Ci vuole un fiore… ma anche più ritmo: ‘la tassa green’ azzoppa il lato show/varietà
Ci vuole un fiore, la parte dedicata all’ambiente ed ecosostenibilità appesantisce il ritmo dello show: la recensione
Quanto è difficile fare un varietà, in tv, nel 2023. Pure una professionista come Loretta Goggi, nelle scorse settimane, ha faticato, con la sua “Benedetta primavera”, a trovare un equilibrio tra passato e presente, dimostrando comunque il suo lato artistico a 360 gradi (cantante, conduttrice, imitatrice). La tv di oggi è cambiata, le idee originali sono poche e, spesso, sembra più facile affidarsi a programmi già noti rispetto a novità da rodare. E il varietà, lo show in prima serata, soffre. Stasera, come annunciato dallo stesso protagonista Francesco Gabbani, l’idea -con “Ci vuole un fiore”- era proprio di riportare il varietà “a tutti gli effetti”. La missione, però, non è riuscita del tutto.
Dopo le doverose promesse sulla difficoltà di dare vita ad un programma del genere, il tutto si complica ancora di più se, l’elemento chiave dello show -l’ecosostenibilità- diventa, per assurdo, il lato più complicato da gestire. Unire ‘il serio con il faceto’, la divulgazione con lo spettacolo, necessita di un equilibrio davvero arduo da trovare. E anche passare da un tono all’altro non è semplice. “Ci vuole un fiore” unisce il tema dell’ambiante, dell’attivismo e della sensibilizzazione, portando sul palco diversi ospiti -famosi o non famosi- che devono portare “un fiore“, un gancio per presenziare. E allora scatta il breve monologo “Sanremo style” sull’importanza della natura nella propria vita (da Giusy Buscemi con il racconto della sua coltivazione di avocado a Mr Rain che fa un ode alla pioggia). E ritroviamo Ornella Vanoni in studio che legge una poesia sulle api (cit.) mentre Francesco Gabbani, al pianoforte, canta “Un sorriso dentro al pianto” e lei lo accompagna, fuori programma, seduta sulla poltrona. Si accenna ad un prossimo brano che canterà ma non si sa più altro.
Francesco Gabbani è a suo agio nel ruolo di conduttore e riesce anche da apparire credibile “da solista”, senza la spalla di Francesca Fialdini, presente nella prima edizione del programma. Ma è faticoso riuscire a (man)tenere il fil rouge ambientalista (lodevole, eh, per carità…) per circa due ore e mezza. Dal documentarista alle due ragazze attiviste, passando per l’urgenza acqua nel mondo e l’incubo plastica, tutto assume troppo il sapore di una serie di lezioni necessarie e prediche già sentite. Nessun intento da docente o da primo della classe, Gabbani cerca di schivare -per fortuna!- questo rischio ma, inevitabilmente, la sensazione è quella.
Lo show appare ogni tanto, sempre partendo però da questioni ambientaliste. E allora ecco ‘la scusa’ per cantare Viceversa o per duettare con Levante in “L’anno che verrà” di Lucio Dalla. Ma il tema dell’ambiente, l’argomento green è immancabile e, per assurdo, è quello che spezza il ritmo e la continuità del racconto. E appesantisce il tutto.