Davide Pavesi, primo vincitore al Milionario: “Acquistai subito immobili. Oggi non risponderei all’ultima domanda e mi terrei 300 mila euro”
Intervista a Davide Pavesi, primo trionfatore al Milionario: “Bisogna avere 22 anni e non possedere il senso del denaro per comportarsi come feci io. Studiavo Ingegneria Matematica, in seguito ho scoperto che non era la mia strada. Oggi vivo a Sesto San Giovanni e lavoro alla Regione Lombardia”
Davide Pavesi ha segnato un momento indimenticabile nella storia di “Chi vuol essere milionario“, diventando non solo il primo vincitore di un milione di euro, ma anche il più giovane a raggiungere tale traguardo. Il suo trionfo si è svolto nella memorabile puntata del 17 ottobre 2004, trasmessa su Canale 5, che ha catturato l’attenzione di 5,8 milioni di spettatori italiani. L’audience è cresciuta fino a quasi 9,5 milioni alle 23.15, con uno share del 48,5%, proprio nel momento in cui Gerry Scotti gli ha consegnato l’ambito assegno.
“Registrammo qualche giorno prima, il 13 o 14 ottobre“, rivela Pavesi a TvBlog. “Dopo quasi vent’anni non sono cambiato molto, questo mi porta ad essere ancora ricordato come il ragazzo del milione”.
Classe 1982, all’epoca Davide aveva appena 22 anni. Proveniente da Cerro al Lambro, più precisamente dalla frazione di Riozzo, studiava Ingegneria Matematica. “In seguito ho scoperto che non era la mia strada. Ho lasciato perdere quel percorso, mi sono orientato sulle Scienze Politiche e mi sono laureato. Oggi vivo a Sesto San Giovanni e lavoro alla Regione Lombardia nell’ufficio Studi, Analisi, Leggi e Politiche Regionali”.
Del milione di euro incassato sulla carta, qualcosa è stato lasciato inevitabilmente per strada: “Venne tolta l’Iva ed essendo la vincita in gettoni d’oro una parte è andata perduta nella riconversione. L’azienda presso la quale erano conservati mi propose un bonifico di 761 mila euro, pari a 1600 gettoni. Anzi, 1599, perché uno l’ho tenuto per ricordo”.
Dopo quanti mesi hai avuto a disposizione il denaro?
A distanza di qualche mese. I soldi arrivarono nella prima metà del 2005, tra febbraio ed aprile.
Il primo investimento?
Al posto del vecchio asilo di Riozzo stavano costruendo una palazzina, che tra l’altro ora ospita la sede distaccata degli uffici comunali di Cerro al Lambro. La posizione non mi dispiaceva e acquistai un appartamento. Investii circa un terzo della vincita.
Fu l’unico affare immobiliare?
No, ce ne furono altri. Avevo 22 anni e i miei due fratelli rispettivamente 17 e 15. I miei genitori fecero il classico ragionamento di una famiglia italiana: ‘collochiamo gli investimenti a rendita e un domani potrebbero tornare utili’.
Ti sarai tolto qualche sfizio.
Nell’immediato no, non mi torna in mente nulla. In questi anni i soldi hanno permesso a me e alla mia famiglia di avere un tenore di vita soddisfacente. Non avere l’incubo di non arrivare a fine mese è già una gran cosa, mi sono goduto la vita nel quotidiano. Se vuoi andare al ristorante, o passare un weekend fuori, puoi farlo con maggior facilità. In realtà uno sfizio me lo tolsi, ma diversi anni dopo. Nel 2013 io e i miei due fratelli partimmo per la Cina per un viaggio di tre settimane. Dormimmo in hotel di alta gamma, quando là i prezzi erano ancora abbordabili. Fu un’esperienza indimenticabile.
Torniamo al Milionario e ripartiamo dal principio: come avvenne l’iscrizione?
Per via telefonica, alla fine del 2003. Si componeva il numero che appariva in sovrimpressione e si doveva rispondere ad una domanda più che abbordabile. Tutto si concentrava sulla velocità di risposta. Ne feci parecchie, era diventata un’abitudine quotidiana, durata per qualche settimana.
Il primo provino in presenza quando si tenne?
Nel gennaio-febbraio successivo. Mi convocarono a Milano nella sede di Endemol Italia. Ero lì con altre persone e ci diedero un foglio con una ventina di domande, senza opzioni. Se superavi questa fase, approdavi in quella seguente che consisteva in un colloquio che veniva filmato. Fui ricontattato un altro paio di volte, vollero approfondire la mia preparazione culturale ed effettuare un provino di telegenia. L’intero iter durò complessivamente undici mesi.
Arrivasti alla terzultima domanda con tutti gli aiuti a disposizione e all’ultima con ancora a disposizione il pronunciamento del pubblico.
Esatto. Bruciai il 50 e 50 e la telefonata a casa alla tredicesima, mentre alla penultima domanda sulla Divina Commedia non ebbi il minimo problema. All’ultima (“al nome di quale scienziato è legato quello di Kant nella formulazione di una teoria sul sistema solare?”, ndr) mi rimase a disposizione il pubblico e lo utilizzai.
Avevi 300 mila euro assicurati, con il rischio di crollare a 16 mila in caso di risposta sbagliata. Oggi ti comporteresti nella stessa maniera o la giovane età ti regalò una buona dose di incoscienza?
Devi avere 22 anni e non possedere il senso del denaro per comportarti così. Se ripetessi oggi un’esperienza del genere mi fermerei. Mi terrei i 300 mila euro, anche perché la sicurezza matematica sul fatto che la risposta esatta non ce l’avevo.
Informasti immediatamente i tuoi familiari della vittoria?
Al telefono, terminata la puntata, feci l’evasivo. I miei sono sempre stati abituati al mio temperamento scherzoso e non avrebbero mai creduto al mio racconto. Poi, quando rientrai a casa esibii l’assegno del milione. Rimasero impietriti.
Immagino la difficoltà nel mantenere il riserbo nel periodo intercorso tra la registrazione e la messa in onda.
Ci fu silenzio assoluto da parte mia. Ricordo che in quei giorni incrociai un ex compagno di classe. Sapeva che ero andato a registrare la puntata e mi chiese come fosse andata. Rimasi sul vago. Ma vedendo l’auto, che in realtà era di mia madre, se ne uscì con una battuta: ‘se vai ancora in giro con questo catorcio, di sicuro non hai vinto’. Sorrisi, alzai le spalle e me ne andai.
La macchina poi la comprasti?
No, ho sempre guidato le auto di altri. Uso i mezzi pubblici e mi arrangio benissimo, non ho problemi. Le rare volte in cui ho bisogno di una macchina trovo il modo di farmela prestare. Da quel punto di vista sono sempre rimasto sotto le righe.
Alla vigilia discorsi del tipo “ad una determinata cifra mi fermo” sono mai stati intavolati?
Non ricordo discorsi del genere. I miei genitori erano sicuri che sarei arrivato almeno a 16 mila euro, non osavano immaginare cifre più importanti.
L’assegno del milione l’avrai incorniciato…
Mio padre ha la mania di mettere via tutto, quindi bisognerebbe chiedere a lui che fine ha fatto. Per quel che riguarda la puntata, la registrai in vhs e poi l’ho riversata in dvd. L’avrò duplicata infinite volte per distribuirla a parenti ed amici.
Come hai vissuto l’inevitabile notorietà?
Malissimo, non ero proprio abituato. Quando giravo per Milano o qualche grande città mi fermavano in continuazione. Ero parecchio timido e lo sono tuttora. Tanta attenzione mi imbarazzava e metteva a disagio. Senza contare che rispondere mille volte alle stesse domande era stancante. Nel mio paese, invece, non ho mai avuto problemi. Anzi, ero felice che la gente fosse felice assieme a me.
La tv ti ha più cercato?
All’inizio sono stato il più collaborativo possibile e i primi mesi furono quelli di maggior presenzialismo. Ricordo una puntata di Buona Domenica a cui partecipai subito dopo la vittoria. Andai a Roma con Alessandro, il mio aiuto da casa, e l’altro mio amico Marco. Ci divertimmo molto. Arrivammo il sabato e rientrammo a casa la domenica sera. Quella trasferta ce la ricorderemo per tutta la vita. Poi, nonostante continuassi a ricevere inviti, preferii scivolare nell’ombra. Dissi basta.
Gerry Scotti lo hai più incrociato?
Qualche tempo dopo feci un salto in trasmissione e mi sedetti tra il pubblico. Fui inquadrato e Gerry mi salutò. Fu l’ultima volta che ci vedemmo.
Il trionfo ti regalò pure l’elogio del Moige. Riporto testualmente: “In questa Italia dove il successo è rappresentato dai calciatori per i maschietti e dalle veline per le femminucce, la ribalta di Davide Pavesi polverizza e dà una boccata di ossigeno alla quotidiana tv trash”.
Ero lontanissimo dalle posizioni espresse dal Moige e lo sono ancora adesso. All’epoca, complice la giovane età e un certo radicalismo, rimasi un po’ interdetto per il fatto di aver ricevuto i loro complimenti.
Fu fastidioso indossare l’etichetta del ‘nerd’ che ti venne affibbiata?
E’ un’etichetta che non mi ha mai creato problemi, non mi offendo, purché non sia vista come una sorta di riduzionismo. Ho tratti da nerd, ma penso che per certi versi la definizione mi stia stretta. Ho interessi e passioni che trascendono da quell’immagine.
A quasi vent’anni cosa rimane di quell’avventura?
Sono fidanzato e ormai un lavoro sicuro ce l’ho. La mia prospettiva, grazie a quella vittoria, è quella di proiettarmi verso una vecchiaia serena.