Alessandro Cattelan a TvBlog: “Con Da vicino nessuno è normale voglio improvvisare con il pubblico come facevo a teatro” (Video)
Alessandro Cattelan ci spiega da dove nasce l’idea di un programma dedicato alle manie di tutti e ci parla del suo rapporto con le critiche e le aspettative di ascolti
A poche dal lancio del suo nuovo programma Da vicino nessuno è normale, Alessandro Cattelan ci ha concesso qualche minuto per raccontare questa sua nuova idea. L’ambientazione, non a caso, è quella di una platea teatrale: Da vicino nessuno è normale, in onda da questa sera, lunedì 20 maggio 2024, alle 21:25 su Raidue e su RaiPlay, viene infatti registrato al Teatro Franco Parenti di Milano.
Una location, quella del teatro, che Cattelan ha imparato a conoscere grazie al tour del suo spettacolo “Salutava sempre” (disponibile anche su Netflix), e che inevitabilmente ha influenzato il suo lavoro in tv. “Il teatro mi ha molto divertito”, ci ha detto, “mi ha lasciato proprio la voglia di improvvisazione con la gente, quello era un momento che funzionava tanto, mi dava soddisfazione. Volevo fare un programma che mi portasse in mezzo alla gente: inizialmente l’avevamo pensato in esterna, avevamo pensato ad un palco in mezzo a Piazza Gae Aulenti, con un pubblico di passanti, ma produttivamente era un po’ complicato. Poi ci siamo ricordati che avevamo avuto una bellissima esperienza con E Poi C’è Cattelan al Teatro Franco Parenti, che quindi unisce la dimensione del teatro, ma anche uno spazio esterno stupendo. Non ho ancora visto il girato, ma mi hanno detto che è veramente spettacolare: giriamo nella piscina dei Bagni Misteriosi, abbiamo la possibilità di proiettare sui palazzi di Milano quello che succede dentro il teatro, le esibizioni musicali dei nostri ospiti… È un luogo che ha unito alla perfezione questi due aspetti”.
Da vicino nessuno è normale segna il tuo ritorno in una prima serata Rai dopo Da Grande. C’è il desiderio di riscattarsi dalle critiche che ricevetti allora?
“Beh, un po’ sì, poi secondo me è rimasto nell’immaginario collettivo una cosa più grave di quello che è successo. Devo dire che siamo tutti molto tranquilli, desiderosi di fare qualcosa di bello, che vada bene, perché così ti mette al riparo da tutta una serie di critiche, di scocciature… Però l’affrontiamo con grande serenità, un po’ come quando chiedono ai calciatori se hanno paura di giocare una partita: il nostro lavoro è questo, quindi si fa tutto con quello spirito”.
Prima con Una semplice domanda su Netflix e poi con Da Grande hai sfiorato con ironia temi esistenziali, come la ricerca della felicità e l’essere adulti al giorno d’oggi. Ora l’obiettivo è ricordarci che siamo tutti imperfetti: quanto c’è di autoanalisi e quanto invece del desiderio di capire meglio l’epoca in cui viviamo?
“Mi piace fare programmi che partano da un dubbio. Una semplice domanda e Da Grande erano molto autobiografici, erano molto su di me, non tanto sulla mia vita, ma la domanda partiva da me. Questo, invece, è un programma che ha come focus non la mia persona ma la gente, è il pubblico il vero protagonista. Quando gli spettatori si sono prenotati per venire a vedere il programma dal vivo, hanno dovuto compilare un modulo nel quale noi abbiamo inserito delle domande anche un po’ personali su di loro, sulle loro paure, manie, ossessioni, su cosa gli piace fare e cosa no… Loro hanno risposto un po’ ingenuamente, un po’ come quando si compilano i dati sul computer e si clicca ‘accetto’ senza aver letto le informative. Non sanno che tutto quello che ci hanno detto lo useremo contro di loro. Quindi il nostro pubblico sarà formato da persone che pensano di venire a vedere un programma televisivo e invece si troveranno sul palco”.
Il programma parte a fine stagione. È la collocazione migliore, secondo te, per sperimentare una nuova idea? Penso che Da vicino nessuno è normale sia una proposta ‘one shot’ o ti piacerebbe riproporla anche nella prossima stagione tv?
“Queste sono cose a cui forse dovrei pensare, ma non lo faccio mai. Anche il fatto stesso di fare una prima serata, io preferisco la seconda. Ho fatto una prima serata perché c’era questa richiesta, però l’ho fatta nel momento in cui abbiamo trovato un’idea. Abbiamo trovato una motivazione, una domanda su cui ragionare, un’idea che potesse essere trasformata in qualcosa di divertente per il pubblico. Quindi non mi sono fatto troppe domande su collocazione, orari, anche perché sono cose che faccio ancora fatica a capire, o meglio, sono convinto che non esista la formula magica. Perché senti dire ‘questo giorno è meglio di quell’altro’, ‘quest’ora è meglio di quell’altra’, e c’è sicuramente del vero, ma poi credo che vincere sia sempre un po’ il programma che fai”.
Prima di lasciarti, parliamo di obiettivi: non solo degli ascolti, con cui inevitabilmente tu e la rete dovete fare i conti, ma anche a livello personale. Cosa vorresti che restasse a chi seguirà questo programma?
“A livello personale mi piacerebbe che rimanesse quello che vedo rimane alla gente dopo le cose che facciamo, cioè una sensazione di aver visto qualcosa di, in qualche modo, diverso, nuovo, fresco. Qualcosa di contemporaneo, che li ha fatti distrarre, rilassare, ridere sul divano per il tempo in cui va in onda. Dal punto di vista degli ascolti, io non chiedo mai niente degli ascolti. L’unica cosa che chiedo è ‘qual è il limite minimo per non farci rompere le palle da nessuno?’ Quando mi dicono quel limite dico ‘speriamo di fare almeno quello’, poi tutto quello che viene in più è gratis.. Su questo programma però non ho ancora chiesto: adesso mi informo di qual è il limite minimo per non farci rompere le scatole e speriamo sia quello!”