Cucine da incubo 2023, Cannavacciuolo: “Il programma serve anche a chi va bene. Motivazione e qualità non devono mancare mai”
Antonino Cannavacciuolo presenta la nuova edizione di Cucine da Incubo, da domenica 2 aprile in prima serata su Sky Uno.
Debutta questa sera, domenica 2 aprile 2023, in prima serata su Sky Uno la nuova stagione di Cucine da Incubo, versione italiana del ‘ramsayano’ Kitchen Nightmares che ha trovato con Antonino Cannavacciuolo una profondità sul piano umano non solo tagliata ad hoc sullo chef, ma direi ispirata dallo stesso. Non a caso ‘passione’ e ‘amore’ sono termini che ricorrono spesso nell’incontro di presentazione della nona edizione di quello che si è mostrato fin da subito un gioiellino narrativo, affinatosi con gli anni. Dopo la pausa dovuta più alla stanchezza mentale dello chef, come ha raccontato lo scorso anno, che alla Pandemia, Cannavacciuolo è tornato a Cucine da Incubo con più entusiasmo di prima, ritrovando quella motivazione che è alla base del suo stesso successo.
“E’ quando l’attività va bene che devi spingere e dare sempre di più, altrimenti quando ‘il carro prende la scesa’ non lo fermi più” dice con la saggezza di un uomo che ha rinunciato alla sua gioventù (“Per la cucina ho rinunciato alla mia gioventù e me ne pento pure. A venti anni bisogna fare cazzate e io non ho avuto modo di farlo”) per seguire la sua grande passione. Una passione condivisa con l’amore della sua vita, Cinzia Primatesta, che con lui ha dato vita a Villa Crespi per come la conosciamo, insieme ai loro due figli, Elisa ed Andrea. E ora che le Stelle Michelin sono diventate 3 – risultato che condivide con soli altri 11 ristoranti in Italia e 112 nel mondo – la voglia di girare l’Italia aiutando ristoratori in difficoltà non è diminuita. Anzi.
Cucine da incubo 2023? Tante famiglie e una squadra
Il programma in sé non è cambiato: in ciascuna delle 6 puntate di questa settima stagione chef Cannavacciuolo raggiunge un ristorante in difficoltà: come vuole la tradizione della versione italiana, più che il ristorante sono in difficoltà le famiglie che lo gestiscono. E in fondo Cucine da Incubo raccoglie storie di famiglie volenterose ma troppo spesso chiuse in se stesse, incapaci di comunicare, di manifestare bisogni e frustrazioni. E invece – come i (ben fatti) programmi di cucina ci hanno insegnato – la cucina funziona se c’è comunicazione, se c’è una brigata compatta, se ci sono ruoli definiti, se c’è un capo a guidare. Non a caso chef Cannavacciuolo paragona il Napoli capolista a una brigata ben condotta da chef Spalletti:
“In cucina e sul campo è il gruppo ad essere importante. E Spalletti è un grande perché ha una vera e propria devozione per il calcio: dà poco spazio al resto, come fanno i grandi chef e come un grande chef sa curare la propria brigata, gestendo al meglio i propri uomini. Gli chef sono un po’ come degli allenatori che devono innanzitutto conoscere i singoli per far andare al meglio la squadra. E poi dobbiamo capire che abbiamo a che fare con ragazzi di 20 anni: i singoli sono importanti, ma solo se funzionano in squadra”.
Dinamiche che si ritrovano anche nella gestione dei piccoli ristoranti, talvolta anche con storie blasonate alle spalle, che ora si trovano in cattive acque: l’opera di Cannavacciuolo resta quella di rimettere a posto la squadra, prima di rimettere a posto i locali, anche se il makeover, come spiegato dallo stesso Antonino, avrà un peso ancora più grande in questa edizione. E se c’è una puntata che meglio di altre può spiegare la filosofia di questa edizione è proprio la prima, in onda stasera: una puntata che lo stesso Chef definisce come una di quelle che più l’ha toccato, l’ha fatto riflettere, che gli ha dato qualcosa sul piano umano, che poi nel suo caso è anche professionale. Al centro una famiglia, certo, con un padre che ha messo da parte i figli per il lavoro…
“La prima puntata di quest’anno mi è rimasta nel cuore, girata a L’Civel a Novara. Mi ha dato qualcosa sul piano personale: mi sono un po’ rivisto in questo papà molto devoto al lavoro, che ha poco tempo per i figli… Pensi di star facendo il meglio per la tua famiglia stando dietro al lavoro, ma poi vedi certi comportamenti da parte dei figli, senti certe cose da parte dei figli che non avevano mai detto ai propri genitori e finisci per pensarci su. Ho riflettuto molto su quanto successo in quella puntata: ho visto la mia famiglia, per certi versi… Mi ha segnato perché sono tornato a casa con un altro spirito”
dice con tanta tenerezza Cannavacciuolo. Quella stessa tenerezza che riserva parlando della moglie: sono una squadra e senza di lei, che ha custodito la famiglia, molto di quanto raggiunto con Villa Crespi non sarebbe stato possibile:
“A Villa Crespi siamo partiti piano, ma sempre con grande qualità… Si parla sempre di amore, passione per parlare di cibo, ma la prima cosa deve essere il rispetto: se c’è quello, può nascere tutto. Tra me e Cinzia c’è da sempre un rispetto del lavoro, dei ruoli, della coppia… Lavorando nei festivi e nei fine settimana ci sono state delle rinunce, ma ho avuto una grande donna accanto e ci siamo sempre ritagliati dei momenti nostri. Cinzia fa un lavoro pazzesco con la base della nostra famiglie… lo so che ‘ogni scarrafone è bello a mamma soja, ma devo dire che abbiamo due bambini davvero straordinari (sorride)”
e così hanno raggiunto il traguardo delle Tre Stelle Michelin per il solo Villa Crespi, anche se per Chef Cannavacciuolo le stelle complessive sono 7. Ma per lui la più importante è arrivata da Maurizio Costanzo, che ci tiene a ricordare:
“Qualche tempo fa ha scritto di Cucine da Incubo: il programma gli piaceva e ci fece i complimenti. Ecco, ricevere i complimenti da quel genio, da quell’uomo grandissimo per me è stata come ricevere la terza stella”.
Cucine da incubo 2023, un educational per tutti
Se tra i ristoranti protagonisti di questa edizione di Cucine da Incubo possa ‘nascondersi’ un futuro Stellato è difficile, ma non impossibile.
“Ho visto grande fiducia nelle famiglie che ho visitato, grande voglia di fare bene e quando ci sono i figli che hanno l’età giusta per partire con un ‘nuovo’ ristorante, perché di questo si tratta dopo Cucine da Incubo, ci sono buone speranze di andare avanti. Vedere questi ragazzi che hanno 25 anni e che hanno voglia di imparare è bellissimo. Per una ripartenza pulita non bastano nuove divise, nuovi menu, nuove tovaglie, ma bisogna ‘ripulirsi dentro’ da tutto il non detto”.
In fondo Cucine da Incubo, un po’ come MasterChef o anche il 4 Hotel di Bruno Barbieri, insegna tanto non solo ai ristoratori in difficoltà, ma anche al pubblico e a chi il successo ce l’ha già. Certo dopo sette edizioni ci si aspetterebbe di non dover sempre puntualizzare l’ovvio, ma in fondo fa parte del gioco, come spiega anche Cannavacciuolo.
“Cucine è diventato ‘anziano’: le novità nel programma ormai dovrebbero portarle i ristoratori, dimostrando che dopo tanti anni hanno imparato qualcosa. Diciamo che quest’anno abbiamo alzato l’asticella del cibo e siamo intervenuti di più sul makeover In realtà le difficoltà nascono all’interno delle famiglie, tra tensioni e cattive abitudini: il servizio per uno chef deve essere divertimento, perché hai preparato tutto prima, con cura, sai cosa stai facendo, sai cosa vuoi fare. Se ti diverti il cliente lo sente e si diverte a propria volta; anche l’arroganza e la rabbia finiscono nel cibo e così va tutto a rotoli”.
Non c’è quindi un errore che proprio non si riesce a estirpare: più che singoli errori – come può essere il topper per Bruno Barbieri in 4 Hotel – qui è l’atteggiamento di fondo che è importante. Non esistono cose ‘che non entrano in testa’, ma l’atteggiamento verso la cucina:
“C’è l’idea che tutti possano fare i ristoratori, mentre per essere meccanici ci vuole una preparazione specifica, ma non è così. Non basta saper fare una scaloppina per aprire un ristorante. Bisogna sapere costruire un team, mantenerlo. Non ci si improvvisa. Veniamo per di più da periodi difficili: sono andati male i ristoranti di successo, figuriamoci quelli da incubo. Ma c’è una cosa fondamentale per far andare avanti i ristoranti: i complimenti dei clienti. Se hai quelli hai la benzina per andare avanti. Ma c’è anche un altro aspetto che ha contribuito i ristoratori a essere più fragili: le recensioni. Le recensioni delle varie app ormai fanno paura e fanno male. Oggi chi apre un ristorante non si presenta solo al ‘quartiere’ ma al mondo intero. Recensioni ingiuste o cattive possono togliere motivazione, che resta la cosa più importante per chi fa questo mestiere: da quello capisco chi può andare avanti e chi invece non riuscirà ad arrivare alla settimana successiva”.
Motivazione, dunque, parola d’ordine. Insieme alla comunicazione, interna alla brigata, ma anche esterna, proprio perché i social hanno reso tutto alla portata di tutti.
“La comunicazione è importante, ecco perché anche il makeover per Cucine da Incubo è sempre più importante: quando passi in una via con più locali, è la bellezza a colpire e ad attirare. Una bella foto invoglia, aiuta”.
Il resto lo fa la qualità, che però non puoi apprezzare fin quando non assaggi. E questo, con motivazione e comunicazione, è l’elemento chiave.
“Noi abbiamo i più grandi ingredienti in questo paese: abbiamo grandi formaggi, insaccati, verdure… Bisogna saper scegliere, bisogna saper provare e creare. Ma l’errore più grande è la spesa: pensano di risparmiare, ma è un errore aziendale. Il food cost è importantissimo in un ristorante ma il risparmio non è mai guadagno. Ma è importante anche guardarsi intorno, guardare al territorio, capire i produttori dell’area. Devo dire che anche grazie ai programmi tv abbiamo una nuova sensibilità sui prodotti, e questo impone una maggiore attenzione”.
Migliorare, però, deve essere un obiettivo per tutti:
“Io 20 anni fa tornavo a casa e guardavo Gambero Rosso per vedere cosa facevano i grandi ristoratori, cosa preparavano, come migliorare. Quando entro in una cucina io porto un esempio: faccio ristorazione da decenni. Sono messaggi ben chiari anche per chi ha un ristorante di successo, non solo per chi ha difficoltà. Io mi dico sempre che bisogna spingere quando si va bene, perché quando il carro ha preso la scesa non si ferma più. Cucine da incubo può dare tanti spunti a chi ha un ristorante. Serve cucine da Incubo, serve…”
Cucine da incubo è solo una vetrina?
Qualcuno ha ancora il dubbio che Cucine da Incubo sia solo una vetrina per farsi conoscere o un modo per farsi rimodernare il locale a spese della produzione. Cannavacciuolo, però, è chiaro su questo punto:
“Non dimentichiamoci che c’è un lungo lavoro di preparazione e di redazione, che provvede alla selezione dei ristoranti. Ci saranno anche quelli che si candidano per queste ragioni, ma io a loro non ci arrivo proprio. Posso dire, invece, che quando arrivo nei ristoranti sento tutta l’emozione del nuovo inizio: sento la voglia di fare, di mettersi alla prova, sento che hanno passione, che è proprio la loro vita. Negli altri anni c’erano più locali appena aperti, ma questa volta no: è stata un’annata bellissima proprio per questo. Se con questo programma possiamo dare una mano e ripartire io sono contento. C’erano casi di ristoranti di successo che poi sono calati per le difficoltà che conosciamo o per problemi familiari. Ce ne saranno tanti, ma non ci arrivo proprio, non arrivano al programma. E io davvero mi auguro che i ristoranti che abbiamo visitato vadano avanti bene”
Cannavacciuolo, i giovani e il futuro
Se c’è un tasto su cui Cannavacciuolo torna con insistenza e sempre con grande entusiasmo è quello dei giovani. E la cosa più bella è vederlo rifiutare i luoghi comuni sulla gioventù pigra e disinteressata, lui che la sua non l’ha vissuta (“Ho iniziato da giovanissimo in cucina e ho avuto la fortuna di avere un padre chef che mi ha mandato subito in giro tra grandi maestri e in grandi cucine, quindi non ho mai davvero avuto a che fare con ‘cucine da incubo’, ma ho rinunciato alla gioventù per questo”) ma che riconosce invece la potenza, la velocità, la straordinarietà delle ultime generazioni.
“Tutti dicono che non si trovano camerieri, cuochi, che la ristorazione è crisi perché nessuno vuole lavorarci. Sono cazz@te! Tutti i settori hanno problemi di manodopera: mancano meccanici, operai, artigiani, ma la cucina fa notizia e così se ne parla. Basta dare due numeri: in una cittadina come Gozzano, a fronte di 100 morti ci sono state 20 nascite… basta farsi due calcoli. E dobbiamo guardarci intorno: invece di respingere queste persone che vengono da noi, dobbiamo inserirle nel nostro tessuto produttivo e lavorativo e così possiamo dare loro dignità, oltre che recuperare quella forza lavoro che ci manca”.
La semplicità, no? Ma sembra tutto così complicato. L’entusiasmo, dicevamo, è un suo tratto caratteristico e lo si ritrova nell’amore per i giovani: del resto l’Antonino Chef Academy non nasce per caso.
“Io faccio il tifo per i giovani: li guardo e li ammiro. Quelli di oggi hanno una potenza impressionante, io non sono mai stato così. Sono più veloci, più determinati. Far passare il messaggio che i ragazzi non vogliono fare nulla è sbagliato: non è vero. Più andiamo avanti più sono veloci di noi. In brigata ho ragazzi di 18 e 19 anni con una passione, una voglia di fare impressionante e con tanta voglia di crescere. Spesso questi pregiudizi sui giovani nascono dal fatto che ne siamo stati oggetto noi stessi anni fa e quindi pensiamo che si debba ripetere lo schema, ma non è così. Hanno una capacità e una sensibilità, anche su temi sociali ed ambientali, che noi ci sognavamo”.
Intanto con 7 stelle Michelin, Cannavacciuolo è uno che dà sempre tutto per Cucine da Incubo: “Dopo 5 giorni con una famiglia torno a casa scarico, ma contento”. E noi lo seguiremo.