Home Caso Marescotti, autori contro la Rai: “Fanno carne di porco delle nostre fiction”

Caso Marescotti, autori contro la Rai: “Fanno carne di porco delle nostre fiction”

Nessuno avrebbe avvertito gli autori della fiction dei tagli ‘da Par Condicio’: un comportamento “da Cosa Nostra” che il WGI denuncia con un post sul proprio sito.

pubblicato 29 Aprile 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 05:05

Ivano Marescotti si candida alle Europee e la Rai lo cancella dalla fiction Una Buona Stagione, persino dai credits, dichiarando di operare in virtù della legge sulla Par Condicio. Il caso è scoppiato con fragore qualche giorno fa e ha indignato non solo il diretto interessato, ma anche i telespettatori che seguivano la serie su Rai 1.

Scendono in campo anche gli autori e gli sceneggiatori del Writers Guild Italia che sul proprio sito affrontano il caso da un punto di vista ‘metodologico’ e soprattutto legislativo. Stando a quanto argomentano gli autori, la Rai avrebbe commesso un reato manipolando la fiction senza avvisare gli autori. Per applicare alla lettera la Par Condicio avrebbe violato la Legge sul Diritto d’Autore (n.633 del 21 Aprile 1941).

«In questa legge si afferma che il produttore prima di operare tagli o cambiamenti deve necessariamente informare gli Autori dell’opera che sono nell’ordine: l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, il regista e l’autore delle musiche. Non solo. Sempre la suddetta povera legge dice che il Produttore deve provvedere ad una visione del prodotto con gli stessi prima che questo venga trasmesso, in modo tale da garantire agli autori la possibilità ‘di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione’ (art.20)».

Questo non sarebbe successo, stando a quanto denunciato dal WGI:

«Dovrebbe essere fuor di dubbio che l’eliminazione totale di un personaggio che porta con sé un racconto, uno strand narrativo, delle scene, dei dialoghi e, se vogliamo essere romantici, delle emozioni può essere fatta solo con l’autorizzazione degli Autori che lo hanno creato».

Una norma non solo ‘di buon senso’, come sottolineano gli autori, ma una vera e propria legge, sia pur disattesa a quanto pare con una certa ‘leggerezza’:

«E a dire la verità neanche ci sorprende più di tanto. Perché questa, in RAI e non solo, è ormai diventata un’abitudine, una prassi, una regola… Perché del prodotto ‘fiction’ si fa carne di porco, come delle leggi… Ops, non di tutte le leggi però: quelle che tutelano la politica a quanto pare valgono di più di quelle che tutelano l’arte. Ora ci è chiaro.»

L’espressione ‘carne di porco’ non sarà lirica né particolarmente letteraria, ma rende l’idea.

 

L’elemento dirimente per la violazione del Diritto d’Autore, quindi, è la comunicazione ai ‘padri’ dell’opera. E sembra non essere così semplice capire come siano andati davvero i fatti. La Rai ha avvertito o no gli autori della fiction? La WGI dice di essere

«certa che nessuno degli autori di Una buona stagione sia stato interpellato sui tagli in questione (per averne effettiva contezza chiederemo in tutte le sedi possibili di sapere come ha agito RAI); siamo certi anche della risposta che riceveremo: “Vi sbagliate, RAI interpella sempre i suoi autori e i suoi autori sono sempre d’accordo” (e in allegato ecco una lettera di un povero autore X costretto, da un sistema viziato, ad affermare di essere stato informato perché se solo si azzardasse a dire il contrario non lavorerebbe più, e di questo siamo certissimi)».

Le accuse sono decisamente forti, ma a dire il vero neanche ‘inedite’: sono anni infatti che gli sceneggiatori e gli autori cercano una legittimazione dal sistema produttivo italiano e lo ricordano anche in questa occasione, ribadendo come da anni i committenti si rifiutino di aggiungere nei contratti di produzione una clausola che li tuteli rispetto alla paternità morale dell’opera. Una clausola che sembra essere applicata solo nei contratti esteri.

«La clausola finora è stata respinta nel 90% dei casi (…) Perché? Semplice. Perché dice di chi è un’opera. Un’opera è dell’autore. Non di chi la produce e la manda in onda. A questi soggetti appartiene solo il diritto di sfruttamento economico, null’altro. Difficile farglielo capire quando ci si lavora, quando arrivano dirigenti, capi struttura, editor, produttori delegati, lettori, uscieri… Che pensano che il prodotto sia loro, che la prima idea con cui si svegliano in testa la mattina vada inserita perché geniale, imprescindibile e in piena sintonia con la linea editoriale della Rete (che sono loro, ma non diciamoglielo!)».

La chiosa non lascia gran spazio all’interpretazione: appare con una ‘certa chiarezza’ cosa pensino i membri del WGI sull’atteggiamento delle emittenti e dei produttori italiani:

«Su questa vicenda andremo fino in fondo, faremo domande e cercheremo risposte perché sia chiaro a tutti, network e produttori, che non possono continuare a pensare che quello che mandano in onda è solo “Cosa Nostra”».

 

Rai 1