David Parenzo a TvBlog: “A L’Aria che Tira porto rigore e leggerezza. Non mi sono mai sentito una riserva”
Intervista a David Parenzo: “A L’aria che Tira vorrei portare un racconto politico serio, ma anche un po’ leggero. La tv del mattino non è più guardata solo dalle casalinghe. Basta con quest’immagine sclerotizzata della 70enne che stira e prepara il pranzo”
Un nuovo inizio, sia per David Parenzo che per L’Aria che Tira. Il programma mattutino di La7 andrà incontro quest’anno alla sua tredicesima stagione. Si tratterà tuttavia della prima volta senza Myrta Merlino, fatta eccezione per qualche supplenza che vide proprio Parenzo tra i protagonisti. “L’avevo condotto nella versione estiva e in inverno come sostituto momentaneo – racconta il giornalista padovano a TvBlog – già all’epoca avevo portato qualcosa di mio, lo farò anche stavolta”.
Le novità saranno molte, a partire dalla grafica e dalla scenografia completamente rinnovate: “Potrò muovermi e stare in piedi. Amo camminare, avvicinarmi ai miei ospiti, piuttosto che rimanere imbullonato alla sedia. Appartiene alla mia natura. Il regista Fabrizio Monti ci aggiungerà tutta la sua creatività”. Sullo sfondo ci sarà un ledwall gigante dove compariranno gli inviati collegati da tutta Italia, mentre il pubblico in studio non tornerà: “Mi sembrerebbe innaturale averlo al mattino, il calore lo prenderemo da fuori, grazie alle tante storie che racconteremo”.
Andrea Milluzzi si occuperà di inchieste, Ludovica Ciriello seguirà gli aggiornamenti dal Palazzo e Isabella Ciotti si dedicherà al costume e alla società. Riccardo Zambon e Alberto Urgu saranno invece gli autori che affiancheranno Parenzo. “Lanceremo una rubrica, ovvero i disegni di legge più divertenti e curiosi che deputati e senatori hanno depositato in Parlamento e giacciono lì. Nascondono un pezzo del Paese e in tal senso mi sono ispirato ai mitici Rizzo e Stella”.
Con cosa partirete?
Aprirò la puntata con Corrado Augias e le sue riflessioni. Comprenderemo subito che aria tira. Poi seguiranno tante sorprese. La politica e l’attualità saranno sempre in primo piano, ma l’attenzione andrà pure ad altri argomenti. Fossi stato in onda in questi giorni mi sarei occupato del disastro di Brandizzo, del caso dell’orsa e del mondo dei ragazzi. Il mio sogno è avere come ospite il Ceo europeo di Tik Tok per fargli raccontare come sta evolvendo questo media. Vorrei parlare a questo universo. Non bisogna più pensare che la tv del mattino sia guardata solo dalle casalinghe, non è così. Dopo il covid tanto è cambiato. Molte persone sono in smart working e lavorano da casa. Il pubblico è vario e attento. La priorità è avere gli occhi aperti su tutto ciò che accade, un po’ come se consultassi il sito di un quotidiano in aggiornamento.
Sentirà la Merlino per chiederle qualche suggerimento?
Con Myrta siamo amici da tantissimi anni e ci vediamo spesso a cena. Ho visto che sta andando alla grande su Canale 5 e sono felice. Ho ereditato gran parte della sua squadra e sicuramente la chiamerò. Tuttavia, stiamo mettendo in piedi una nuova Aria che Tira. Le trasmissioni spesso sono disegnate sul conduttore. Ognuno prova a portare un po’ di sé.
E quale sarà il suo tratto distintivo?
Mi piacerebbe proporre un racconto politico serio, ma anche un po’ leggero. Porterò la mia ironia. In genere tendo a non fare ciò che è stato già realizzato in passato.
La Merlino, dopo quindici anni di D’Urso a Pomeriggio 5, si è dovuta in parte ‘dursizzare’. Lei si ‘merlinizzerà’?
Non so se Myrta si sia ‘dursizzata’, non sono un dursologo (ride, ndr). Io sarò me stesso, mi risulta difficile mettermi nei panni degli altri. Ciascuno ha la propria identità, il proprio passo, la propria velocità, la propria modalità di racconto, temi che si amano di più e di meno.
Può quindi assicurarci che non si inginocchierà, o non aprirà la diretta all’interno di una tenda.
Myrta aveva la capacità di raccontare le storie con queste modalità. Uno deve sentirsi le cose che fa. Io vorrei portare ironia e leggerezza, unite al rigore della notizia.
Avete pensato, per un istante, all’idea di cambiare il nome al programma?
No, non ce n’era il motivo. Conduttore e impaginazione saranno nuovi. L’Aria che Tira è un titolo storico della rete e non avrebbe avuto senso rinunciarvi. Di certo, sarà una new-edition.
Occuperà una fascia oraria storicamente a ‘tendenza’ femminile. Ha qualche timore?
Alle nonne, alle mamme e alle suocere sono sempre piaciuto, non ho mai avuto problemi con quel pubblico. Ovviamente è una battuta. Come dicevo prima, penso che la fruizione della televisione sia mutata. C’è un pubblico in prevalenza femminile, ma basta con quest’immagine sclerotizzata della 70enne che stira e prepara il pranzo. Non è più così, c’è un pubblico molto più mobile e la sfida è quella di provare a conquistarlo.
Sul fronte degli ascolti, l’azienda che risultati le ha chiesto?
Non ne abbiamo parlato. Non c’è pressione. Dobbiamo solamente fare bene le cose e fare in modo che abbiano un senso.
Ha la sensazione di sentirsi una riserva promossa a ruolo di titolare?
Sono un entusiasta per natura e non ho mai avuto problemi di autostima. Sono stato sempre contento di ciò che ho fatto e non ho mai percepito certi incarichi come una diminutio. Ho cominciato a La7 come redattore di In Onda, programma che in seguito ho condotto con partner speciali e differenti. Qualcuno mi diceva: ‘fai il sostituto estivo’. Ma non era così, perché In Onda ha fatto la storia di questa emittente e io ci sono sempre stato, fin dall’inizio. Siamo stati accesi tutti i giorni in estate, una stagione che non può più essere considerata di serie B. Abbiamo raccontato le crisi di governo, il Papeete, il crollo del ponte Morandi. Adesso guardo ad una nuova sfida e alla bellezza di avere davanti a me 220 puntate, tutti i giorni. Sarà una maratona quotidiana di due ore e mezzo.
Porterà un po’ di Zanzara a L’Aria che Tira?
Vorrei provare a mettere insieme il Parenzo che avete conosciuto a In Onda con la parte migliore de La Zanzara, che è quella più pop. Ho già provato a farlo nel mio spettacolo teatrale, ‘Ebreo’. Un David che tiene insieme, con misura, le due identità. La vera sfida è mantenere in equilibrio le due cose, sapere dove va inserita la battuta, cambiare registro quando serve. Vorrei che la gente capisse che so suonare diversi tasti.
Che rapporto instaurerà con gli ospiti?
Mi piace il dibattito, sarò aperto al confronto. Si parlerà di tutto e con tutti. E’ la cosa bella di lavorare a La7, non ci sono condizionamenti politici. Nessuno mi ha mai detto di non affrontare un determinato tema. Dedicheremo attenzione al governo e verranno molti protagonisti della maggioranza. Avremo anche ospiti ricorrenti, come Federico Rampini, Sergio Rizzo, Francesco Borgonovo, Maurizio Molinari.
A loro darà del lei oppure del tu, come faceva il suo predecessore?
Nonostante conosca il novanta per cento dei miei interlocutori, preferisco dare loro del lei, ma solo per una questione di rispetto per il pubblico, che potrebbe avere la percezione di una chiacchierata della solita combriccola.
E’ stata un’estate di telemercato, con clamorosi colpi di scena. Si sarebbe mai aspettato l’approdo di Bianca Berlinguer a Mediaset?
Non mi ha affatto stupito, perché reputo intelligente l’idea della contaminazione. Ho avuto la fortuna di avere come maestro Angelo Guglielmi, che mi ricordava spesso di aver portato Giuliano Ferrara a Rai 3, nella rete di sinistra per antonomasia, conosciuta come TeleKabul. La Berlinguer a Mediaset è la prova che c’è vita, fermento. E’ l’elemento frizzante di Rete 4, un po’ come lo è La Zanzara a Radio 24. Il nostro programma funziona perché viene trasmesso nella radio della Confindustria. Il valore che acquista quel contenitore scanzonato in quel contesto diventa il punto luce di follia. Non che Bianca sia il punto luce di follia, ma è per spiegarti che la figura dissonante genera curiosità.
A Mediaset, in passato, ci ha lavorato pure lei.
Sì, feci l’inviato di Matrix. Ci sono stato molto bene, però alla vigilia della partenza de L’Aria che Tira ti dico che La7 è il posto migliore in cui lavorare in libertà. Una rete che è cresciuta e che ha l’informazione nel suo Dna. Se poi altrove il mercato sta mutando, ben venga.