nella grafica (davvero bellissima): quel microfono tardo ’70/primi ’80 che campeggia sulla scenografia, il telefono – che fa tanto Bice Valori centralinista della Rai -, le inquadrure laterali che richiamano subito lo stile dell’epoca Perissi (riferimento primo e non a caso – nonché giustamente – citata nella prima puntata), le foto d’epoca dell’intervallo ‘prese in giro’ sul finale: un insieme di riferimenti ‘desacralizzati’ che fanno sorridere chi ricorda gli originali.
Ma di quell’Almanacco resta un accenno di scheletro. I 7/10′ originari diventano 40 (e questo è forse il peggior limite del programma) e si inizia con tutte le informazioni del ‘Giorno Dopo’, ma poi l’Almanacco diventa una vera e propria ‘agenda’ in cui Drusilla appunta quel che vuole. Gli argomenti sono ‘suoi’, non dettati da quel che la gente si aspetta di sentire, il tono è il suo: la scelta di anteporre Drusilla a l’Almanacco è il manifesto stesso – e per una volta focalizzato – del programma.
Dicevamo che l‘Almanacco diventa l’agenda di Drusilla. E le rubriche, vien da dire, sono ben pensate e ben riuscite: il ‘brucatore’ che racconta la pianta della settimana (L’Esperto del giorno dopo ovvero Emanuele John Cavaiolo, che mi ha aperto un mondo ), l’Osteopata del giorno dopo sono due personaggi che catalizzano l’attenzione (e potete rivederli su RaiPlay). Rubriche ‘pensate’, dicevamo: i contenuti sono tutt’altro che banali, dal ricordo di Dorothy Parker nella prima puntata a quello del fondatore di Telefono Azzurro nella seconda, dall’omaggio a Raffaella Carrà con Topo Gigio (ormai must della tv contemporanea/d’avanguardia, dal momento che è stato recentemente protagonista del Crazy Late Show su TvLoft e di Una Pezza di Lundini) a quello a Corrado, solo in voce, nel giorno del 23esimo anniversario della sua scomparsa. Contenuti non banali e anche un pizzico di morale di Drusilla nello spazio della Posta del ‘Cuore’ che chiude la puntata e dà la linea al Tg2.
Come dicevamo, l’insieme è straniante, il che non è necessariamente un male: si sente il peso di certi passaggi propri della scrittura teatrale di Gori che però in tv non funzionano bene come sul palcoscenico, ma la cura nell’ideazione – con quello ‘sporco’ da backstage, da programma ‘estivo’ e sottostimato, da ‘strafottenza’ televisiva – funziona (e nel caso serve anche a ‘parare’ alcuni difetti, come Drusilla che non guarda in camera e non si capisce sempre bene perché).
Diciamo che bisogna voler partecipare al gioco: seguire Drusilla e L’Almanacco del Giorno Dopo vuole partecipazione, coinvolgimento, disponibilità a farsi condurre nel mondo del personaggio. Non è una cosa ‘cotta e mangiata’, non è una cosa scritta e pensata da altri – ed ecco perché, probabilmente. ha rinunciato ad altre idee -, ma una cosa con cui Drusilla vuole condurre la partita e non essere condotta. È un rischio, è una scommessa e Gori/Drusilla se la gioca tutta. Diciamo che ha le potenzialità per essere un divertissement per gli ‘anta’, per quelli che ricordano l’Almanacco, per quelli che hanno amato Prince e Topo Gigio, Corrado e Raffaella, per quelli che possono più facilmente cogliere i tanti riferimenti disseminati nel racconto. Un contenuto da rivedere su RaiPlay più che seguire live nel preserale di Rai 2, e questo potrebbe non far bene a Drusilla e a suoi progetti. Ma c’è una personalità, poco televisiva nei ritmi e nella forma, ma molto interessante per contenuti e approccio. Se poi basti sulla tv lineare generalista è un altro paio di maniche.