Dexter, Michael C. Hall: “Ecco perchè ho accettato questo ruolo”
Michael C. Hall ha parlato di Dexter, spiegando perchè ha accettato il ruolo del protagonista della serie tv e raccontando la sua esperienza sul set. Ed ha espresso il suo punto di vista sul finale
Meno male che Michael C. Hall ci ha ripensato quando, concluso “Six Feet Under”, non voleva più lavorare ad una serie tv. E’ stata la sceneggiatura della prima puntata di “Dexter” a fargli cambiare idea, trasformandolo nel serial killer più amato del piccolo schermo.
Domenica su Showtime inizierà l’ultima stagione della serie tv che ha riportato Hall in tv. Se siete in cerca di anticipazioni, vi rimandiamo agli spoiler di Sara Colleton. Hall, non ha solo rivelato alcuni aspetti delle prossime puntate, ma ha anche voluto omaggiare l’ematologo di Miami in un’intervista ad Entertainment Weekly nella quale ha ricordato perchè decise di tornare in tv, cosa lo affascina di più di Dexter e come è stato il suo debutto alla regia (ha diretto il secondo episodio dell’ottava stagione).
Per capire come mai abbia accettato questo ruolo, bisogna andare indietro nel tempo, quando “Six feet under” si era concluso e lui cercava qualcosa di nuovo, possibilmente non in tv:
“Ho finito Six Feet Under nella primavera del 2005. Ho ricevuto una telefonata su un nuovo pilot. Ero riluttante all’idea di fare un’altra serie tv. Quando ho sentito che aveva come protagonista un serial killer con dei dilemmi morali… Non ho alzato gli occhi al cielo, ma mi sono chiesto: ‘Voglio ancora essere circondato da cadaveri per un numero imprecisato di anni?’ Poi mi sono chiesto quanto si sarebbe potuta portare avanti una storia del genere. Ma quando ho letto il libro [da cui la serie è tratta, ndr] ed il pilot ho realizzato che era un personaggio unico e sapevo che mi sarei preso a calci se non avessi accettato”.
A portarlo alla decisione di far parte del cast dello show, anche lo strano umorismo al suo interno, oltre al rapporto che fin dal pilot Dexter ha con il pubblico:
“Ha aiutato il senso dello humor nello show, ma anche il codice che usa Dexter, che lo mette sempre più alla prova e diventa più significativo nel corso delle stagioni. L’affetto del pubblico verso di lui è stato messo alla prova in diversi gradi. Poi c’è la voce fuori campo, così voi siete al corrente del suo segreto e coinvolti nelle sue conseguenze. Siete dei complici passivi.”
Ora che siamo giunti all’ultima stagione, Hall nota come Dexter sia cresciuto, passando dall’interpretazione di un “semplice” serial killer a quella di un complesso personaggio in cerca di un obiettivo ben preciso:
“Dexter era come un bambino quando lo abbiamo conosciuto. Ora urla e scalpita verso un’età adulta carica di situazioni non comuni. Ho ancora affetto per lui. E’ bello recitare un personaggio così ambizioso, che guarda sempre avanti. Ma la vita era più semplice prima che il suo desiderio di diventare umano fosse stuzzicato. E’ un personaggio notevolmente esperto in certe cose, ma fenomenicamente incapace in altre. E’ divertente interpretare un ruolo che ha entrambe queste caratteristiche”.
Dexter è stato al centro di molte critiche: c’è chi ha sostenuto che fosse una figura negativa, e che realizzare uno show su un serial killer fosse un cattivo esempio. Hall, che in passato aveva detto “Darei a Dexter una medaglia, per poi usarla per colpirlo a morte”, difende la scelta dei produttori:
“Sono riluttante a punire un aspetto preciso di un personaggio, sia di Dexter che di altri. Mi piace che operi in un’area moralmente grigia. Si sposta verso la luce in alcuni modi, ma come conseguenza il suo lato oscuro diventa più oscuro. Mi piace che sia stato ampliato lo spettro tra la sua parte oscura e quella più luminosa. Ha un’innegabile ed un’insormontabile compulsione. Spero che se ne possa liberara. Ho sempre avuto compassione per lui per questo motivo”.
Il vero motivo che affascina il pubblico non è tanto la componente crime della serie, ma la difficoltà del personaggio principale di essere normale:
“Probabilmente la tragedia di Dexter non è il fatto che il suo comportamento omicida porti le persone accanto a lui nei guai, ma il fatto che queste siano in pericolo quando lui vuole diventare umano. Penso che una lezione della serie sia che non puoi avere ciò che vuoi e continuare ad essere un assassino”.
Le riprese dello show si sono scontrate anche con la malattia dell’attore, affetto tre anni fa dal linfoma di Hodgkin, da cui è guarito senza dover rinunciare al lavoro. Recitare una parte come questa non è stato demoralizzante, anzi:
“Non proprio. E’ una serie ricca di scene di morte, ma ha fatto parte della mia vita quindi ho trovato recitare durante la malattia più vitalizzante di altre cose. Sono grato di avercela fatta e di essere tornato al lavoro. Se avessi interpretato un oncologo o un malato di cancro sarebbe stato più rilevante”.
La sua vita sul set di “Dexter”, però, è stata segnata durante i primi tempi da alcune critiche che Hall ha segnalato agli autori. Ad esempio, pare che l’attore desiderasse che Dexter avesse la barba, perchè era stufo di doversi radere ogni giorno per lavoro (cosa che avveniva con “Six Feet Under”). Ma anche l’uso della voce fuori campo lo infastidiva:
“Una cosa che ho sempre pensato di Dexter è che non sarebbe dovuto essere legato alla sua voce fuori campo. Ho sempre pensato che non sarebbe potuto essere un narratore affidabile. Mi sono sempre domandato da dove venisse questa voce fuori campo: a chi si rivolge? Agli inizi della serie, pensavo che Dexter fosse morto e che si trovasse in Purgatorio, e che stesse spiegando le vicende della sua vita giustificandosi per entrare in Paradiso. Ma era un’idea che si spingeva oltre, perchè la voce fuori campo è descrittiva”.
I momenti più belli sul set, invece, sono manco a dirlo quelli in Dexter uccide:
“C’è sempre un senso di catarsi e di compimento quando giriamo la scena di un omicidio. Sta sconfiggendo una manifestazione esterna della propria oscurità e si sente bene. Ed ogni scena nella quale Dexter giunge al dunque con un personaggio con cui ha legato, come Trinity (John Lithgow) o Lila (Jaime Murray). E’ bello interpretare un personaggio il cui impulso cala quando arriva il giorno, forse ha sempre coltivato il caos nella sua vita perchè è l’unico modo per essere calmo. Quando dovevo mettere la muta sotto i miei vestiti e tuffarmi nelle acque di San Pedro non mi sono divertito.”
Tornando all’ottava stagione, Michael C. Hall anticipa che il suo rapporto con Deb (Jennifer Carpenter) subirà molti cambiamenti:
“Deb ha scoperto che è un serial killer. Nella settima stagione lo abbiamo visto alle prese con le conseguenze sulla loro relazione, pensando che, forse, lei avrebbe potuto vivere con quelle informazioni e lui avrebbe potuto continuare con il suo schema. Ora non è più possibile. Per la prima volta la persona che lo ha sempre rispettato e cercato gli volta le spalle, e questo lo manda in una piccola spirale”.
L’arrivo di un nuovo personaggio, poi, complicherà la sua ricerca di umanità (attenzione: spoiler):
“La presenza della Dr.ssa Vogel (Charlotte Rampling), questa donna che ha fatto di tutto per creare il codice [quando era piccolo], lo convince che la sua umanità sia un errore e che lui sia davvero uno psicopatico. Dexter non è mai stato un buon essere umano, è sempre stato un killer. Il suo desiderio di umanità ha compromesso la sua efficacia. Ma ha sempre avuto desiderio di ribellione. Quindi se gli si dice che non potrà mai essere in un modo, farà di tutto per confutare quella diagnosi, a suo rischio ed a rischio di molte persone”.
Il secondo episodio della stagione è stato diretto da Hall, che ha così raccontato l’esperienza dietro la macchina da presa:
“Quello che mi è piaciuto è il fatto che devi essere decisivo, altrimenti gli altri non riescono a lavorare. Richiede maggiore energia sul set. Credo di aver apprezzato di più le scene in cui non ho recitato”.
Il suo lavoro sul set si è quindi limitato a recitare, anche se pare sia stato lui a chiedere di dare una conclusione allo show:
“Ho chiesto di avere un dialogo con gli autori e di dare un senso alla storia, non chiudendola con un inchino elegante e basta, ma trovare una sorta di conclusione. Abbiamo basato la prima stagione sul libro di Jeff Lindsay. Non ci siamo basati sugli altri libri per le altre stagioni perchè non volevamo fare una versione diversa della stessa cosa. Volevamo esplorare il confine tra la sua umanità e la sua psicopatia. Quindi ci doveva essere un finale. Una volta che Deb lo ha scoperto, ci è sembrato stessimo andando in una direzione che tutti vedevano come il finale.”
Ed, ovviamente, sa già come sarà il finale:
“Mi piace! Mi soddisfa il modo in cui ci si arriva. Non ho chiesto io che si facesse questo finale, non voglio scrivere questo show.”
Meglio, allora continuare a recitare e cercare una nuova sceneggiatura che lo convinca. Non subito, però:
“Non fino a luglio! Ma di sicuro la leggerò”.
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