Dargen D’Amico: “L’appello a Sanremo? Fatto perché la stampa in quei giorni non riportava in modo imparziale le notizie”
Dargen D’Amico a Splendida Cornice è tornato sulle polemiche sanremesi: “O canti, o multa. E la multa si fa più salata se il Paese che critichi ha degli accordi commerciali con lo Stato e con le aziende italiane”
A quasi due mesi dal Festival, Dargen D’Amico è tornato a parlare delle polemiche andate in scena sul palco dell’Ariston. Frecciate lanciate a Splendida Cornice, dove ha rievocato il caso esploso in seguito alla sua esibizione a Sanremo. “Ero lì a cantare una canzone – ha detto il rapper – sono stato influenzato dal fatto che in quei giorni la stampa non riportasse in maniera imparziale le notizie che arrivavano dal Mediterraneo. Questa cosa mi faceva sentire molto a disagio, quindi per empatia umana ho sentito di comunicare delle cose”.
Il giorno dopo il primo appello, D’Amico tornò sull’argomento assicurando che tra i tanti peccati commessi non c’era quello dell’impegno politico. Un’uscita che ha approfondito nel programma di Rai 3: “La politica in qualche modo è anche l’arte di intercettare voti, guadagnare simpatia, sfruttare temi di cronaca tragici per prendere qualche elettore. E’ l’arte della discussione. In quel caso non c’era da discutere, era passato il momento della discussione. C’era da imporre la necessità di tornare al tavolo delle trattative”.
Decisamente più dura la presa di posizione espressa durante il monologo iniziale: “Partecipi ad una gara di canzoni e se per caso ti senti di dire che è inaccettabile, umanamente ingiustificabile bombardare un ospedale uccidendo innocenti, bambini, mamme, il personale medico, massacrare giornalisti, potrebbe arrivare qualcuno e dire ‘eh no, eh no, tu stai facendo politica; sei un cantante, pensa a fare il cantante’. O canti, o multa. Se ti scappa di dire ‘cessate il fuoco’, multa di 500 euro. E la multa si fa più salata se il Paese che critichi perché lancia le bombe sull’ospedale ha degli accordi commerciali con lo Stato e con le aziende italiane. Perché non si disturba chi fa il nostro interesse economico. Che poi sarebbe da capire quali sono le migliorie che il nostro silenzio complice porta all’economia reale di questo Paese. Più il Paese che critichi è nostro alleato e più salata sarà la multa, perché molto semplicemente la cosa che proprio non si può dire è che non è sempre vero che noi siamo quelli buoni, non è sempre vero che puoi dividere il mondo in due, con da una parte noi, la parte giusta, quelli civili”.
A quel punto D’Amico ha citato Julian Assange, prendendone le difese: “Ha contribuito a rilevare a noi democratici ed occidentali che non sempre siamo così buoni. Sul momento lo abbiamo ringraziato, ma ci siamo resi conto che noi quelle cose lì in realtà non le volevamo conoscere. Quindi lo abbiamo condannato a qualche secolo di galera. Forse il punto non è che certe cose non si possono dire, il punto è che siamo noi che certe cose non vogliamo sentirle”.