Luigi Cesaro legge il gobbo al TgR: quando un telegiornale si trasforma in un ufficio stampa
L’imbarazzante dichiarazione di Luigi Cesaro al Tg3 fa sorgere interrogativi (non nuovi) sul ruolo del giornalismo italiano.
Ha fatto il giro del web in poche ore la gaffe – sin troppo evidente – di Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, che nel corso di un’intervista concessa al TgR a proposito del World Urban Forum di Napoli si è reso protagonista di una brutta figura: come politico e come attore.
Nel servizio curato da Rino Genovese, infatti, Giggino ‘a purpetta (il soprannome con cui è conosciuto Cesaro) parla al microfono leggendo spudoratamente un gobbo situato davanti a lui: il gobbo, chiaramente, non viene inquadrato, ma può essere intuita la sua presenza con estrema facilità. Basta ascoltare la voce cantilenante di Cesaro, simile a quella di un bambino di terza elementare che recita una poesia a memoria, e guardare il movimento dei suoi occhi, che non lascia spazio a interpretazioni: sta leggendo.
Quello che a noi di Tvblog interessa, naturalmente, non è tanto il fatto che Cesaro legga un discorso che non è evidentemente farina del suo sacco (non è certo il primo politico a farlo e non sarà l’ultimo: caso mai, ciò che gli si può rimproverare è una capacità interpretativa simile a quella di Manuela Arcuri), quanto che ciò gli sia stato permesso dal telegiornale regionale della Campania (Rai, quindi servizio pubblico, ricordiamo), che trasforma in un’intervista una semplice comunicazione di Cesaro: passando, insomma, da tg a ufficio stampa, senza il minimo filtro. Anche in questo caso: non ci stupiamo minimamente, non è nulla di nuovo.
Non solo perché poche settimane fa abbiamo scoperto che in diverse tv locali i politici pagano per apparire, e anche in quelle occasioni il ruolo dei giornalisti viene completamente annullato. Ma soprattutto perché sappiamo benissimo che quando vediamo i politici parlare al telegiornale (Tg1 o Tg5, poco cambia) in quello che è stato ribattezzato “panino”, il giornalista spesso si limita a reggere il microfono e a ricevere una dichiarazione, senza porre domande.
E allora, viene il dubbio che il demerito di Cesaro sia solo uno: quello di non avere imparato la sua dichiarazione a memoria.