Casa a prima vista, in arrivo le nuove puntate: l’importante è non cedere al personaggio
Il programma immobiliare, ormai cult, deve il successo ai suoi protagonisti e alla scrittura: l’importante è non rinunciare a se stessi…
Casa a prima vista è un gioiellino. Quello che poteva essere uno dei tanti programmi immobiliari che Real Time ha proposto al suo pubblico è diventato un cult, per molti un guilty pleasure che crea dipendenza. Alla base del successo dell’addomesticazione italiana del format francese Chasseur D’Appart c’è un’alchimia di elementi, rara nelle produzioni tv, che peraltro sulla carta sembrerebbero la base per un fallimento. Proviamo ad analizzarli.
Casa a prima vista, il segreto del successo: il contesto
In primis il contesto, ovvero un mercato immobiliare impazzito condito dalle richieste il più delle volte ‘da sogno’ per il telespettatore medio: un ‘Selling Navigli’ alla pizzaiola, senza glamour ma con prezzi che non stonerebbero nell’agenzia degli Oppenheimer. E già questo, che dovrebbe essere un elemento respingente e fonte di indignazione, diventa uno stimolo per seguire gli eventi e appassionarsi alle sfide impossibili, sognando un giorno di poter essere nel portfolio clienti degli agenti (il che vorrebbe dire avere un sacco di soldi). Un primo miracolo.
Casa a prima vista, i protagonisti
In secundis, i protagonisti. E qua bisogna fare subito un distinguo tra Milano e Roma: la seconda va a traino della prima, perché la caratterizzazione del trio meneghino non ha rivali. Ciascuno dei protagonisti ha una combinazione di tratti contrastanti che li rende, in qualche modo, irresistibili. C’è Ida da Siano (SA), modi vulcanici e occhio di tigre, il dinoccolato Gianluca, che dovrebbe rappresentare il ‘milanese rampante’ con il suo amore per gli anglismi ma che ha lo spirito di un ‘teddy bear’, e infine la competitiva Mariana, con l’aspetto della femme fatale e la spontaneità della ragazza della porta accanto. Un mix notevolissimo, che ha trovato una sinergia invidiabile e non scontata. Complimenti al casting.
A Roma, invece, l’effetto ‘genuinità’ è meno efficace: il terzetto funziona meno, sia singolarmente che in combinazione. Il nobile Blasco ha l’allure da flâneur che non guasta, fungendo da versione aristocratica del borghese Gianluca; Corrado ha quel tocco ‘carnale’ che ricorda Ida, ma senza quel graffio di tigre che diverte nel van e dietro lo schermo; con i suoi modi affettati e un apparente senso di ‘superiorità’, Nadia ricorda troppo Marina Giordano di Un Posto al Sole per trascinare lo spettatore. Il confronto con i colleghi milanesi, ahinoi, non aiuta.
Casa a prima vista, il tocco vincente: l’ironia
Last, but not least (come amerebbe dire Gianluca), la scrittura: il racconto scivola veloce, il commento over è il più delle volte brillante e asciutto, ben interpretato e capace di giocare con i protagonisti.
L’ironia è l’elemento vincente: emerge molto bene nella combinazione dei protagonisti milanesi, che la usano in maniera intelligente e spontanea, e anche nella scrittura, che sa prendere in giro i suoi ‘eroi’, giocando con i loro punti di forza e con le loro debolezze. Ha fatto molto nel costruire i personaggi e nel disinnescare gli elementi respingenti del plot, già individuati nella disponibilità economica dei protagonisti di puntata – che qui non crea particolare invidia – alle già citate follie del mercato immobiliare. Ulteriore elemento da evidenziare è la capacità della scrittura di rendere simpatico quel riconoscibile tono da imbonitore proprio dell’agente immobiliare: ci riesce smontandolo. Puntualmente, infatti, il tentativo di ‘intortare’ il cliente viene smontato dalle osservazioni dirette della voice over e dai comenti dei colleghi nel van, creando simpatia con il pubblico a casa.
Il programma finisce, così, per avere una ‘funzione’ educational, non tanto per lo ‘spiegone’ di coda dedicato a un qualche aspetto della compravendita di immobili, quanto per quella disponibilità a mostrare al pubblico le ‘red flag’ cui prestare attenzione nel caso si cerchi una casa. L’attenzione al bagno cieco, agli infissi, all’umidità, alla versatilità in caso di ristrutturazione aguzza l’ingegno del pubblico a casa, un po’ come 4 Ristoranti ci ha insegnato a leggere i menù e 4 Hotel a evitare cuscini ornamentali e runner ai piedi del letto.
La formula funziona, ma occhio alla ‘kriptonite’…
La versione italiana del format, prodotto da Blu Yazmine per Warner Bros. Discovery, ha trovato un ottimo equilibrio narrativo.
Il rischio da evitare, ora, è duplice e riguarda sia la produzione sia i protagonisti. Sul piano produttivo, il rischio da evitare è quello di calcare la mano per offrire qualcosa di diverso al pubblico, pur sapendo che il piacere della serialità è, essenzialmente, nella ripetizione dell’identico o nella variazione minima della stessa storia. Spesso le variazioni snaturano e spengono quel tratto di ‘magia’ che l’alchimia ha prodotto.
Sul fronte dei protagonisti, il rischio è che il successo li trasformi in personaggi. Non tradire se stessi è la sfida più difficile, anche rispetto a quella di trovare un trilocale (non sottoscala) a Milano a 350.000 euro. Finora il sestetto c’è riuscito, anche se non tutti hanno ‘resistito’ allo stesso modo e qualcuno ha iniziato a cedere alla pressione del successo. Prendersi troppo sul serio è la kriptonite per questo format: sarà bene che i nostri ‘supereroi’ ne stiano alla larga.