Dopotutto non è brutto, di più: Geppi a gettone è un suicidio. La divulgazione con Bonami senza né arte né parte
La recensione della prima puntata del programma di Geppi Cucciari su RaiUno
Ritrovare nella stessa sera Geppi Cucciari che si atteggia a Edmund Burke, dopo che Romina Jr Carrisi si è vantata di aver “smosso le coscienze” nel reality sociale Mission, è davvero troppo. Una RaiUno che fa la parodia di un incrocio tra Rai5 e Sky Arte, in pratica.
Edmund Burke, per chi non lo sapesse, è chi per primo – nella metà del ‘700 – ha teorizzato il concetto estetico del brutto. In tv da qualche anno a questa parte lo fa Geppi, che avrà anche ripreso qualche chilo di troppo da contratto, visto che da strafiga su La7 non funzionava più.
Con Dopotutto non è brutto, munita di foulard e chignon da zitella acida, fa il suo debutto in Rai e non si capisce a che titolo. Bonami aveva promesso che lei non avrebbe fatto la spalla comica a tutti i costi, infatti fa di peggio: l’apologia dell’ignorante à la Zalone.
Le hanno affibbiato il ruolo di guitta a manovella con delle battute a gettone imbarazzanti (il recitare freddure da condire in postproduzione è un suicidio per il suo naturale sarcasmo). Tipo quando vede dipinto un Gesù Cristo con le mani a ics e gli dà del giudice di X Factor ante litteram. Oppure quando si dà lei stessa della cafona per certe ingenuità come “un quadro storto a casa vostra è disordine, in un museo è arte”.
Geppi di arte non si intende per nulla e per il critico d’arte Bonami (dalla r moscia insopportabile) è questo il bello: “Bisogna liberare la mente dall’idea che tutto ciò che è stato fatto nel Rinascimento è bello”. Un approccio talmente anarchico che non divulga.
Al diavolo i canoni e il gusto artistico, la Cucciari e la sua “personale democrazia del gusto” hanno il diritto di spadroneggiare a suo piacimento, portando nei luoghi dell’arte una sensibilità culturale degna degli Amici della De Filippi. Di Bonami, ad esempio, dice che “sta all’arte contemporanea come Pippo Baudo al sabato sera anni Ottanta”.
Quanto a se stessa, gioca come sempre a farsi i complimenti o le stroncature a casaccio. E ancor peggio ride dei luoghi comuni: a proposito dell’emergenza dighe a Venezia, si è limitata a un prevedibilissimo “Se mi si annacqua un caffè che ho pagato 8 euro un po’ mi innervosisco. Venezia con l’acqua alta è come stare a casa con una lavatrice rotta”.
E, ancora, dopo aver fatto lo show della passeggiata sul ponte di Calatrava coi tacchi, se ne è uscita con un: “Se uno dice una fesseria, sai che questa è una calatravata?”.
Alla fine cos’abbiamo imparato da Dopotutto non è brutto. Che non bisogna mai toccare le opere d’arte in un museo, se no scattano i sensori. Di conoscere meglio opere o monumenti non sia mai, visto che il programma non aveva uno straccio di didascalia esplicativa.
Tanto, a educare all’antidivulgazione artistica, ci ha pensato la Cucciari con le sue sentenze schifate:
“Venezia è bella, ma non ci morirei. Venezia bella da impazzire, ma io non ci impazzerei”.
Addirittura, alla fine della puntata, si è meritata il soprannome di Geppi Cacciari, da un borioso Bonami che intanto vantava di essere stato direttore della Biennale nel 2003 e di averla vissuta come un’iniezione di viagra.
Il cultore d’arte strappato a SkyUno ha la simpatia di un professore di greco dopo l’ora di educazione civica. Tra lei e lui c’era l’imbarazzo della scelta su chi buttare dalla gondola, altro che spirito goliardico da gita scolastica.