Da noi a ruota libera, il self-help show di Raiuno che vive di due anime: la recensione
Da noi a ruota libera vive di due anime: una più tradizionale ed orientata sui personaggi famosi, l’altra più sociale e vicina allo sguardo dell’Italia delle storie belle da raccontare
Da noi a ruota libera è uno di quei programmi che nel corso delle edizioni ha sempre cercato di individuare una strada che lo definisse sempre di più all’interno della programmazione televisiva. E con la partenza della quinta edizione, su Raiuno, continua questa sua ricerca, finendo però nel rischio dell’ibrido e dell’impossibilità di esprimersi veramente per ciò che il progetto vuole essere.
Da noi a ruota libera, la recensione
Francesca Fialdini, di fatto, conduce due programmi: la prima parte è dedicata alla scoperta dei personaggi più in voga, con confidenze, curiosità e l’immancabile promozione del programma/fiction in partenza. E qui siamo dalle parte del classico programma di interventi, con qualche stratagemma utile a conoscere meglio l’intervistat* ed a coinvolgerlo maggiormente nell’intervista stessa
Insomma, niente che sia davvero nuovo in tv, ma che si rende adatto alla sua collocazione della domenica pomeriggio: Fialdini cerca di mantenere il pubblico ereditato da Domenica In prendendolo per mano in un’atmosfera allo stesso tempo differente e simile.
E poi c’è l’altra parte, quella dedicata alle storie di persone comuni o non famosissime, la cui storia diventa il fulcro di un messaggio che conduttrice e programma vogliono mandare al pubblico in chiusura di una settimana e in apertura di una nuova.
Soprattutto quest’ultima parte svela quella che è la vera natura di Da noi a ruota libera, ovvero un programma che vorrebbe fare delle storie di self-help, della motivazione a non mollare mai ed alla crescita personale il proprio punto di forza.
Ci prova anche nelle interviste agli ospiti famosi, grattando la superficie delle domande più patinate per scoprire la persona che c’è dietro il personaggio ed il suo percorso prima di diventare popolare. Lo sforzo è evidentemente maggiore: il messaggio è più spontaneo quando davanti alla telecamera c’è chi non deve promuovere se stesso, ma la propria storia affinché chi sta vivendo una situazione simile a casa si senta meno solo.
Da noi a ruota libera vive dunque questa sua doppia natura da classico salotto tv, con studio e scenografia che rispettano i canoni di questo genere (ma mettete dell’olio ai meccanismi che regolano i pannelli mobili: sentirli chiudersi ad ogni partenza di intervista danneggia l’atmosfera da confort zone che si vuole creare), e da trasmissione di utilità sociale, che indaga nell’Italia di oggi tramite esperienze di vita che fanno girare la ruota delle possibilità.