Celi! mio marito – Twitter ai tempi della filanda. E una signora Flora d’altri tempi (ma non quelli televisivi)
Una stimata autrice di satira allo sbaraglio per venti minuti su RaiTre
Ora tutti a dire che eravamo partiti prevenuti, che la critica era d’obbligo, che ce l’abbiamo con i blogger che lavorano in tv e noi no. Ah, ci diranno anche che non si fanno le critiche dopo la prima puntata, che bisogna dare tempo (peccato che questi sono gli stessi che, se la Boldrini fa uno starnuto, la crocifiggono in prima pagina, mentre guai ad attaccare i loro editorialisti prestati alla tv).
Allora, ritratto tutto quello che ho scritto finora. Ripartiamo da zero, dalla visione del programma. Partiamo dall’analizzarlo punto per punto, in maniera “serena” (tra un po’ svaccherò, ma sarà inevitabile).
Il tradimento in chiave alta
Celi! mio marito è un programma che vuole rendere il tema del tradimento “alto” e dalla doppia lettura romanzata nel preserale di RaiTre (come se Feltrinelli e Condé Nast non fossero già piene di tentativi simili), in una fascia a cavallo tra Blob e Un posto al sole (storicamente coperta da tappabuchi).
Alla conduzione ci ficcano una firma stimata nel mondo della satira al femminile e con un background professionale di tutto rispetto: Lia Celi. Stamattina, tipo, era in promozione ad Agorà e ha detto che ha trovato straniante Enrico Letta a Che tempo che fa nella sera in cui la Golino parlava di un film sul suicidio assistito.
Lia Celi, un pesce fuor d’acqua
La Celi – di cui ieri vi abbiamo fornito tutte le credenziali – non è neanche una sciura di quelle attempate, ma ha l’aria di chi si compiace della propria vecchiaia interiore, esasperandola anche nell’immagine e nella prossemica. Parla un italiano forbito, riesuma la definizione “programmi dell’accesso” e si approccia allo spettatore con una pudicizia di altri tempi (se quelli della seconda serata o del primo canale decidetelo voi):
“Parleremo di storie a tre. Sia chiaro, noi siamo persone probe e oneste, amiamo la coppia tradizionale e la fedeltà. Ma ci sono momenti in cui ci si può trovare in storie complicate”.
Lia Celi è una persona perbene e, al tempo stesso, una che c’ha cultura televisiva e personale. Basta questo per fare un bel programma? No, perché non si può portare Twitter alla filanda, è chiara la faccenda, son quelle come me.
Non si può parlare a un pubblico che non esiste, stendere i panni su un terrazzo che è pura archeologia del costume italiano e lì piazzarci Twitter. E, soprattutto, non si può evocare la Signora Flora della Marchesini senza avere un briciolo della sua verve.
Sicuramente la Celi era molto emozionata per il debutto, ma si può debuttare alla sua età in una fascia così prestigiosa senza esperienze pregresse in tv? Si può condurre allo sbaraglio un nuovo programma che sa di vecchio al primo sguardo?
Programma borghese
Torniamo all’analisi pura, scusate se mi sono fatto trasportare. Il leitmotiv della mini-puntata è un videomessaggio surgelato, di un’italiana a Londra. Sì, perché Celi! mio marito c’ha la sigla francesina alla Carla Brunì e gli italiani all’estero, mica il mandolino e il popolino. Ecco la storia dell’amante esterofila:
“Mentre ceniamo suona il citofono, è la fidanzata. mi dice di nascondermi in giardino. il giorno dopo mi aspettavo una chiamata, e invece niente. adesso quando lo incontro lui è molto friendly. devo tacere o scatenare un casino?”
Se fosse andato dalla D’Urso, ‘sto errevuemme, sai che volgaritè! Invece qui siamo nel salotto delle confidenze alto-borghesi, è tutto così garbato. E, lo ribadiamo, internazionale, perché la Celi ci dice che le hanno scritto ben altre 4-5 persone da Londra con la stessa storia, mica burini. A un certo punto si rivolge alla testimone in collegamento nobilitando pure la sua volgare passione per le calzature:
“L’amore delle scarpe ti accomuna alla stragrande maggioranza delle spettatrici. il fatto che tu abbia questa passione ti ha facilitato la discesa dal giardino al primo piano, perché dal tacco 12 è come essere al piano nobile, all’ammezzato”.
Ma le vere perle di Cieli! mio marito sono i due stoccafissi che accompagnano la già legnosa conduttrice, un esperto di recup-art che fa tanto Real Time no profit (guai il capitalismo su RaiTre) e un poeta. A spiegarlo è ancora la nostra Musa:
“Noi, al posto del solito gattino, cagnolino o del boa constrictor come va in alcuni palazzi altolocati, abbiamo adottato un poeta, vessato dai tagli alla cultura, che può essere sostenuto da donne di buon cuore con me”.
Clip per riempire buchi, Twitter inutile
Infine, prima di dare la linea a Un posto al sole (sono solo venti minuti, ma sembrano infiniti pure per la conduttrice, visti i gelidi silenzi), parte la clip pseudo-satirica del “5 cose da dire a un esodato tradito per tirarlo su di morale” (giusto per onorare RaiTre). E, infine, il tradimento visto dall’occhio della fiction (rigorosamente Rai), con un montaggio di scene dal Medico in famiglia e Tutti pazzi per amore. Come faranno a trovarne altre domani e, ancora, dopodomani? Come faranno a mandare ancora in onda un programma così fuori luogo?
Ah, in tutto questo, di Twitter sono stati riproposti giusto un paio di tweet citofonatissimi, risparmiando come sempre le critiche e non rispondendo mai. E allora che senso ha la diretta? Che senso ha la telesocialità, se ci si parla addosso? Che senso ha che conduca una che scrive bene e di cui, più che la fiamma, abbiamo visto la flemma?