The Store of My Life, Debora Villa a Blogo: “Sitcom deve essere trasgressiva, in Italia buonismo stucchevole. Così fan tutte con la Marcuzzi danneggiata dalla scena del wurstel”
Debora Villa tra sitcom, Pechino Express e il monologo di Colorado contestato dagli animalisti
Debora Villa è la protagonista di The Store of my life, la sitcom che fonde fiction e candid camera in onda dal 7 dicembre su Italia1 alle 18.20 circa, dopo le repliche di Camera Cafè e prima dell’edizione serale di Studio Aperto. Insieme a lei Alberto Farina da Colorado.
The Store of my life, ideata e scritta da Cristiano Fantechi (Colorado, Central Station, Fenomenal) e Antonio Losito (Colorado, Riusciranno i nostri eroi, Fenomenal, Piloti), prodotta dalla Colorado Film e realizzata dal team di Publitalia Branded Entertainment con RTI, racconta in 25 puntate la vicenda di Alberto che decide di andare a vivere per sempre in un megastore di elettronica. Qui fa amicizia coi dipendenti Claudio e Cora e vive la sua vita tra offerte speciali e ultimi arrivi. Solo la moglie Debora, intrerpretata dalla Villa, sembra non essere proprio felice e fa di tutto per farlo tornare.
Blogo ha intervistato la Patty di Camera Cafè e vincitrice della prima edizione di Pechino Express (con il collega Alessandro Sampaoli).
Ti sei divertita di più a girare le scene della fiction o le candid camera per i clienti dello store?
La fiction, perché le candid camera mi mettono sempre un po’ di ansia: non sai mai chi hai di fronte, se stai ledendo in qualche modo la sensibilità altrui. La vivo in maniera pesante, anche se dovrei viverla in maniera leggera perché sono candid assolutamente leggere e rispettose. E poi le persone oggi sono più abituate ad essere protagoniste e quindi se la vivono in maniera tranquilla.
Per un’attrice recitare in una candid cosa significa?
L’attore recita, l’ignaro cliente dello store reagisce spontaneamente, realmente. E questo determina l’azione successiva. In base alla risposta dell’ignara vittima l’attore fa proseguire la storia, improvvisando. È un mix fulminante: la candid qui è inserita in un contesto di fiction e quindi determina il contenuto di tutto l’episodio.
Mi pare di capire che anche nelle riprese fiction, i clienti si trovassero a due metri dagli attori, se non direttamente in inquadratura…
Assolutamente. Il set non era chiuso. Certo, le persone non si avvicinavano più di tanto quando si accorgevano delle telecamere, ma noi attori eravamo proprio immersi nella vita dello store.
Per le candid le telecamere erano nascoste o erano visibili?
Quando giravamo la fiction erano assolutamente visibili. Per le candid, non disponendo di mezzi ‘americani’, avevamo le telecamere dello store più gli operatori che si mescolavano tra la folla.
Hai fatto molta sitcom nella tua carriera. È un genere che funziona ancora oggi? E perché in Italia se ne fa così poca?
In Italia si fa poco di tutto perché sono finiti i soldi! La sitcom è un genere che piace e che andrà sempre. Certo, devono essere scoperte nuove derive e sperimentazioni. Così come è successo con le sketchcom, evoluzione delle sitcom. Oggi ci sono le web serie, con ragazzini che fanno video strepitosi con il telefonino. Siamo alla sitcom 2.0. Siamo alla tv 2.0. È una rivoluzione che anche noi esperti possiamo capire poco. Determina nuovi contenuti; c’è una fiction strepitosa, Man Seeking Woman, dove si vede tutto ciò che sente un ragazzo: quando la ragazza lo molla il suo cuore esce dal suo petto e piomba sul tavolo, in maniera splatter; lei continua a parlare con gli schizzi di sangue in faccia. Fa riderissimo. Dico un’altra cosa: la mancanza di finanze da una parte aguzza l’ingegno, dall’altra dà la possibilità agli autori di esprimersi più liberamente. Camera Cafè è nata da un’esigenza economica. C’era una carenza di mezzi, le primissime puntate facevano schifo, avevano solo due telecamere. Poi si sono detti: ‘E allora mettiamone solo una, fissa’. Da lì hanno scoperto un nuovo linguaggio.
Non so se tu sia una di quelle attrici che la tv la fa ma non la guarda…
Ecco sì (ride, Ndr), ma perché non ho tempo.
Ok. Però saprai che la tv italiana fa tantissima fiction, mentre le sitcom sembrano scomparse dai palinsesti. È una casualità o c’è un motivo?
Io ti posso parlare di Mediaset. Che ha avuto una crisi, hanno lasciato a casa delle persone negli anni scorsi, hanno chiuso il settore della sitcom, parte vitale della televisione. Facendo un grandissimo errore, secondo me. Il corpo umano è fatto da tante parti, se gli togli una gamba può continuare a camminare, ma non può fare tante altre cose che faceva prima. La fiction ha avuto una evoluzione: pur mantenendo un contenuto molto ‘italiano’, famigliare, un po’ provincialotto – lo dico con affetto, non con presunzione – noi siamo lì a fare la famigliola, le dinamiche famigliari, l’adolescente inquieta, due palle al sugo fondamentalmente, però c’è stata una evoluzione perché si occupa di leggere una nuova società; la fiction è diventata gay friendly, racconta la famiglia allargata. Mentre la sitcom è rimasta legata agli stereotipi, ai luoghi comuni, non ha avuto la forza di rompere gli schemi. Come invece ha fatto, per esempio, Camera Cafè, che era politicamente scorretta. La sitcom deve essere trasgressiva, più della fiction. Nelle sitcom americane ci sono multiculturalità, multietnia, omosessualità, tradimenti, tutti temi che in Italia sembrano untouchable. La comicità è cattiveria: Stanlio e Ollio si picchiavano, erano bastardi, Charlie Chaplin prendeva a calci i bambini. In Italia invece siamo legati ad un buonismo stucchevole.
Così fan tutte, dove facevi coppia con Alessia Marcuzzi, fu penalizzata…
Sì, inspiegabilmente. Andava benissimo. Non perché l’ho fatta io, perché io ho fatto della ca*ate, te le potrei elencare…
Vai.
(ride, Ndr). Per esempio il cabaret alla prima edizione di Colorado, non mi piaceva. Però tornando a Così fan tutte, che era un format francese, faceva ridere, era divertente. Io e Alessia come coppia funzionavamo, inspiegabilmente ma magicamente. Ottimi risultati d’ascolto.
Ricorderai le polemiche per le allusioni sessuali.
Abbiamo fatto 500 e passa episodi in due edizione. In uno c’era il wurstel. 2 minuti su 1000 minuti. L’Italia perbenista mette il focus laddove ha voglia pruriginosamente di mettercelo. Nessuno ha detto ‘è una sketchcom strepitosa, peccato per quella scena’, ma ‘mio Dio, che scandalo: Alessia lecca un wurstel’. Probabilmente a tutti è piaciuto vedere Alessia che leccava un wurstel!
Le polemiche riguardarono anche la collocazione nel palinsesto.
Fu un errore mandarla in fascia protetta. E tecnicamente, a livello di comicità, quella scena era un po’ lunga. Ma Alessia non è una comica, non ha i tempi comici, pur essendo strepitosamente divertente e brillante. Io non l’avrei fatto così lunga la scena. Forse il regista e gli editor hanno fatto sì che Alessia fosse strumentalizzata in maniera tale da creare scandalo e far vedere la serie. Infatti ha funzionato!
Quindi dici che fu fatto appositamente?
Non lo so, è un mio pensiero. Ha funzionato a livello promozionale. L’errore fu di mandarlo in fascia protetta. Ma quella fu una scelta di rete, ci sono direttori e dirigenti. Però, ripeto, 500 episodi, hanno preso solo quella scena. Io sono una donna, sono una comica. Difenderò le donne contro ogni tipo di violenza, ma difendo anche la comicità che deve essere libera di esprimersi. Sì, va bene, lo sketch di Alessia era volgare, ma è una donna che per la prima volta scherza sul sesso! Nei film di Natale ‘bella sorcona, bella tett0na, mettiti a 90, ti ribalto’ vanno bene perché è un punto di vista maschile. Se invece prendi il punto di vista femminile allora non va bene. Io comica posso parlare di tutto: di morte, di peni…
E anche di animali. Ma ci arriviamo tra poco. Prima la domanda classica: a Colorado hai incontrato nuovamente Luca e Paolo. C’è la possibilità di una nuova stagione di Camera Cafè?
Io non ne so niente, me lo chiedono tutti. L’ultima l’abbiamo fatta nel 2011. Credo che non si farà. O ne faranno una con altri personaggi. Noi siamo vecchi tutti, io ormai sono la nonna della Patty. Mi auguro che la facciano con attori giovani.
Veniamo dunque al tuo monologo di Colorado sui padroni dei cani, che non è piaciuto molto ad alcuni animalisti…
Sulla mia pagina Facebook mi hanno insultata in tutti i modi. Non me ne frega niente! Nel mio pezzo non c’era niente contro i cani, ho solo preso in giro chi ama troppo i cani. Parlavo della mia amica Gloria che dopo aver preso un cane rimbambisce d’amore: il cane può far tutto, anche la cacc@ in salotto. Pare ci sia stata gente che sui social ha proposto di farmi vivisezionare. Mi collego a Camera Cafè: Paolo Bitta guidava la macchina ubriaco e tirava sotto vecchiette un giorno sì e l’altro pure. Un giorno ha tirato sotto un gatto: sono arrivate migliaia di messaggi di protesta. Ora: fermo restando che Paolo Bitta è un personaggio fittizio e che Paolo Kessisoglu non guida ubriaco…. fin quando tirava sotto le vecchiette non fregava niente a nessuno, appena ha tirato sotto un gatto è insorto il popolo della protezione animali. È comicità, si scherza, ragazzi.
Nel 2016 dove ti vedremo?
Sto per fare una nuova sitcom di Italia1 con il brand Activia. Poi uscirà finalmente la fiction girata a primavera scorsa per Canale 5 Matrimoni e altre follie con Nancy Brilli e Massimo Ghini. Mi hanno opzionata per le prossime serie di Alex & Co (Disney Channel Italia) e sto scrivendo il mio nuovo spettacolo.
Qualche tempo fa dicesti di preferire Emanuele Filiberto a Costantino Della Gherardesca nella conduzione di Pechino Express…
Costantino ha una personalità così tanto potente che schiaccia un po’ il programma. Non è un presentatore al servizio della trasmissione, ma trasforma la trasmissione al suo servizio. Lo fa per forza di cose: è talmente intelligente, talmente prorompente… Però secondo me un conduttore neutro come Emanuele Filiberto era più adatto al pubblico di Rai2 in quella fascia oraria. Costantino ha tutta la mia stima, ma è enorme. Non so se mi spiego. È Costantino, è meraviglioso che sia Costantino. Son contento che ci sia, però alla fine rischia di auto-fagocitarsi.
Se ci fosse un’ edizione gold con i vincitori, Pechino lo rifaresti?
Si devono spicciare! C’ho un’età, io tra un po’ non deambulo più. Se vogliono vedermi correre la facciano subito!