Home Barbara Carfagna a TvBlog: “Codice, la vita è digitale: il servizio pubblico che aiuta a comprendere il presente e il futuro”

Barbara Carfagna a TvBlog: “Codice, la vita è digitale: il servizio pubblico che aiuta a comprendere il presente e il futuro”

Intervista alla conduttrice e all’ideatrice di “Codice: la vita è digitale”, che riparte stasera su Rai 1 con la terza stagione: “Dalla descrizione dei prodotti, all’analisi dei processi”.

pubblicato 1 Agosto 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 16:15

In televisione, la divulgazione tecnologica ha il volto di Barbara Carfagna. Ideatrice e conduttrice di Codice: la vita è digitale, la giornalista del Tg1 torna oggi al timone della terza edizione della trasmissione, in onda su Rai 1 in seconda serata, alle 23.45. In occasione dell’esordio, Barbara Carfagna ha risposto ad alcune domande e condiviso alcune riflessioni sulle novità della stagione del programma, sullo stato di salute digitale in Italia e sul rapporto fra media tradizionali ed Internet.

In che cosa si differenzia la terza stagione di Codice dalle altre già andate in onda?

Viviamo ormai in un periodo in cui tutte le trasmissioni televisive parlano di digitale, così abbiamo deciso di fare un’ulteriore mossa in avanti, passando dalla descrizione dell’innovazione dei prodotti, all’analisi dei processi. Un’operazione non facile, almeno dal punto di vista della comunicazione, perché bisognerà far capire al pubblico come funzionino i meccanismi della società moderna in cui già si trova. Come servizio pubblico, crediamo che sia fondamentale riuscire a fornire in tempo le indicazioni necessarie per capire il presente e il futuro della comunità digitale. Negli anni passati, abbiamo regalato dati ai colossi dell’informatica, Google e Facebook, senza pensarci troppo e non facendo pagar loro le tasse, perché non capivamo cosa stesse succedendo. Ora si sta costruendo una nuova fase del digitale, quindi è importante indagarne le dinamiche e non arrivare sprovveduti. Meno app, meno esperienze da laboratorio, più politica digitale.

Qual è l’attuale livello di alfabetizzazione digitale in Italia?

La consapevolezza degli strumenti e delle tecnologie informatica è ancora eterogenea in Italia, una consapevolezza a macchia di leopardo. Non è una questione di aree o regioni precise, anche se è evidente che Milano è la smart city italiana per antonomasia. Nel resto dello Stivale, la situazione è più complessa, legata soprattutto alle infrastrutture e ai fattori di connessione. Ci sono zone di eccellenza assoluta, ad esempio Matera, che dopo la nomina a Capitale Europea della Cultura per il 2019 si è arricchita di hub e acceleratori; tuttavia, nel resto della regione, non c’è la stessa pervasività. Alcune start-up di alto livello sono nate e si sono sviluppate in luoghi impensabili, come in monasteri in Umbria. Di sicuro, non è possibile fare una semplice distinzione fra Nord e Sud, come si faceva in passato.

Anche la Rai sta investendo grandi risorse per la promozione delle nuove tecnologie, contribuendo attivamente all’educazione al digitale e adeguandosi ai bisogni dei telespettatori.

Sì, anche se c’è ancora bisogno di un’ulteriore accelerazione. Si sono create le strutture, come RaiPlay, e altri passi in avanti si faranno per effetto della nuova governance dettata dalla riforma di Fabrizio Salini (amministratore delegato Rai, ndr). Novità di quest’anno, ad esempio, è stata che il Tg1, prodotto di massa sempre prudente a cambiare tipo di contenuti, ha dedicato almeno tre servizi al giorno all’innovazione. La rivoluzione dei prodotti è ormai del tutto sdoganata, anche per il pubblico che non era così scontato che si potesse raggiungere in Italia fino a qualche tempo fa. Un grande rischio per il programma, a livello di ascolti e di pubblicità: ce lo siamo presi perché il gioco vale la candela, una scommessa nata insieme a Codice e rinnovata adesso per la terza stagione, col fuoco puntato sui processi.

Ha mai riscontrato difficoltà nell’adattare il linguaggio complesso della tecnologia, spesso astruso anche per i nativi digitali, al pubblico variegato di Rai 1?

Mi sono preparata sul target del canale e su quello della fascia oraria di riferimento. Ho condotto tre trasmissioni diverse in passato, connesse ai temi di Codice: Infosfera, che andava in onda il sabato mattina alle 10, una fascia di grande popolarità e ascolto; Tv7, in cui servizi da sette minuti sulle nuove tecnolgie si alternavano ad altri argomenti; gli Speciali del Tg1 da un’ora, che mi hanno consentito di entrare nelle maglie della complessità dei temi legati al digitali. Svolgendo questi approfondimenti dal 2009, ho studiato i linguaggi e ho notato che l’arte è uno strumento che aiuta molto nella comprensione. L’arte dà concretezza a concetti astratti, difficili da rappresentare anche con le immagini fornite dalle aziende, spesso troppo fredde per il mezzo televisivo. In quest’opera di divulgazione, ci hanno aiutato tutti i musei e le fondazioni culturali italiane, prima fra tutte la Biennale di Venezia, che da quattro anni ci offre l’opportunità di usare il loro materiale. Anche la Fondazione Prada, il MAXXI e il MACRO di Roma, le mostre di Palazzo Strozzi hanno contribuito alla realizzazione della trasmissione. Inoltre, il team che lavora a Codice è molto affiatato, ogni redattore collabora con l’altro: ci correggiamo vicendevolmente, studiamo insieme per capire come semplificare e non impoverire i contenuti. L’intelligenza collettiva è fondamentale: con Massimo Cerofolini, che su Rai Radio 1 si occupa di innovazione con il programma Eta Beta, sono sempre alla ricerca del modo con cui rendere accessibile a tutti il linguaggio, senza alterarlo o banalizzarlo.

Spesso anche la dimensione ludica aiuta nell’apprendimento.

E non a caso la puntata di stasera, la prima della terza edizione, è dedicata al gaming, in particolar modo a come i meccanismi di gioco vengono applicati sempre più spesso a contesti diversi: la politica della città di Seoul, la lotta all’analfabetismo in alcune regioni dell’Africa, lo sport, l’insegnamento della cyber-security in Israele, dove viene calcolata la quantità di dopamina che il corpo produce durante una sessione di gioco, sempre in funzione dell’insegnamento. Videogiochi in tutto e per tutto, ma non solo, come i visori per la realtà aumentata distribuiti nei reparti pediatrici, che hanno effetti benefici sulla salute dei pazienti. Non mancheranno alcuni dilemmi etici: moralmente, sarà corretto affidarsi al gioco per fare politica, ad esempio?

Una risposta che deve giungere anche dalle analisi di chi si occupa di divulgazione. Ma la teledidattica è ancora attuale quando si parla di innovazione tecnologica o è ormai la serialità, prodotti come Black Mirror, che arriva laddove la tradizione stenta?

Senza dubbio, la copertura dell’informazione sul mondo digitale non è ancora sufficiente, quindi ben venga se anche le serie si interrogano sul mondo di oggi e di domani per scongiurare il pericolo di una dittatura dell’algoritmo. Pur di non ritrovarci in situazioni che possono essere realmente rischiose, qualsiasi mezzo risulta lecito. Tutta l’Europa è di fatto colonizzata da Stati Uniti e Cina, la classe politica nazionale è scarsamente formata sui temi in oggetto, ma è ora di cominciare a rispondere ai cambiamenti. La missione di Codice è proprio questa: rendere le persone cittadini ed elettori consapevoli, anche nell’era digitale.

Rai 1