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Camilla Store, se Gossip Girl incontra De Agostini

Può la De Agostini, marchio edu per eccellenza, sfornare creature glamour? Non solo può, ma “deve” se decide di diventare anche editore tv, non solo con la pedagogica Dea Kids, ma anche con la novella Dea Super, dalle aspirazioni più cool. Così nasce Camilla Store, il programma dove la moda non si segue ma la

pubblicato 27 Maggio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 06:09


Può la De Agostini, marchio edu per eccellenza, sfornare creature glamour? Non solo può, ma “deve” se decide di diventare anche editore tv, non solo con la pedagogica Dea Kids, ma anche con la novella Dea Super, dalle aspirazioni più cool. Così nasce Camilla Store, il programma dove la moda non si segue ma la si crea, in onda ogni venerdì sera sul canale 625 di Sky alle 21.00.

L’idea è quella di un laboratorio che ruota intorno a una giovane stylist, Fiore Manni. Al debutto in televisione, è anche lei una figlia d’arte a 360°: sua madre è l’attrice Fiorenza Tessari, il nonno Duccio Tessari era il co-sceneggiatore di Per un pugno di dollari, la nonna Lorella De Luca ha recitato in Poveri ma belli e Il bidone. Nonostante abbia 22 anni sembra che l’età dell’innocenza per lei non sia mai svanita, con quel tocco di carisma eccentrico che non guasta (se vuoi diventare la migliore amica delle telespettatrici sintonizzate).

Così l’immaginario di Gossip Girl si insinua nella tv dei ragazzi, con Fiore che ha un gatto proprio come nel film preferito di Blair e Serena, Colazione da Tiffany: il suo nome, Camilla, spiega quello della trasmissione, oltre che dell’omonimo Store. E anche Fiore ha un blog, a cui chiedono consigli delle ragazzine che vogliono essere alla moda, ma dettandone da sé le condizioni. Il binomio di interattività e creatività, mouse e forbici, sancisce così un’alleanza positiva tra la manualità e la virtualità.

Camilla Store
Camilla Store
Camilla Store
Camilla Store
Camilla Store

Dopo aver postato il proprio sos sul sito della trasmissione – con quel gap tra realtà e finzione che fa parte del piccolo schermo – le ragazzine si recano all’atelier della Jenny Humprey nostrana. L’espediente narrativo per conoscerle meglio è quello di uno zainetto che fa tanto Non è la Rai: vi escono cuffie per il lettore mp3, fumetti, e passatempi vari. Fortunatamente il casting di Camilla Store dà uno spaccato “normalizzante” delle teenager, con tanto di apparecchio incorporato e fattezze da bambine che non hanno fretta di crescere.

Insomma, il programma ha tutti i numeri giusti per fare dell’intrattenimento accattivante e rassicurante insieme. Con un unico messaggio che lascia perplessi, ovvero che la moda possa diventare una libera scelta. Se l’intenzione è quella, l’esito sembra dimostrare il contrario. Anziché vedervi una giovane personal stylist, le concorrenti rischiano di prendere talmente a modello Fiore, con i suoi fiocchi stravaganti e le gonne cartooniane, da farsene inevitabilmente “influenzare”.

Se, in più, lo stile personale deve passare dalle Converse personalizzate o dagli erudimenti sulle gothic lolita e le fairy kei, con tutto l’invasamento che l’universo manga comporta, allora resta un fatto: per essere fighi bisogna comunque seguire le mode del momento, specialmente d’oltreoceano. A costo di uscire da un programma vestita come un anime, dopo che ci eri entrata anonima ma con un’anima.

Quindi cento di questi Camilla Store, se la tv dei ragazzi riesce anche a essere patinata, ma con le istruzioni per l’uso. Della serie, visto che il fashion è sempre sinonimo di tendenza, se ne sconsiglia la visione a chi rifugge dall’omologazione (e si illude di trovarvi l’antidoto).