Chernobyl, la Russia ha già pronta la sua serie (con l’incidente causato da una spia USA)
L’incidente di Chernobyl frutto di un sabotaggio architettato dalla CIA: è questa la teoria portante della versione della russa NTV.
La Russia putiniana non ha apprezzato Chernobyl, la miniserie HBO e Sky che ha registrato grandi successi di pubblico e critica negli USA (tanto da guadagnare il rating più alto mai raggiunto da una serie su IMBD) che andrà in onda da lunedì 10 giugno su Sky Atlantic. I quotidiani filo.governativi non hanno mancato di criticare pesantemente la fiction Made in USA/UK, definendola una “parodia” infarcita di luoghi comuni sull’Unione Sovietica, assolutamente irrealistica e piena di errori, come sinetizza The Moscow Times.
Il dibattito in Russia, però, è acceso e non coinvolge solo chi vede nella serie occidentale un tentativo di screditare l’immagine della Russia come potenza nel settore dell’energia, ma anche chi sostiene che a raccontare quella catastrofe sarebbe dovuto essere uno dei paesi coinvolti. E invece né la Russia, né l’Ucraina, né la Bielorussia, tutte e tre fortemente colpite dal disastro, “hanno avuto il coraggio, i soldi, le competenze per realizzare un prodotto convincente come quello della HBO, per quanto pieno di inesattezze per chi ha vissuto quegli anni in Unione Sovietica. Il mondo ora conoscerà la storia in questa versione. Che i tre stati abbiano lasciato che la ‘loro’ storia fosse raccontata dalla rete di Game of Thrones non è certo un ‘delitto’ paragonabile a quello tutto sovietico di aver nascosto quanto successo” si legge nell’articolo dell giornalista russo Leonid Bershidsky sempre su The Moscow Times, ma li ha di fatto privati della possibilità di dimostrare di aver imparato dai propri errori.
Il dibattito critico e politico sulla miniserie Chernobyl in Russia, e nei paesi ex-sovietici, si muove dunque su un doppio binario: da una parte c’è chi vede nel racconto l’occasione per ripercorrere storicamente ed emotivamente quella vicenda, che ha segnato la vita di milioni di persone, dall’altra chi – sopratttutto in area filo-putiniana – punta a screditare il lavoro occidentale, liquidandolo come un tentativo di minare la grandezza della Grande Madre Russia. Atteggiamento questo che ci riporta dritti verso la Guerra Fredda. Entrambe le prospettive, però, evidenziano le forzature narrative e degli errori nella rappresentazione di una Unione Sovietica poco realistica, vicina piuttosto all’immaginario occidentale: un aspetto questo che accomuna sia chi vede la serie come una mossa propagandistica USA e sia chi mette sotto accusa le reticenze e le bugie dell’URSS ma non si riconosce nella messa in scena macchiettistica (e di luoghi comuni sull’Italia e gli italiani in film e fiction stranieri ne sappiamo qualcosa).
Chernobyl, la serie russa: tutte le info
Ma la Russia non è stata a guardare: mentre la HBO realizzava la sua miniserie, la NTV, già rete indipendente ora passata sotto il ‘controllo’ del Cremlino, lavorava sulla propria versione seriale della storia di Chernobyl. Girata nell’estate del 2018, la serie è composta da 12 episodi da 43′ realizzati in collaborazione con Amalgama Studio e con finanziamenti del Ministero della Cultura: questo spiega anche perché il regista Alexei Muradov abbia scelto una chiave decisamente diversa da quella proposta da Craig Mazin, ideatore, scrittore e produttore esecutivo della versione HBO, che ha impiegato anni per ricostruire con dovizia di particolari i fatti che hanno portato al disastro, le conseguenze delle radiazioni sulle migliaia di persone coinvolte e le indagini sull’accaduto. La linea scelta dalla NTV, infatti, è quella di sostenere la presenza di agenti CIA nell’impianto di Chernobyl il giorno dell’incidente, ovvero nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986. Presenza che farebbe quindi optare per un sabotaggio dell’impianto da parte delle spie occidentali. Una teoria che, secondo il regista, “trova il supporto di alcuni storici che non negano l’ipotesi che un agente dei servizi segreti stranieri si trovasse nella Centrale il giorno dell’esplosione“. Questa teoria è stata oggetto anche di un documentario del 2017 curato dall’ingegnere Philip Grossman, che ipotizzava la possibilità che si trattasse di un agente CIA, che all’epoca avrebbe avuto la capacità e le possibilità di infiltrare qualcuno. La teoria però è stata ampiamente screditata dagli esperti.
Torna però ora prepotentemente alla ribalta con la serie Chernobyl made in Russia: la storia si concentra sul periodo compreso tra aprile e dicembre 1986, puntando prima sugli eventi che hanno portato alla catastrofe e poi sul lavoro dei liquidatori che hanno messo in sicurezza la centrale nei mesi successivi. La serie inizia con la KGB ucraina che invia alla centrale russa un dispaccio relativo al crescente interesse dei servizi segreti stranieri sulla centrale nucleare di Chernobyl. Il tenente colonnello del controspionaggio militare Andrey Nikolaev (Igor Petrenko) che viene inviato a Pripyat per intercettare l’ufficiale della CIA Albert Lenz (Dmitry Ulyanov). Cerca di trattenerlo lì, ma si verifica l’incidente alla centrale. Durante l’evacuazione della città, peraltro, la figlia di Andrey scompare: il protagonista, quindi, deve trovare il sabotatore fuggito, ma anche la figlia, oltre a operarsi per limitare i danni da contaminazione.
“L’idea di una serie tv su Chernobyl è nata 5 anni fa. Questo programma mostrerà al pubblico cosa è successo nel 1986, partendo dalle ore precedenti al disastro, passando per l’esplosione e raccontando fino a qualche mese dopo. Mostreremo in dettaglio quello che è successo, soprattutto alle persone coinvolte”
ha dichiarato il regista. E in effetti, stando a quanto pubblicato dal sito TJournal, i primi finanziamenti al progetto, circa 30 milioni di rubli, sono arrivati dal Ministero della Cultura proprio nel 2014. I funzionari di governo avrebbero dovuto visionare una prima versione della serie già nel 2016, ma il termine è stato poi spostato all’aprile 2019. A giugno non è stato ancora mostrato nulla a nessuno. HBO dal canto proprio ha iniziato a lavorare alla sua versione nel 2013, girandola nel 2018. I tempi più o meno coincidono. La data di uscita del Chernobyl russo è fissata al 2019, ma non si sa quando di preciso.
In questa versione ‘putiniana’ siamo decisamente lontani dalla descrizione realistica di quanto avvenne quella notte e anche dal racconto dell’eroismo di Valerij Legasov e di Boris Shcherbina, che nella versione ‘anglosassone’ espioano le colpe di un Governo miope e terrorizzato dall’ammettere errori e debolezze con il loro diverso sacrificio.
[accordion content=”Il finale con la confessione di Valerij in tribunale, che in realtà non ci fu mai, tradisce lo stile molto ‘american way of ending’ di resa dei conti sacrificale, coram populo, di lotta per la verità che invece il protagonista condusse come una forma di resistenza, attraverso dossier (insabbiati dal Governo), articoli (mai pubblicati dai giornali), racconti sottobanco a colleghi ed esperti, fino ad arrivare ai celebri nastri che circolarono ampiamente negli ambienti scientifici e crearono un forte movimento di opinione per la modifica degli impianti nucleari esistenti e ancora a rischio. Quel finale tipicamente ‘americano’ stride però con la volontà di rappresentare una Unione Sovietica decisa a non affrontare pubblicamente le proprie colpe, sotto forma di errori tecnici e di bugie/omissioni. Si arriva a una contrapposizione buoni vs cattivi un po’ grossolana, giocata essenzialmente sullo scontro tra la ‘civiltà’ della trasparenza (che piace immaginare occidentale) come ‘vs quella dell’omertà (propria dei regimi). La storia stessa di Legasov mostra come la realtà anche in URSS nel post Chernobyl fosse molto più sfumata. In questo il potente realismo dell’incidente si indebolisce nel racconto delle indagini e del processo.
” title=”Attenzione – SPOILER – Aprire solo se siè vista la serie HBO altrimenti proseguire”]
Con la serie USA/UK però condivide la volontà di sottolineare il sacrificio delle tante persone che lavorarono alla Centrale nelle ore, nei giorni, nei mesi, persino negli anni successivi al disastro. La spia USA, però, moltiplica le ragioni di chi sperava che una serie russa potesse essere un’occasione per affrontare, emendare, espiare quella colpa nel modo più realistico e convincente possibile. 33 anni dopo evidentemente non è ancora tempo e sono un parte ancora minima di quello che occorre perché Pripyat torni ad essere vivibile…