Home Fabio Fazio Claudio Magris a Che tempo che fa e Quello che non ho. Fabio Fazio è il nostro Mecenate?

Claudio Magris a Che tempo che fa e Quello che non ho. Fabio Fazio è il nostro Mecenate?

Grazie al conduttore di Sanremo l’autore della Maturità 2013 non era sconosciuto

19 Giugno 2013 18:15

Claudio Magris chi? Ma come! Non conoscete Claudio Magris? Ignoranti, basta leggere i quotidiani. Oggi il web post-prima traccia della Maturità 2013 è diviso tra guelfi e ghibellini.

Poi c’è chi, come il sottoscritto, su Magris coma firma o letterato del firmamento ultracontemporaneo non si era mai soffermato. Ma che, da telespettatore onnivoro per lavoro, aveva “scoperto” Magris in tv, a Che tempo che fa.

Ebbene sì, la tv non è un demone maledetto che imbarbarisce e basta, ma può diventare uno strumento di conoscenza attraverso la promozione. Magris è andato ospite da Fabio Fazio, per la prima volta, nel 2011 per presentare il suo libro Livelli di guardia – Note civili 2006-2011, raccolta di interventi sul degrado sociale, civile ed etico dell’Italia di oggi. E’ stato presentato come scrittore e germanista, nonché docente di letteratura tedesca nelle Università di Torino, Trieste e Parigi.

Magris incominciò un discorso interessantissimo sulla mancanza dei valori nella società contemporanea, a partire da un Premier, oggi ex, che è il primo a mancarsi di rispetto da solo:

“E’ andata in crisi, prima di parlare di problemi etico-politiici, una virtù fondamentale, che il vecchio Kant considerava la base: il rispetto. Una sera, a cena con mia moglie, facevamo lo zapping alla televisione e per un paio di minuti abbiamo creduto di assistere a un’aggressiva e volgare parodia fuori posto nei confronti del Presidente del Consiglio, di cui io non sono un fan ma che considero con il mio rispetto per le istituzioni persona verso cui avere tutti i riguardi. Si vedeva un attore molto simile a lui, circondato da belle ragazze poco vestite, che diceva “è lei che mi ha toccato il culo” e invece era lo stesso interessato, non era un sosia. Questa cosa mi ha fatto sentire molto colpevole. Se qualche cosa, che per me era una parodia aggressiva, fatta in modo fazioso, per ridicolizzarlo, invece è stata studiata da un efficiente ufficio di propaganda per dargli un valore, vuol dire che io non capisco il mondo e questa è sempre una colpa”.

Poi proseguì:

“Io qui non sono venuto in mutande. Sarebbe stata un’inqualificabile mancanza di riguardo e di rispetto, che si trascina anche su tutto il resto. Il rispetto formale non è mai solo formale. La colpa è di tante persone che non credevano questo fosse possibile e sono stati colti di sorpresa”.

Fazio, da buon conduttore-intellettuale, gli tenne testa nella conversazione in maniera colta e forbita:

“C’è una rottura tra il significato delle parole e il loro significante. Dall’astrazione alla realtà si è rotto qualcosa. Tutto andrebbe nominato in modo corretto”.

E Magris replicò:

“Si è rotto il peso delle parole, il fatto che quando si dice una cosa, soprattutto pubblicamente, non si può il giorno dopo smentirla con i fatti. Non per seriosità, perché la vita è fatta per godersela. Ma questo è possibile soltanto in un clima di reciproco rispetto.”

Poi, ancora, si scagliò contro la parodia della democrazia, le campagne che combattono in Italia le finte repressioni anziché quelle vere e chiosò con una bellissima metafora sull’utilità della cultura:

“Non occorre aver studiato il latino per sapere che il soggetto va il nominativo e il complemento oggetto all’accusativo, se no non si capisce chi ruba e chi è derubato e si finisce per mettere in galera chi è derubato”

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Nel maggio 2012 Claudio Magris ritrovò Fabio Fazio su La7 per Quello che non ho, il programma realizzato con Saviano da Torino in concomitanza con la Fiera del libro. Il conduttore lo invitò a spiegare una parola che non c’è sul vocabolario, Centometri. Mirabile anche allora l’intervento dello scrittore:

“Le parole hanno una storia in ognuno di noi e possono, d’improvviso, cambiare di significato. Amore, ad esempio, può evocare felicità e di colpo, per qualche inatteso terremoto del cuore, diventare sinonimo di dolore o disgusto. Sino ad alcuni mesi fa Centometri non era, come è facile immaginare, una parola ricca di particolari echi; tutt’al più evocava con qualche passione la vittoria, alle Olimpiadi di Berlino del 1936, di Jessie Owens, il velocista nero che aveva umiliato il Führer, e un piccolo orgoglio personale per essere stato, al liceo, un valente corridore. Alcuni mesi fa, visitando il Collegio Universitario di Torino, dove ho trascorso gli anni dei miei studi, ho scoperto i Centometri . Oltre a quello maschile c’era, rigorosamente distinto e in un altro quartiere, il Collegio Femminile , dove ovviamente noi studenti non potevamo entrare. Non sto a contestare questa separazione, oggi per fortuna inesistente e spiegabile con la mentalità del tempo. Ma ho appreso che, nel regolamento del Collegio, c’era una norma che vietava a noi ragazzi di avvicinarci a meno di cento metri al Collegio. Dunque se un ufficio postale o una fermata del tram di cui avevamo bisogno si trovavano, poniamo, a 43 o a 62 metri dal Collegio femminile, non avremmo potuto usufruirne e avremmo dovuto fare chissà quanti giri. Chi banalmente pensasse a una bigotteria clericale sbaglierebbe di grosso, perché la mentalità dominante nella direzione del Collegio era profondamente laicista, anticlericale. Naturalmente quella norma non veniva mai applicata, ma mi spiace di non averla a quel tempo conosciuta, perché mi sarei divertito ad denunciare vari amici, oggi nomi illustri della cultura italiana, di essere arrivati a 28 o a 70 metri, mettendo in pericolo la morale. ?Centometri, simbolo dell’assurdità di tanti divieti mentre avremmo bisogno di molti altri, meno imbecilli e ben più necessari. Comunque, anche se non con la velocità di Jessie Owens, quel traguardo noi di quel Collegio Universitario torinese l’abbiamo raggiunto, in generale, non troppo male.”

Che vuol dire tutto questo? Che Fabio Fazio, il conduttore del Festival di Sanremo più visto e colto degli ultimi anni, è ormai il nostro spacciatore di nozionismo moderno, il Mecenate dei giorni nostri che detta l’agenda setting di ciò che dobbiamo sapere e conoscere.

Fazio, insomma, ci fa fare una cultura al punto da non farci sentire in imbarazzo se non abbiamo letto Magris, ma un giorno ne abbiamo o lo abbiamo sentito parlare. Oggi come oggi neanche un editore ha lo stesso potere. Persino Pasolini se ne compiacerebbe.

Fabio Fazio