Dado Coletti del Disney Club: “Felice di aver lasciato un segno nei bambini. Ora faccio il regista a Linea Verde Italia”
Dado Coletti: “Sono conosciuto prevalentemente per il Disney Club. Ho fatto tante altre cose, ma nessuna così caratterizzante. In questi anni ho fatto doppiaggio, radio e regie televisive”
Dieci anni di lontananza dai riflettori. Dieci anni per reinventarsi, per intraprendere nuove strade, per riassaporare vecchi amori e scoprirne altri inediti. “Ero stato in tv l’ultima volta nel 2014 – racconta Dado Coletti a TvBlog – facevo l’inviato a ‘Le amiche del sabato’, programma con Lorella Landi. Ormai sembra la preistoria”.
Nel mezzo, tante esperienze, come il riavvicinamento al doppiaggio e alla recitazione, oltre all’avventura da speaker a Isoradio: “Nel 2021 sono diventato un dipendente della Rai e per un biennio mi sono tuffato in un lavoro bellissimo, ma bello tosto. Ero in radio praticamente tutto il giorno e l’impegno era assai gravoso”.
Poi ecco il ritorno sul piccolo schermo, ma dietro alle telecamere: “Ho ricominciato a fare regia, firmando diversi servizi esterni di ‘Italia Sì’ e ‘Camper’, mentre attualmente mi sto occupando di alcune puntate di ‘Linea Verde Italia’, con Elisa Isoardi e Monica Caradonna”.
Classe 1974, Coletti si appassionò allo spettacolo da giovanissimo. La prima mossa fu quella di modificare il proprio nome, perché di farsi chiamare Riccardo Broccoletti non aveva proprio voglia: “E’ un cognome cacofonico e da ragazzo, durante uno dei miei impegni teatrali, mi prese lo sconforto. Dovevo interpretare un re e decisi di tagliare la prima parte. Dado, invece, è figlio delle trasmissioni per bambini. C’era un altro ragazzo che si chiamava Riccardo e usai il diminutivo per distinguermi”.
All’inizio degli anni novanta arrivò la svolta televisiva con Disney Club.
Avevo frequentato la scuola teatrale di Garinei e mi ero esibito in qualche spettacolo al Sistina. Contemporaneamente studiavo recitazione e facevo doppiaggio. L’approdo in Rai arrivò grazie ad un provino vinto. C’era questo programma per ragazzi, coprodotto da Rai e Walt Disney, e mi feci avanti. Presero me e altri due, ma io fui quello che ci rimase più anni.
Condusse il programma fino al 1993, per poi riapparire dal 1995. Come mai interruppe provvisoriamente la collaborazione?
Nel 1994 la Rai perse i diritti della Disney e il contenitore si spostò a Mediaset. In quel periodo rimasi comunque nel settore e condussi ‘Big’, al fianco di Carlo Conti e Maria Teresa Ruta. Quando il brand Disney riapprodò in Rai mi riassegnarono il programma fino al 1999.
Al suo fianco ebbe per lungo tempo Francesca Barberini.
Costruimmo un ottimo rapporto. Eravamo entrambi dei ragazzi e facemmo viaggi incredibili, tra Stati Uniti, Parigi e Torino, dove trasmettevamo settimanalmente in diretta. Era un’altra epoca, non c’erano i social e la televisione aveva un ascendente incredibile. In una seconda fase si aggiunse pure Giovanni Muciaccia. Andavamo tutti d’accordo, tanto che ancora oggi abbiamo un nostro gruppo WhatsApp che si chiama ‘Quelli del Disney Club’. Ne fanno parte tutti, dai conduttori ai registi, passando per i produttori. Ogni tanto organizziamo delle cene per stare assieme.
Essere un simbolo della tv dei ragazzi non rischia spesso di trasformarsi in una condanna?
E’ normale che sia così. Io sono conosciuto prevalentemente per il ‘Disney Club’. Ho fatto tante altre cose, ma nessuna così caratterizzante. Rai e Disney fecero sforzi incredibili per realizzare un prodotto di alto livello e di attenzione verso i ragazzi. Ancora oggi mi diverto nel rivedere alcuni spezzoni, mi sembrano fatti bene. Fu un programma fuori dal comune.
Insomma, non le dispiace rimanere etichettato come “quello del Disney Club”.
E’ piacevole, la gente me lo dice con grande affetto. Questo significa che in quei bambini, che oggi sono adulti, ho lasciato un piccolo segno. Non è facile farsi ricordare dai più piccoli ed entrare nella loro testa. Esserci riuscito è una gran figata.
Ormai le proposte per i bambini sono confinate sulle reti tematiche. Sulle generaliste è rimasto ben poco.
Vero. Se ci pensi, l’unico appuntamento rimasto sulla generalista è lo ‘Zecchino d’Oro’, il resto lo trovi sui canali tematici. Oggigiorno ci si muove per generi e forse è anche giusto che sia così. Ai nostri tempi c’era un’attenzione maniacale, sia da parte della Rai che della Disney. Se non ci fossero le reti tematiche, sarebbe obiettivamente difficile gestire le offerte per i più piccoli. Si rischierebbe di fare robe superficiali.
Con Gnu si spostò su Rai 3 e provò a cambiare rotta.
Era una trasmissione di Bruno Voglino dedicata ad aspiranti comici. Arrivava vent’anni esatti dopo ‘Non Stop’. Fu una grande esperienza formativa. Lavorai con Ficarra e Picone, allora sconosciuti. Si facevano chiamare ‘Chiamata Urbana Urgente’ ed erano fantastici. Voglino era un personaggio estremamente brillante, un dirigente e al contempo anche un artista che conosceva i tempi dello spettacolo”.
Nel 2001 partecipò a Nientepopodimenoche, show di Michele Guardì che puntava a lanciare nuovi talenti.
Mi aggiudicai la fascia da presentatore e mi diedero un’opportunità che però non sfruttai. Avrei dovuto prendere parte a ‘Piazza la domanda’, programma con Jocelyn e Marisa Laurito, ma nel frattempo era nata La7 e scelsi di andare là.
Era la La7 dei giochi telefonici in onda per tutta la mattina. Lei conduceva Sì e No e Zengi.
Quando arrivammo sembrava tutto molto bello e credevamo che ci sarebbe stata la possibilità di costruire una nuova televisione. Probabilmente era troppo leggera e fu quello l’errore. C’era bisogno di qualcosa di diverso. I quiz si protraevano fino a pranzo, il canale mancava di spessore. Tuttavia, penso che i problemi siano sorti con i cambi di proprietà. Con le vendite mutarono pure le strategie. Con lo sguardo di oggi possiamo dire che la strada intrapresa è stata quella giusta. Se tutto fosse rimasto come all’epoca, La7 non si sarebbe guadagnata lo spazio che ha adesso.
Si pentì di non aver sposato quel progetto con Jocelyn?
Non mi pento mai delle scelte, perché sono sempre convinto delle cose che faccio. Forse l’unico rammarico è non aver lavorato per più tempo con Guardì. Presenziai saltuariamente a ‘I Fatti Vostri’ e curai i collegamenti a ‘Scommettiamo che?’, ma avrei voluto farci molte più trasmissioni. L’ho sempre reputato un grande professionista.
In Rai ci tornò comunque poco tempo dopo.
A La7 andai avanti per un anno, poi sposai il progetto di ‘Sereno Variabile’. Per due-tre anni ho fatto l’inviato per Osvaldo Bevilacqua, un uomo spiritoso e simpaticissimo. Pure quella fu un’esperienza gratificante e lì imparai a scoprire il territorio italiano.
Nel 2004 arrivò Estate sul 2.
Sempre come inviato, durante un’estate caldissima. Fu faticosissimo. Mi collegavo in diretta da paesi ogni volta differenti. Un identico ruolo lo ebbi anche nel 2010 a ‘Festa Italiana’ e a ‘La vita in diretta’ con Lamberto Sposini.
Le amiche del sabato, dicevamo, fu l’ultimo impegno televisivo prima di sparire dai radar. A cosa si è dedicato in questi anni?
Ho recitato e mi sono rituffato soprattutto nel doppiaggio, che avevo già fatto da ragazzino. Mi sono accorto che tante cose sono cambiate ed è stato affascinante. Ho dato la voce a Mark Proksch in ‘Vita da vampiro’ e a Ferry Ollinger nella serie austriaca ‘Soko Kitzbuhel’. Inoltre, sono nel cast del docufilm sulla vita di Sordi di Igor Righetti che ha partecipato all’ultimo Festival del Cinema di Roma. Sono la voce narrante e interpreto il padre del grande Alberto.
Le manca stare davanti le telecamere?
Non mi sono allontanato di molto. Certo, non faccio più le cose che mi davano grossa visibilità. Ad un certo punto devi fare i conti con la vita. Si cresce e si cambia. Sono felice di essere rimasto in questo ambiente, soprattutto nell’ambito di programmi che raccontano l’Italia.
La scorsa estate l’abbiamo rivista in tv.
Sono riapparso all’interno di ‘Camper’ per qualche collegamento, mi sono divertito nel produrre dei vox populi tra la gente comune. Ponevo domande per la strada su fatti di gossip e costume. Magari l’anno prossimo potrei bissare. Intanto mi occupo di ‘Linea Verde Italia’, una trasmissione curata che raccoglie settimanalmente ottimi ascolti. Per confezionare ogni puntata ci vogliono giorni e giorni. Servono sopralluoghi, scalette e una preparazione importante. Ma mi piace. Viviamo in un Paese talmente bello che poterlo scoprire è qualcosa di meraviglioso.