Conversazione con Camila Raznovich: «Vittima della mamma-mania, ma credo nel prodotto. E’ un’esperienza peer-to-peer».
La conduttrice di Mamma mia che domenica commenta il suo nuovo programma su TvBlog.
Camila Raznovich, presto mamma per la seconda volta, conduce – lo presentavamo la settimana scorsa – un programma dal doppio volto: settimanale su La7, la domenica pomeriggio. Quotidiano su La7D. Raggiungiamo Camila telefonicamente per parlar con lei dopo la prima messa in onda di Mamma mia che domenica. E’ un meccanismo che funziona, quello della conversazione a posteriori, e che permette, se non altro, di aver visto in onda quello di cui si deve parlare. In Mamma che domenica c’erano alcuni elementi convincenti, altri che ci hanno fatto un po’ storcere il naso. La conduttrice – che domani sarà impegnata nella seconda puntata in diretta -, si sottopone, di buon grado, alla chiacchierata.
«Allora, facciamo una premessa: l’idea ci è sembrata buona. E’ un tema sicuramente da trattare, interessante, che può avere sviluppi accattivanti. Però come sai, noi su TvBlog siamo cattivelli – abbiamo anche una mamma in redazione – e abbiamo anche qualche critica. Tanto per cominciare: ma c’era proprio bisogno degli ospiti vip (nella prima puntata erano Concita De Gregorio e Giampiero Mughini, ndr)»?
«Secondo noi sì, anche per una questione di grammatica televisiva. Poi vedrete anche che tipo di scelte faremo negli inviti: Concita De Gregorio alle cinque del pomeriggio non è una scelta facile, è stata una scelta voluta, perché non è una donna che potresti trovare facilmente nei salotti del pomeriggio. Quindi, gli ospiti saranno, in generale, personaggi che non frequentano la tv italiana salottiera: domenica dovrebbe venire Oliviero Toscani. Quindi, sì ai vip, ma sì in quanto legati al tema che trattiamo, in quanto genitori e non in quanto personaggi pubblici. Spesso ci si dimentica che anche i personaggi pubblici sono genitori, hanno una famiglia. Secondo me è anche interessante vedere come si relazionano alla loro famiglia, scoprire la loro umanità, la semplicità, la tenerezza nella sfera familiare che magari non ci si immaginava».
«Però, guardando il programma da un punto di vista contenutistico, erano molto più interessanti le tre mamme “qualunque”, molto diverse fra loro, che raccontavano la loro esperienza. La striscia quotidiana, poi, approfondisce…
«Quella parte è una specie di micro-reality dove si segue la quotidianità di queste persone che gentilmente ci hanno aperto, letteralmente, casa loro, e lasciano che noi con le telecamere andiamo a cogliere i momenti belli, le contraddizioni, la crisi della coppia durante la maternità. E’ un segmento che ho voluto fortemente.»
«E in effetti sviscerava tematiche interessanti. Mentre, se devo dire la verità, alcuni discorsi della De Gregorio, e altre cose che si sono dette in studio, mi sono sembrate, invece che semplici, un po’ banali».
«Il rischio di banalizzare c’è, è presente in tutta l’ora e mezza della trasmissione. Trattare il tema famiglia-genitori-bambini, se non hai un taglio molto chiaro o preciso o anche scomodo – per alcune mamme può esserlo, perché sembra che la maternità si debba affrontare solo in maniera molto seria – ti fa correre questo rischio. Ma banalizzare non è quello che voglio io, nè l’editore. Così abbiamo scelto un taglio ben preciso. L’ovvietà è dietro l’angolo ed evitarla sarà una nostra priorità. Cerchiamo di affrontare gli argomenti da un altro punto di vista.
Poi, non ti nascondo che quella di domenica è stata una “prima”, ma di fatto, visto che non avevamo fatto una prova generale, è stata una “zero” in onda e ovviamente – sto andando proprio ora in riunione – ci sono molte cose da rimettere a posto, molti punti da riequlibrare. C’è da lavorare come dopo una zero. Nella squadra cerchiamo di riguardarci, di essere critici e di mettere a punto tutto: non sono preoccupata delle piccole cose non riuscite bene ma dobbiamo migliorare quelle in cui siamo stati più superficiali.
Io raramente sono contenta, ma dopo la prima diretta ero comunque soddisfatta, anche perché di fatto il cast non si conosceva, molti di loro si sono conosciuti in onda: il contenuto c’è, un programma su questo tema si può fare e si può fare in maniera diversa, quella che abbiamo scelto».
«Dici che avete avuto poco tempo per provare, ma la diretta, la collocazione, erano già previste o sono nate in corsa?»
«Era tutto previsto. A novembre abbiamo iniziato a parlarne e da subito abbiamo iniziato a parlare in diretta per fare un’interazione con i genitori (non solo per mamme, anche per papà); è una formula interessante, anche radiofonica. Non è solo un talk show ma è un’esperienza peer-to-peer, una specie di “forum” televisivo.
E’ chiaro che è una cosa che va tarata: è domenica pomeriggio, orario molto “per famiglie”. Quindi, proviamo a dare consigli senza dare la verità: vogliamo provare a dare un momento di scambio di esperienze. Che è proprio quel che fa una mamma oggi: molte mamme, per dire, quando il figlio ha una macchia sulla pancia, cosa fanno? Vanno sul web, digitano su Google e vanno a vedersi le esperienze delle altre mamme suoi forum.
Hai visto, anche gli ospiti non davano mai verità ma opinioni, come persone con più esperienza nel campo, ma sempre alla pari. Niente cattedre, niente istruzioni per l’uso, figurati, io sono una mamma imperfetta. E trovo che sia ok riconoscere i propri limiti, ironizzarci su. E noi vogliamo ironizzare sul tema, che in Italia sembra intoccabile: non è una cosa sacra, non è che essere madri ti collochi in una striscia di superiorità assoluta, né ti colloca nella casella degli “esseri perfetti”. L’autoironia è la cosa che manca su questo tema, in Italia».
«Forse in Italia manca un po’ su tutti i temi.»
Ma certo. E’ chiaro, lo diamo per scontato che siamo tutti madri, padri innamorati dei nostri figli. Ma si può andare oltre? Religione, morte, sesso, sono tutti tabù in Italia, e io un po’ di lavoro su questo, per dire, sul sesso, l’ho fatto. La famiglia è cambiata, cambiano le relazioni fra i nuclei familiari, non abbiamo quasi più i nonni (almeno, è diversa la figura del nonno, rispetto a quello che c’era anche solo una generazione prima). E quindi, vorrei trattare il tema con un po’ di irriverenza. Certo che non prendo in giro nessuno. Ma anche il vip è lì, per una volta, con un occhio un po’ autocritico. Per esempio, Concita che ammette i suoi limiti di madre, non lo farebbe mai, come direttore di giornale, come giornalista. Detto ciò, è chiaro che facciamo televisione, è ovvio che dobbiamo sottostare a dinamiche televisive.
«Prima della chiacchierata mi sono fatto un bel giro su forum di mamme – come puoi immaginare, non è una mia frequentazione abituale – e ho trovato anche una recensione molto dura del tuo libro…»
«Sì, mi hanno detto che l’hai postata, e so che questa mamma mi critica dicendo, sostanzialmente che credo di dispensar consigli da pedagoga, ma ti dico: non è affatto quello lo spirito. Io non mi sento una pedagoga…»
«Ma la domanda è, visto che vuoi fare l’autoironica, la inviteresti in trasmissione una mamma che ti ha criticato così?»
«Ma assolutamente sì. Se no che “forum” è? Non può mica essere un peer-to-peer di persone che la pensano tutte allo stesso modo. Ci piace dare voce alle opinioni più diverse, ma non vogliamo cadere nel dibattito del salotto da domenica pomeriggio, con il muro contro muro. Mi importa, avere spunti di riflessione diversi sul tema, ma non contraddittori contrapposti; mi piace avere idee diverse, portate con autenticità, non con rabbia né con polemica (che sono una tipologia di comunicazione un po’ sgradevole, a volte presente nei forum). Ma le opinoni diverse ben vengano, se sono costruttive».
«Nel caso sareste una specie di eccezione. Lo sai bene che tutti quelli che parlano della grande interazione della tv col web fanno parlare solo quelli che danno solo commenti positivi».
«Ma guarda, dipende anche dal taglio del programma. Comunque, come sempre, l’importante è che siano critiche espresse con un senso di rispetto verso il prodotto. Perché ovviamente ci vuole il rispetto per la squadra di persone che lavorano: io tendo sempre a difendere il prodotto e la squadra.»
«E questo è logico».
«Detto questo, assolutamente, spazio a tutti quelli che esprimono, anche polemicamente, le proprie idee. Ma se uno non capisce il senso, lo spirito, e si prende troppo sul serio, allora non è che ci si mette a perdere tempo. Se invece la provocazione è interessante, intelligente, puntuale, avrà assolutamente spazio nella nostra trasmissione».
«Allora una provocazione te la faccio io. Tu conduci incinta. Hai avuto una figlia, sei autrice di un libro sul tema, sei anche stata ospite di Domenica Cinque a parlare di maternità. Non è che sei diventata vittima della mamma-mania delle vip quando rimangono incinta?»
«Assolutamente. Assolutamente sì! (ride) Non sfuggo da questo status tristissimo e patetico, anzi, ammetto che la gravidanza, la prima, mi ha stravolto la vita e ha messo come priorità nella mia vita la maternità: lo ammetto a mani alte, mi arrendo. Ma dall’altro lato, cerco sempre di essere coerente con quello che mi succede nella vita, non riesco a dissociare la Camila persona dalla Camila personaggio: porto in video il mio stato d’animo. E così, se quand’ero ragazzina facevo Loveline e parlavo di sesso, adesso parlo di maternità: il mio percorso televisivo sta seguendo in maniera coerente la mia vita. E io sono stata travolta dalle mie pance».
«Quindi sei una mamma molto normale e poco vip?»
«Sì, e anche una mamma che fa tanta autocritica. Sono stata l’antimamma, non sapevo da che parte cominciare, ora me la cavo un po’ meglio. Ho deciso di farne un punto di forza e di scherzarci su, anche in tv. Perché lottare con l’imperfezione non ti fa stare bene: meglio accettarla, ironizzarci.
«Ti sei occupata di una serie di tematiche, la maternità, il sesso, la morte, cercando sempre “modi altri” per parlarne. Non credi che questo rischi di farti percepire come una “maestrina” che sale in cattedra?»
«In 17 anni di carriera, però, non mi è mai stata mossa questa critica, né da critici televisivi affermati né dal pubblico che mi guarda né dai miei direttori di rete. Probabilmente, se continuano a mettermi in quel ruolo – e qui mi faccio un complimento – è perché ho trovato un buon equilibrio fra temi del quotidiano e il riuscire a non mettermi in cattedra. Sono al livello del telespettatore, lascio ad altri il compito di “spiegare”: a Loveline era Marco Rossi, ad Amore Criminale i carabinieri, i magistrati, in questo caso le mamme, i genitori che raccontano le loro esperienze. Cerco di fare un collegamento fra i vari argomenti, non mi sento maestrina».
«Ecco, tornando al programma, c’erano un po’ troppi argomenti in trasmissione. A volte mi sembra che la tv contemporanea stia cercando di seguire la fruizione schizofrenica alla YouTube. Per esempio, era interessante il tema “come cambia la coppia, dopo il primo figlio”, ma è stato risolto velocemente. Non rischiate di essere schiavi della scaletta e del ritmo?»
«Ecco, questa è una critica giusta, vera. Alla fine della diretta ho pensato: troppi argomenti bisogna sceglierne meno. Invece di sei, due ma in maniera un po’ più profonda. Sono assolutamente d’accordo e raccolgo la critica, e la faccio mia. Sarà una priorità.
«L’amore, il sesso la maternità, la morte. Il prossimo tema?»
«(Ride) Aseptta, ho appena iniziato con questo, mi aspettano dodici settimane, poi devo partorire e poi, poi vediamo. Non ho idea, perché poi quando sono concentrata su un progetto sono proprio “vittima” di quel progetto lì. Mi auguro solo di non dovermi mai vergognare di quello che faccio: che il prodotto sia un prodotto nobile, difendibile, dignitoso. Prima dell’ascolto, della furberia, a me quello che interessa è la qualità delle cose».
«Ecco, l’ascolto. Quindi anche se il programma non è andato bene, si continua…»
«Be’, ce lo aspettavamo. Di fatto la rete è stata spenta per anni. Anche la Dandini, siamo tutti lì. Se il prodotto c’è e ci si crede… la rete sa che se vuole accendere la rete dal nulla, è normale che bisogna fare un percorso lungo e bisogna crederci.
Del resto è una questione di abitudine. Se non c’è offerta… adesso il mio compito è non solo attirarli, ma farli rimanere. Ma non abbiamo l’ansia da prestazione. E’ uno spazio che va creato. Ma naturalmente dobbiamo migliorare. Quindi, si lavora a testa bassa per farlo.»