Cheyenne a TvBlog: “Largo alla musica indipendente a Territorio Italiano. Ma non snobbo (più) Valerio Scanu e i talent”
Nei giorni in cui la musica in tv fa più notizia che mai, TvBlog dà voce a una professionista del settore veramente in gamba: Francesca Cheyenne. Una delle vee-jay più “mature e patentate” della categoria, tornata da qualche anno a Match Music alla luce di un’esperienza da vendere, da domani lancia una nuova sfida nel
Nei giorni in cui la musica in tv fa più notizia che mai, TvBlog dà voce a una professionista del settore veramente in gamba: Francesca Cheyenne. Una delle vee-jay più “mature e patentate” della categoria, tornata da qualche anno a Match Music alla luce di un’esperienza da vendere, da domani lancia una nuova sfida nel suo storico programma, nonché marchio di punta della rete.
Territorio Italiano, in onda su Match Music (canale 716 di Sky) ogni martedì, da domani alle 18.00 avvia una partnership con il concorso artistico web U Sound. Il portale, dalla vocazione simile a Myspace ma con origini tutte “italiane”, darà la possibilità ai suoi iscritti più gettonati di approdare alla vetrina televisiva satellitare. Abbiamo contattato Cheyenne per partire dalla sua ennesima scommessa che va controcorrente, un’alternativa alla “talentcrazia” più che l’utopia di un’inversione di tendenza.
La tua nuova missione è, dunque, “largo alla musica indipendente che non si vede mai”, almeno su Match Music.
“Era ora! E’ un’iniziativa encomiabile, in tempi – non per fare polemica – invasi da talent show e prodotti a tavolino, ovvero semplici operazioni di marketing. Io trovo che U Sound possa rappresentare una valida alternativa, un banco di prova ulteriore per i giovani emergenti. E il tutto avviene perfettamente in sintonia con lo sviluppo tecnologico. Si può, infatti, scaricare una “suoneria alternativa” di un artista sconosciuto, rispetto alla musica passata nelle radio e nei principali network televisivi”.
La vera occasione resta, però, l’opportunità di ricevere promozione in tv, non trovi?
“Certo, il gruppo o artista più votato viene in studio da noi e ha una vetrina dove potersi esibire. Poi può raccontare il suo percorso e le sue aspirazioni. A una sola condizione: deve essere sconosciuto davvero. E’ questo il nostro obiettivo: partire da zero”.
Per te “lanciare artisti” è una sorta di ritorno alle origini. Ci ricordi per quanto tempo sei stata via da Match Music?
“Ho lavorato a Match Music, a volte dividendomi su più fronti, dal 1995 al 2002. Poi sono tornata da qualche anno riprendendo in mano Territorio italiano, la rubrica musicale che è sempre stata mia. Nel frattempo ho lavorato a Raidue, poi ho fatto teatro, radio su Rtl 102.5 e altre esperienze. Match Music, in ogni caso, la considero la mia casa, è la tv in cui sono nata. E mi sta molto a cuore il programma, perché è cresciuto con me negli anni”.
Com’è stato tornare a occuparsi di musica in tv, dopo un lungo periodo di stop? Quali cambiamenti hai riscontrato da insider?
“Tantissimi. Negli anni ’90 noi credevamo in un gruppo e lo portavamo avanti, facevamo interviste, seguivamo live. Gruppi come Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica, Bluvertigo, sono tutti nati insieme a noi e ne sono orgogliosa. Questa è un’operazione che ora non potrebbe essere fatta. Il ruolo delle case discografiche è stato sostituito dai talent show. E’ subentrato un altro sistema che, per carità, è il sistema di oggi. Io non ho nulla contro i talent”.
Eppure, ai tempi del tuo programma quotidiano My compilation su RaiDue, Aldo Grasso scriveva che eri insofferente al cantante famoso e “ti trasfiguravi” parlando di cose non commerciali. Era il 2002 e già c’erano difficoltà per veicolare la musica su una rete generalista.
“L’età e l’esperienza ti cambiano. Quel tipo di approccio che avevo appartiene molto alla giovinezza. Allora ero più pura e più dura, avevo le mie idee e le portavo avanti. Adesso ho capito che per ottenere certi risultati è necessario avere un atteggiamento più morbido, senza alcun tipo di preclusione. Pur non rinnegando il mio percorso, di cui vado ben orgogliosa, col passare degli anni capisci che puoi aver avuto opinioni ristrette. Ora so che c’è del buono in una canzone di Marlene Kuntz come di Tiziano Ferro, ognuno con il suo genere e la sua storia. Penso che solo gli idioti non cambino mai idea. Perciò a Territorio italiano ospito da Valerio Scanu ai Dari passando per gli Afterhours, mi si è allargato l’orizzonte”.
Insomma, chi chi fa il tuo mestiere deve “prendere atto” dei talent show, anche se invadono Sanremo?
“Con Sanremo abbiamo avuto la conferma che la televisione ha messo i tentacoli sulla musica e che è la musica al servizio della televisione e non il contrario. E’ un passaggio obbligato. Io ne prendo atto, ma non so dove si andrà a finire. Mi pongo certo degli interrogativi, ma sono comunque contenta per gli artisti dei talent che riescono a raggiungere dei risultati e meritano. Io ho amato molto la canzone sanremese di Marco Mengoni ad esempio, che è comunque un personaggio uscito da X Factor. Non è che il talent show esclude la qualità”.
Quindi cosa proponi per “gestire” meglio il sistema, senza la pretesa di cambiarlo?
“Secondo me radio, tv e case discografiche dovrebbero lavorare in sinergia perché la musica abbia il giusto spazio e la giusta dignità. Bisognerebbe interessarsi con consapevolezza alla musica italiana in ogni sua forma ed espressione, senza barriere mentali. Ma con le debite proporzioni, considerando chi ha una carriera decennale e chi è appena nato diventando un fenomeno”.
Alla luce della tua esperienza, a livello internazionale se la passano meglio di noi?
“E’ una domanda che spesso rivolgo a miei ospiti, che hanno la possibilità di suonare all’estero più di quanto io ci possa andare occasionalmente. In Francia e Germania c’è in generale un’attenzione maggiore alla musica perché hanno più spazi adatti, veri auditorium preposti all’ascolto. Poi hanno un nazionalismo spiccato anche nei confronti delle proprie risorse discografiche: l’80% del loro palinsesto musicale è di musica tedesca o francese. Al di là del discorso dell’iva che è europeo e non apre a tante possibilità, penso ci sia una diversità culturale tra noi e loro. Noi siamo un grande paese che dovrebbe essere meno esterofilo”.
Ricordo un tuo programma su RaiDue, Onorevole vj, dove avvicinavi i politici ai giovani. E dire che l’avevi sperimentato nella versione Fuori camera su Match Music… Se dovessi dare consigli a un aspirante vj di nuova generazione, suggeriresti di spaziare tra i generi come hai fatto tu?
“Io suggerisco a ognuno di seguire le proprie inclinazioni. Personalmente, quando mi chiedo se ho fatto scelte giuste o meno, penso di aver seguito la mia natura. Magari avrei potuto fare di più o meglio, ma sono soddisfatta del mio percorso. Io non mi sento di dare altri consigli ai giovani, se non di studiare e applicarsi. Non c’è nessun lavoro che si possa fare con improvvisazione. Non è che uno diventa vj perché ha una bella faccia o una bella voce”.
Come oggi spesso accade, vuoi dire…
“Sì, se posso fare una critica, oggi trovo un approccio superficiale nel mio settore, che tradisce la mancanza di una conoscenza musicale approfondita. Noi, gruppo storico di Match Music, vivevamo per la musica. E’ per questo che ho fatto questo lavoro.
Salvo una piccola parentesi su Italia 1, dove nel 2001 hai condotto il programma Da dove dgt?. Allora sdoganavi il mondo delle chat anticipando le nuove mode crossmediali…
“Ricordo Da Dove dgt? con piacere. E’ la prima e unica volta che ho lavorato a Mediaset ed è stata una piacevole parentesi. L’argomento chat era molto all’avanguardia e il format è stato in seguito venduto all’estero. Ho fatto da apripista”.
Ringraziando Cheyenne per la sua preziosa testimonianza, non resta che continuare a seguire – in un’era povera di veri “pionieri” – le sue sfide professionali sempre nuove.