Cosmanna Ardillo, da letterina a dirigente d’azienda: “Lasciai la tv per salvare la ditta di papà. Ho sconfitto il pregiudizio”
Cosmanna Ardillo, ex letteronza e letterina, oggi vive in Puglia ed è sales account manager di una multinazionale. “Se eri permaloso, con la Gialappa’s smettevi di esserlo. Passaparola? Ci etichettarono e a nessuno interessava capire chi eri e cosa avevi studiato”
Una carriera televisiva interrotta bruscamente quando, nel 2008, il padre morì. Un avvenimento spartiacque, che ha segnato un prima e un dopo nella vita di Cosmanna Ardillo, passata da essere volto del piccolo schermo a sales account manager della multinazionale Engineering Spa, nel ramo healthcare. Nel mezzo un lungo percorso, pieno di soddisfazioni, incontri fortunati e dolorosi imprevisti, che Cosmanna ha saputo affrontare e superare con tenacia ed orgoglio.
Nata nel 1978 a Canosa di Puglia, dove ha deciso di tornare a vivere, la Ardillo mosse i primi passi nello spettacolo grazie ai servizi fotografici, per poi approdare a vent’anni alle selezioni di Miss Italia. “Mi iscrisse papà Tommaso – svela a TvBlog – era convinto di avere una figlia bellissima e talentuosa e voleva vedermi scendere da quelle scale. E’ stato sempre il mio mentore, il mio maggior sostenitore. Lo lasciai fare, lui comandava ed io eseguivo (ride, ndr)”.
A Salsomaggiore incrociò tante colleghe che in seguito avrebbero sfondato in tv, come Ilary Blasi, Ilaria Spada, Anna Safroncik e Laura Torrisi. “Vinse Gloria Bellicchi, mentre io mi classificai sesta. Registravamo fino alle 3 di notte ed eravamo sorvegliatissime. In albergo venivano controllate dai bodyguard, che stazionavano nei corridoi. All’epoca la manifestazione si sviluppava su tre serate. Era un evento davvero importante, un’altra cosa rispetto ad oggi”.
Da lì partì una lunga gavetta, contornata da molteplici esperienze, anche le più singolari: “Feci persino la tappabuchi ai Telegatti. Nel momento in cui gli ospiti internazionali si alzavano per andare in bagno, il mio compito era quello di occupare le poltroncine del teatro rimaste vuote”.
La prima vera svolta arrivò con Paperissima.
Esatto, ero una delle paperette. Ai casting mi trovai di fronte a Gianna Tani, colei che mi scoprì. Se piacevi a Gianna, lei ti instradava e non ti mollava. Non era solo la scout di Mediaset. Dava consigli, suggerimenti. Una donna meravigliosa, la mamma di tutti i personaggi usciti da quell’azienda.
Conducevano Marco Columbro e Lorella Cuccarini.
Due grandi. Ho imparato tantissimo osservando Lorella. Veniva a lavorare con i gemelli che aveva partorito da poco. Era sempre sul pezzo, una macchina da guerra. Columbro invece era fissato con l’astrologia, ci faceva i quadri astrali. Una persona simpatica.
Tra montaggi e interventi in post-produzione, immagino che le registrazioni non fossero semplici.
Erano faticosissime. Stavi tantissimo tempo nei camerini e quando ti chiamavano per gli stacchetti non dovevi assolutamente sbagliare, bisognava essere impeccabili.
A quel punto bussò alla porta la Gialappa’s Band. Che clima si respirava a Mai dire Domenica?
C’era perenne goliardia, ci sfottevano in continuazione. Però era tutto splendido, non ci furono mai episodi volgari o offensivi. Anzi, in quel contesto ho imparato ad essere sarcastica e pungente, qualità che mi tornano utili adesso.
Nel cast c’erano il Mago Forest, Paola Cortellesi e Fabio De Luigi.
Quando lavori con artisti di quel calibro puoi solo crescere. Entravamo in studio la mattina alle 10 e uscivamo la sera alle 9. Un’esperienza dura, ma bellissima.
Impossibile essere permalosi se lavori con la Gialappa’s.
Se lo sei, smetti di esserlo. Venivo bersagliata per il mio nome, soprattutto da Marco Santin. Dicevano che era in assoluto il più brutto della televisione italiana! Senza contare che c’era la storia del mio provino che veniva puntualmente rispolverata.
Che storia?
Mi si erano rotti i capillari e mi presentai con un occhio nero. Non c’erano possibilità che lo superassi. Al contrario andò bene. Parlai in dialetto pugliese per tutto il tempo.
Una stagione da letteronza e, l’anno seguente, l’approdo da letterina a Passaparola. Dalla parodia all’originale.
Infatti nella prima puntata della nuova edizione di Mai dire Domenica piazzarono il mio cartonato col gesto dell’ombrello. Venni contattata sempre da Gianna Tani e a scegliermi fu Gerry Scotti in persona.
In quel periodo eri impegnata col Tim Tour.
Sì, nell’estate 2002 girai tutte le piazze d’Italia, ma saltai l’ultima tappa proprio per il nascente impegno a Passaparola. Pure quella fu una scuola incredibile. Affiancavo Red Ronnie alla conduzione e vivevo i pomeriggi al fianco degli artisti, durante i sound check. Era appena esploso il fenomeno di Saranno Famosi e i ragazzi usciti dal talent di Maria De Filippi si erano aggregati a noi. Ci ritrovavamo centinaia di adolescenti in hotel, scavalcavano i balconi dell’albergo pur di poter avvicinare qualcuno di loro.
Torniamo a Passaparola. In quella stagione le letterine acquisirono un ruolo centrale.
Eravamo microfonate, presentavamo i concorrenti, affiancavamo Gerry. Inoltre, fu l’unica volta in cui mandarono in onda Passaparola Estate, dove ripercorrevamo gli avvenimenti di quell’annata.
Eppure mai come in quella fase le critiche toccarono l’apice.
Candida Morvillo pubblicò ‘La Repubblica delle veline’ e in copertina c’eravamo noi. Rivestivamo un ruolo a cui veniva fornita un’etichetta, come d’altronde succede a tutti i personaggi pubblici. A nessuno interessava capire chi eri e cosa avevi studiato.
L’allusione alle letterine, tutt’altro che positiva, apparve anche nel film di Gabriele Muccino Ricordati di me.
Si parlava di un quiz preserale e il riferimento a noi era palese. Il personaggio della Romanoff era disposto a tutto pur di sbarcare in tv. Oggi si parla tanto di patriarcato e sessismo, certi attacchi verrebbero visti come un’offesa. Allora erano la regola. C’era l’associazione velina-calciatore e ci descrivevano come le ragazze belle, poco intelligenti, tutto fisico e niente cervello. Non era così, tutte noi dimostrammo di valere, al di là dei luoghi comuni.
Come reagivate a determinati commenti?
Avevamo vent’anni, l’età della noncuranza e della leggerezza. Non sentivamo la pressione, tra noi eravamo complici e vivevamo in maniera amichevole quell’avventura. Ci fossero stati i social sarebbe stato peggio, probabilmente. Il nostro rapporto col pubblico si sviluppava tramite mail e tutto era filtrato. I social avrebbero amplificato determinati commenti che a noi non arrivavano, perché venivano selezionati a monte. Il nostro produttore era Carlo Gorla, serissimo e parecchio ligio.
Dopo Passaparola ti ritrovasti ad affiancare Checco Zalone a TeleNorba.
Era il 2005 e presentai Fuori Controllo. In quella fase, paradossalmente, tra i due la famosa ero io. Arrivavo dai successi nazionali, avevo anche partecipato a Candid Camera con Ciccio Valenti. Lui invece era da poco approdato a Zelig Off.
Come fu lavorare con Luca Medici?
Era divertentissimo ed era bello vederlo all’opera. Imitava Nichi Vendola e Raffaele Fitto, suonava. Quando gli mancava una battuta, passava in camerino da me per avere consigli. Il regista della trasmissione era nientemeno che Gennaro Nunziante, che poi divenne regista dei suoi successi al cinema.
Arriviamo al 2008.
Mio padre morì due mesi prima della nascita del mio primo figlio. Pochi anni prima era stato male, aveva avuto un infarto, ma pensavamo di averlo curato. Se ne andò all’improvviso.
Cominciò la tua seconda vita.
Il 26 ottobre mio padre scomparve e il 30 divenni amministratore unico della sua impresa, la Sepi. Contavamo una novantina di dipendenti e fatturavamo 4-5 milioni l’anno. Era mio dovere tenerla in piedi in tutti i modi. Le sorti di tante famiglie erano legate a quell’azienda, c’erano i figli di molti lavoratori da far studiare. Ebbi un istinto materno verso di loro.
Non sei figlia unica. Perché la responsabilità ricadde su di te?
Da piccola avrei voluto fare il mestiere di mio padre. Era il mio idolo. E forse ero l’unica tra i tre figli che poteva caricarsi questa croce. Avevo la capacità di sopportare quel peso e non ci ho pensato un attimo. Mi sono immolata alla causa.
Fu un impatto traumatico?
Il periodo era difficile. Era da poco scoppiata la crisi economica globale. Dovetti rivedere i costi e mi adoperai per mettere a posto gli aspetti principali. Tagliai tutto quello che si poteva tagliare. La priorità erano i lavoratori.
Donna ed ex letterina. Avrai dovuto combattere contro il pregiudizio.
Quindici anni fa sicuramente. Quando mi presentavo alle banche mi veniva detto a brutto muso: ‘fino a ieri ballavi in tv, quali competenze hai per risultare affidabile?’. Ora però riconoscono la mia professionalità e nessuno mi mette più in discussione.
Non hai mai dei cedimenti?
Ho imparato a gestire l’ansia. Faccio tanta anticamera per parlare con questo o quel direttore strategico della pubblica amministrazione. Non sono mai sicura che le mie offerte vengano accolte, la concorrenza tra i brand è elevata. Ma i mille provini sono stati una scuola, una palestra di vita. So gestire eventuali rifiuti.
La Sepi oggi non esiste più. Ti è dispiaciuto dire addio al brand creato da tuo padre?
L’azienda è stata assorbita da una multinazionale. Riflettei tanto prima di fare quel passo. Ho pensato che mio padre avrebbe continuato comunque a vivere nel mio lavoro, nella mente di chi gli ha voluto bene e dei suoi dipendenti. Non è cambiato niente. Ho semplicemente seguito il mercato. Le piccole imprese oggi riescono ancora a sopravvivere, allora l’unica possibilità era vendere.
Nessuna nostalgia dei tuoi trascorsi televisivi?
Questa carriera me la sono sudata e sono felice. Di quel passato ho bellissimi ricordi e me li godo più adesso che prima. A quei tempi non mi vivevo a pieno il presente. Ero a Milano da sola, pensavo ai miei parenti in Puglia, ogni volta che mi allontanavo dal mio paese stavo male. Ora apprezzo di più tutto, non so se definirla nostalgia.
La tv non ti ha più cercata?
Partecipai a Caduta Libera in occasione di una reunion delle letterine. Per il resto, non vado al di là di qualche appuntamento di beneficenza in piazza, nella mia zona. Non ho tempo per altro.
I reality non hanno mai bussato alla porta?
Forse una volta mi cercò la produzione de L’Isola dei Famosi. Ma sotto quel punto di vista sono abbastanza snob. Non mi piacciono i reality, non li seguo, mi annoiano. Non lascerei mai casa per rinvigorire una carriera. Si guadagnerebbero soldi facili per un periodo, per poi ricadere nel dimenticatoio. Le carriere si rilanciano in un altro modo.
Hai tre figli e non posso evitare la domanda: se ti dicessero di voler seguire le tue stesse orme, come reagiresti?
Mi comporterei come mio padre fece con me. Li sosterrei e vorrei che fossero liberi, anche di sbagliare. La mia figlia più piccola ama la danza. Se volesse intraprendere questa strada sarei dalla sua parte. Ma non vorrei che provasse la solitudine che provai io. Farei una scelta di vita e le starei accanto.