Cappon respinge le accuse dopo la creazione di Tivù : “Non esiste nessuna Raiset”, i fatti sembrano dargli ragione
Una tempesta in un bicchiere d’acqua. Così potremo definire le polemiche politiche che hanno circondato l’ufficializzazione dell’accordo su Tivù-sat, la nuova piattaforma satellitare partecipata da Rai, Mediaset e La 7 (attraverso Telecom Italia), che si occuperà di promuovere e diffondere l’intera offerta del Digitale Terrestre. Dopo l’annuncio da molte parti si è sventolato il fantasma
Una tempesta in un bicchiere d’acqua. Così potremo definire le polemiche politiche che hanno circondato l’ufficializzazione dell’accordo su Tivù-sat, la nuova piattaforma satellitare partecipata da Rai, Mediaset e La 7 (attraverso Telecom Italia), che si occuperà di promuovere e diffondere l’intera offerta del Digitale Terrestre. Dopo l’annuncio da molte parti si è sventolato il fantasma di “Raiset“, un accordo di cartello dei due operatori televisivi per respingere la concorrenza sempre più agguerrita di Sky Italia.
Claudio Cappon, direttore generale Rai in “odore” di sostituzione, ha respinto l’insinuazione in un’intervista concessa all’Unità che chiarisce in pieno, anche per i più distratti il quadro della situazione.
Noi siamo concorrenti di Sky e Mediaset, ma per alcune cose collaboriamo con entrambe, si fa l’accordo con l’uno e si compete con l’altro. La Rai non ha un’offerta pay, nel piano industriale abbiamo puntato molto sul digitale per tutti, inesistente fino a due anni fa. Ora è una scelta vincente come si vede dagli ascolti in Sardegna. L’idea di Tivusat nasce otto mesi fa per assicurare la copertura del segnale su tutto il territorio nel passaggio al digitale, anche nelle valli di montagna più sperdute. A giugno scade il contratto con Sky per RaiSat e abbiamo già dato la disdetta del sistema di criptaggìo Nds utilizzato da Sky e che privilegia i loro telespettatori. A questo punto la Rai è libera di negoziare quel che più le conviene con tutti gli operatori e dunque anche con Sky.
La portata di Tivù-sat, la piattaforma che partirà in primavera, la cui creazione era già stata annunciata nell’autunno scorso, appare ingigantita strumentalmente. In sostanza, molti sembrano ignorarlo, si tratterà di una sorta di ombrello per giustificare l’inevitabile caos connesso allo switch-off previsto nei prossimi anni, fra il 2012 e il 2015.
Inutile ignorarlo, sarà difficile che per la data di conversione dal segnale analogico a quello digitale la copertura avrà la qualità e la diffusione dovuta. Non saranno poche le zone del nostro paese, soprattutto considerando la minor potenza del segnale digitale e la conformazione irregolare del territorio, a soffrire di una carenza nella ricezione dei canali tv.
La mossa di DGTV, il consorzio per il Digitale Terrestre, è quella di offrire così quantomeno la copertura via satellite per le zone che soffriranno per la mancanza del segnale. Sembra paradossale, ma proprio il reale avvento del DTT sarà un’ulteriore conferma di quanto la parabola satellitare tanto cara a Sky sia il mezzo migliore per ricevere i programmi tv.
In alcuni paesini di montagna (sperando siano solo quelli), oggi serviti da un analogico di qualità non eccelsa, l’unica soluzione per non rimanere al buio dopo lo switch-off sarà quello di dotarsi di parabola e di un decoder apposito, con tecnologia Irdeto (non andrà bene il decoder NDS proprietario di Sky) bypassando così l’antenna tradizionale.
Fantasticare di una possibilità che Mediaset e Rai possano e vogliano attraverso Tivù-sat contrastare il monopolio Sky sul satellite lascia il tempo che trova. Avessero voluto farlo non si sarebbero preoccupati di dotarsi di una tecnologia di criptaggio diversa da quella usata dalla piattaforma di Murdoch, gli sarebbe bastato chiedere semplicemente a Sky Italia, obbligata ad ottemperare dall’Antitrust per via della posizione dominante, di rendere ricevibile con il Decoder “Unico” già presente in oltre 4.5 mln di case degli italiani i loro canali “concorrenti”.