Crossover story: tutto cominciò con Fantastica Italiana
Con C’è Posta per te che irrompe nella casa del Grande Fratello si è toccato il punto più alto del concetto di crossover televisivo. Non solo spunti metatelevisivi o prestiti tra un format e l’altro, ma una vera scena epocale nella storia del tubo catodico: il logo del Grande Fratello associato a un altro storico
Con C’è Posta per te che irrompe nella casa del Grande Fratello si è toccato il punto più alto del concetto di crossover televisivo. Non solo spunti metatelevisivi o prestiti tra un format e l’altro, ma una vera scena epocale nella storia del tubo catodico: il logo del Grande Fratello associato a un altro storico marchio della rete ammiraglia Mediaset. Il Big Brother che si coalizza con il varietà, il people show che dà un mano al reality, ormai non più autosufficiente.
La tv di oggi vive di poche novità degne di nota: di qui la necessità di fare squadra e puntare sul sodalizio dei brand vincenti. Ne abbiamo avuto un assaggio in versione seriale, con Maria De Filippi e i Cesaroni uniti contro l’evento Sanremo, lo abbiamo rivisto ieri sera con risultati decisamente brillanti sul profilo dell’intrattenimento.
Ma di esempi di crossover televisivi, andando a ritroso nel tempo, ce ne sono tanti e ognuno di essi ha una sua particolarità “storica”. Pensate all’esperimento tentato nel 2006 sempre su Canale 5, che vide un concorrente nip appena uscito dalla casa del Grande Fratello subito promosso a vip de La Fattoria 3, di cui poi è stato il vincitore. Il caso Rosario Rannisi ha rappresentato il primo esempio di ibridismo di reality in risposta alla crisi dei palinsesti, ormai ingabbiati in produzioni a catena.
Andando ancora indietro nel tempo, va citata un’intuizione che è risultata curiosa sulla carta ma fallimentare nella realizzazione. Correva l’anno 2003 e una meteora come Ambra Angiolini – prima della consacrazione cinematografica si intende – tornava in tv con un’ambiziosa conduzione. Le toccò, infatti, raccogliere l’eredità di un programma storico come Speciale per voi di Renzo Arbore, per di più in una collocazione difficile come il sabato alle 19.00. Gli ascolti furono disastrosi e lo show fu soppresso a poche settimane dall’inizio, ma quel che ci interessa è una scelta “estetica” fatta a monte: quella di andare in onda ogni volta in uno studio diverso, compensando la mancanza di budget con “il prestito” delle scenografie di altre trasmissioni. Dalle poltrone in stile vintage di Quelli che alla location de L’Italia sul due , ogni settimana Ambra cambiava dimora e suppellettili, “rubate” ad altri programmi “più ricchi” (dichiarava a suo tempo lei: “I giovani non hanno i soldi per uno studio televisivo…”).
Ma, alle origini del crossover di nuova generazione, ci sono due trasmissioni in particolare, Di Tutte di più con Massimo Lopez e la vera antesignana di un trend, Fantastica Italiana. Di Tutte di più è uno dei più clamorosi flop della storia di Raiuno (11% di share in prime time), visto che è andato in onda in una sola puntata nel marzo 2003 pur avendone previste 10. Si trattava di una via di mezzo tra un game e un reality show, che vedeva delle donne comuni sfidarsi in una serie di prove. La sua particolarità nell’ambito del crossover sta nel fatto che vi si ripercorrevano diversi generi televisivi, con tanto di citazione del “modello” in sovrimpressione. La copiatura di formati noti, anche se fatta per piccoli e brevi segmenti, era una forma di parodia finalizzata a riassumere trent’anni di televisione.
E dulcis in fundo andiamo alla patriarca di tutti i citazionismi, Fantastica Italiana, il cui esordio con Paolo Bonolis alla conduzione è datato 1995. Trattasi della prima vera gara al femminile della storia italiana, che vedeva tra le prove più gettonate una sfida di argomento televisivo. Le concorrenti in gara, infatti, giocavano a condurre il Tg1, 90° minuto o un talk show, a interpretare una sticom, a fare l’inviata speciale o a promuovere una televendita. Nell’insieme, come sottolineato da Aldo Grasso ne La Garzantina della Televisione, si trattava di un mix di trovate viste e riviste: un pezzo di Corrida, un ritaglio di La sai l’ultima?, un brandello di Domenica In, un tocco di Numero Uno.
Ma con una differenza che distingue il crossover da un normale clone: l’autodenuncia della propria fonte di ispirazione.