Da lunedì 10 gennaio è tornato nell’access prime time di Rai 3 Che succ3de?, la fortunata trasmissione di Geppi Cucciari arrivata alla seconda edizione. Il programma, che tratta in tono leggero argomenti di attualità, si è occupato del caso che ha visto il tennista di fama mondiale Novak Djokovic trattenuto in un hotel di Melbourne in quanto non vaccinato.
L’Australia non ha ancora preso una decisione sull’espulsione definitiva. In compenso Che succ3de? ha voluto approfondire una vicenda che ha come teatro sempre il Park Hotel nel quale è rinchiuso lo sportivo serbo. All’interno della struttura sono infatti detenuti dei migranti, peraltro in condizioni assai discutibili (addirittura vermi nei pasti).
In questa occasione quindi Geppi ha intervistato Mehdi Ali, un ragazzo di 24 anni originario dell’Iran e trattenuto da ben nove anni nel Paese, senza che l’Australia gli riconosca lo status di rifugiato.
L’uomo ha dichiarato:
“In effetti è un hotel, ma si tratta di una struttura di detenzione, che viene utilizzato per le persone che non hanno i documenti. Noi siamo prigionieri di questo hotel. Non possiamo mai uscire, non possiamo prendere un po’ di aria fresca, non abbiamo neanche uno spazio per fare esercizi fisici, mentre Djokovic ha la sua stanza. Noi siamo sempre chiusi nelle stanze e per me è una vera e propria detenzione, da molto tempo”.
La conduttrice gli ha poi chiesto chi sia adibito a controllare che lui non possa mai uscire. Ali ha risposto:
“Ci sono sempre delle guardie, come una scorta, anche se abbiamo bisogno di andare all’ospedale, per andare in altre situazioni, proprio come dei criminali”.
Infine, Ali ha spiegato per quale motivo si trovi lì da così tanto tempo:
“Sono venuto in Australia il 2 luglio 2013 e ho visto che l’unica possibilità era rimanere qui per tutto questo tempo in detenzione, non c’era altra opzione. In pratica, tutte le persone che arrivano in barca in Australia, da quella data in poi, vengono mandate nelle isole, che si trovano lì intorno. Per esempio c’è Nauru, dove sono stato anch’io (si trattava veramente di un posto selvaggio). Sono rimasto traumatizzato e poi alla fine dopo sei anni su quell’isola sono entrato in Australia. Il mio obiettivo è la libertà, ma non posso uscire, non posso divertirmi come gli altri giovani”.