Bye Bye Soprano: gli episodi finali al via in Usa
Finisce l’era dei Soprano. Così intitola Repubblica un interessante articolo di Gabriele Romagnoli, in più ripreso nella prima pagina del numero odierno:“Con la prima puntata dell’ultima stagione non si chiude una qualsiasi serie televisiva ma la madre di tutte le serie che ha inventato un nuovo modo di fare tv”.La sesta serie, che chiude definitivamente
Finisce l’era dei Soprano. Così intitola Repubblica un interessante articolo di Gabriele Romagnoli, in più ripreso nella prima pagina del numero odierno:
“Con la prima puntata dell’ultima stagione non si chiude una qualsiasi serie televisiva ma la madre di tutte le serie che ha inventato un nuovo modo di fare tv”.
La sesta serie, che chiude definitivamente la saga, in realtà si divide in due parti e la prima è già stata mandata in onda negli States da marzo a giugno 2006. Da questa sera, invece, sul network americano HBO va in onda la seconda parte, che comprende gli episodi bonus (come vi avevano anticipato Notuno e Malaparte in due precedenti post) non confluiti in una settima stagione completa.
Dati informativi a parte, è indubbio che il telefilm in questioni si meriti l’appellativo di serial-cult per aver inaugurato una nuova era della serialità, quella dello scandaglio psicologico e della sapienza narrativa in grado di competere con il grande schermo:
“David Chase, l’ideatore, sceneggiatore e in parte produttore dei Sopranos ha creato un universo parallelo così fantastico da diventare reale. Ha scalpellato dai bassorilievi del sacrario cinematografico figure mitologiche come quelle dei mafiosi e li ha resi ancor più che carne e ossa: anima e cuore”.
La figura del padrino, piena di contraddizioni e spigolosità, è al centro di un famiglia composta da boss, ma anche di figli e mariti alle prese con lo stress della quotidianità.
E’ così che i Soprano hanno conquistato il pubblico di tutti gli Stati Uniti, stando alle osservazione di Nelson Soe, storico alla Columbia Università, perchè fanno la vita dell’americano medio, vivono nei sobborghi e hanno problemi normali in cui identificarsi. Ma nello stesso tempo sono mafiosi e in questo scarto tra normalità e malavita sta il successo della serie tv, tutto giocato sull’attrazione per gli eccessi e la rottura con gli schemi convenzionali.
9 milioni sono gli aficionados al prodotto nella patria d’adozione. 78 gli episodi andati in onda dal ’99, in cui l’attore James Gandolfini, il capofamiglia Tony Soprano, non è mai mancato.
The Sopranos se ne sta per andare con due soli rimpianti: le proteste degli italo-americani che si sono sentiti presi in giro anzichè onorati per la loro trasposizione televisiva e lo scarso coraggio di chi, in Italia, li ha ingaggiati e mandato allo sbaraglio nella notte (da diverso tempo a queste parte la serie si perde nella tarda serata di Canale5 senza mai una collocazione fissa e nell’ingrato ruolo di tappabuchi).
Eppure, sempre per Romagnoli, i Soprano non hanno vissuto invano. Hanno cambiato uno spicchio della televisione, dando gloria a Hbo e generando per filiazione diretta altri gioiellini seriali come Six Feet Under, Carnivale e, almeno all’esordio, Nip/Tuck, in parte accomunati dalla stessa sfera dark-onirica:
“Le serie che non assomigliano alla vita possono durare in eterno. Quelle come i Sopranos muoiono. Sia loro lieve la replica”.