Cinque minuti e la striscia post-Tg1. Da esigenza imprescindibile ad ennesima aggiunta
La striscia serale post-Tg1 ha una storia lunga. Se un tempo a far discutere era il nome del conduttore, oggi si ragiona sull’utilità del programma, a fronte di proposte analoghe in onda in contemporanea
Se l’ennesima striscia informativa in access-prime time porta a chiederci se fosse necessaria a fronte di altre quattro proposte analoghe in onda altrove, fino ad una ventina d’anni fa il problema di una pillola d’approfondimento post Tg1 proprio non si poneva. C’era e basta. Il dibattito semmai verteva sul possibile conduttore.
La striscia fu occupata da Enzo Biagi per sette anni, dal 1995 fino al 2002, quando Il Fatto chiuse in seguito alle conseguenze dell’editto bulgaro. Si trattava di un appuntamento quotidiano tra i cinque e i dodici minuti.
“Nacque sia per un’esigenza di palinsesto che economica”, raccontò al Fatto Quotidiano Loris Mazzotti, storico collaboratore di Biagi. “Raddoppiare il break pubblicitario nella fascia di maggior ascolto tra la fine del Tg1 e l’inizio della prima serata di Rai1, mantenendo il pubblico del telegiornale”.
Erano i tempi in cui il prime time cominciava prima delle 21, pratica che sarebbe stata abbandonata con l’avvento di Affari Tuoi, capace gradualmente di aumentare il suo spazio (in origine simile a quello destinato allo stesso Fatto) in un’ottica di crescente e sempre più agguerrita competizione con Striscia la Notizia.
Di approfondimento post-tg si tornò comunque a parlare presto. Il 15 marzo 2004 prese infatti il via Batti e ribatti, con alla guida Pierluigi Battista, che andò a riprendersi lo spazio di Biagi, generando l’inevitabile (e devastante) paragone col predecessore. L’innesto si rivelò tuttavia più complicato, perché nel frattempo il game di Paolo Bonolis aveva preso il volo, arrivando persino a superare la trasmissione di Antonio Ricci. Ecco allora che ci si cominciò a preoccupare della qualità del traino e del tempo che avrebbe rosicchiato al gioco, oltre che alla prima serata.
Nel 2005 il testimone passò a Oscar Giannino che, a sua volta, lasciò spazio l’autunno successivo a Riccardo Berti. Batti e ribatti venne archiviato ad inizio 2006, subito sostituito dal Dopo Tg1, condotto dal 9 gennaio al primo giugno dal direttore del notiziario Clemente Mimun. Il mini contenitore sarebbe potuto finire tranquillamente nel dimenticatoio se il 15 febbraio Roberto Calderoli non avesse deciso di spedirlo clamorosamente sui libri di storia televisiva e non: l’allora Ministro per le Riforme slacciò i bottoni della camicia per mostrare una vignetta satirica su Maometto stampata sulla maglia. La trovata generò tensioni internazionali, con tanto di assalto al consolato italiano a Bengasi. Calderoli si dimise, mentre il processo alla Rai durò per giorni dal momento che l’intervista all’esponente leghista era stata registrata diverse ore prima.
Tempo un lustro e l’esigenza della striscia riemerse. Annate 2011-2012, titolo Qui Radio Londra, timoniere Giuliano Ferrara, spettatori di fronte al video pochi.
Fu l’ultimo acuto per un genere che, col passare del tempo, si sarebbe diffuso a macchia d’olio. Ad Otto e mezzo, su piazza da oltre vent’anni, si sono affiancati strada facendo Stasera Italia su Rete4, il Tg2 Post su Rai2 e il recentissimo Il cavallo e la torre che, curiosamente, prende il via su Rai 3 negli istanti in cui Bruno Vespa saluta sull’ammiraglia.
Il lancio di Cinque Minuti spiazza quindi non tanto per la presenza del giornalista aquilano, quanto per l’overdose di proposte analoghe, in contemporanea o quasi.