Claudio Cecchetto ha nominato il suo erede naturale. Nel fare il punto sul nuovo scouting fatto dai talent, in un’intervista di Andrea Scanzi a Reputescion, ha espresso la sua sentenza:
“I talent bisogna tener presente che sono dei prodotti televisivi, uno deve sapere che questi prodotti hanno bisogno di un riscontro immediato il giorno dopo. E’ fatto tutto in funzione di quello. Quindi quando vinci un talent è come se ti avessero dato una bicicletta. Da quel momento in poi devi pedalare. Il primo grande talent è stata la sezione Giovani del Festival di Sanremo ma, rispetto ai talent attuali, i Giovani hanno sempre avuto dietro un produttore, qualcuno che li ha seguiti e molto probabilmente li seguirà. Invece in questi talent tu sei sotto la produzione del talent, ti parcheggiano lì, se vai bene di tuo ne approfittano, se non vai bene di tuo ciao. L’unica cosa che ho apprezzato è quello che ha fatto Fedez, che probabilmente si è messo d’accordo con la produzione e ha continuato a seguire i suoi ragazzi, non lasciandoli con un contratto in mano. Da subito ero convinto che avremmo sentito parlare di lui e avrebbe avuto tanto successo”.
Quando, invece, ha cominciato a fare il talent scout, Cecchetto ha sempre dato un consiglio alle sue scoperte:
“Ho detto a tutti ‘fai un po’ meno, se no la gente si spaventa’. Eccedevano nel loro stile, come oggi, però il problema è che oggi sono conosciuti e te lo aspetti. Faccio l’esempio di Fiorello. Se adesso entra in una festa e c’è un matrimonio si fermano tutti e si aspettano da lui qualcosa. Gli sposi passano in secondo piano. Lui è sempre stato così, se una volta fosse entrato in un matrimonio e cominciava a fare festa gli altri cosa avrebbero pensato? La trasformazione che c’è stata è ‘entra piano, poi vedrai che saranno gli altri a volere da te quello che sai fare'”.
A quanto pare lo showman ha sempre avuto paura di non avere successo:
“Temeva di essere il mio primo flop. Stava entrando in un’organizzazione di musica straniera, mentre lui anche a livello vocale è un italiano puro. Entrava nella mia Radio Deejay e si sentiva i Depeche Mode. Mi diceva ‘ma come fa a lanciare me, che io sono più adatto a fare canzoni melodiche?’. Ma quando uno è forte bisogna solo trovare la chiave, quando uno è forte è forte. Io, appena mi accorgo che non vai più bene, cambio subito per non perdere tempo e non disperdere energie. Ti capita quando sono troppo impazienti, quando qualcuno vuole le cose subito. Gli dicevo, sempre quella è la porta…”.
Cecchetto non è mai stato una persona umile e lo ha confermato anche ieri sera su La3:
“A me piace considerarmi talent scout, perché il disc jockey è talent scout quando va in discoteca. A me piace essere molte cose, già sono stato fortunato ad entrare in televisione, però mi piacerebbe essere un rapper, uno showman, un cantautore. Aiutando le persone che valgono sono un pezzettino di Gerry, un pezzettino degli 883, di Jovanotti e di Fiorello. Per produrre personaggi così diversi bisogna avere una mente… Io, rispetto ai grandi della televisione ma anche ai miei, non ho fatto la gavetta. L’ho fatta nel senso sotterraneo, io non ho fatto altro che quei cinque anni di gavetta radiofonica che mi hanno preparato alla televisione. Sono stato fortunato perché stava nascendo la televisione, non c’erano delle regole, le inventavi, facevi. Invece adesso ci sono delle regole canoniche. Io mi son trovato a fare tre Festival di Sanremo uno dietro l’altro e al secondo, trovandomi il pubblico che mi saltava addosso, ho pensato con un po’ di immodestia: ‘Ho capito i Beatles’. Quando arrivi a quei livelli lì dici ‘Oltre questo dove vai?’. Puoi solo riprodurre questa cosa qua”.
Peccato che negli ultimi anni Cecchetto vada avanti solo ad autocelebrazionismo (e gettoni di presenza nei baby-talent)…