Buona Domenica… non cambierà mai
Buona Domenica ricomincia… da Domenica In (escluso ogni riferimento a Baudo, si intende). Paola Perego l’aveva annunciato, di temere lo scontro con Mara Venier, e a quanto pare ha mantenuto la promessa, ispirandosi alla linea di conduzione della sua epurata amica. Smessa la veste glaciale e distaccata con tailleur nero gessato, la seriosa conduttrice istituzionale
Buona Domenica ricomincia… da Domenica In (escluso ogni riferimento a Baudo, si intende). Paola Perego l’aveva annunciato, di temere lo scontro con Mara Venier, e a quanto pare ha mantenuto la promessa, ispirandosi alla linea di conduzione della sua epurata amica.
Smessa la veste glaciale e distaccata con tailleur nero gessato, la seriosa conduttrice istituzionale rispolvera le minigonne inguinali de La Talpa e si getta in mezzo al pubblico, rivolgendosi a un target popolare (ma che rischia di sconfinare nel pecoreccio)
Si respira tutt’altra aria, negli studi storicamente presieduti dall’egemonico Costanzo, ma non si può dire che sia di assoluta novità.
Il domenicale Mediaset scivola senza troppi guizzi creativi, scoppiazzando di quà e di là siparietti collaudati o inaugurando rubrichette fin troppo prevedibili. Ogni spazio risulta formattizzato e ben delineato per delle sue specifiche peculiarità – presupposto sicuramente più apprezzabile in termini logistici rispetto alle caotiche edizioni precedenti -.
La trasmissione è aperta a tutti, ammiccando prioritariamente a un pubblico di adolescenti e donne di casa, con un’impostazione sempre più femminile e “matriarcale”. Proprio quando un’indagine di mercato attesta che la tv è sempre più dominata dal gentil sesso in virtù di un’inversione di tendenza sociologica, per cui la conduttrice ispira più sicurezza dello showman, scorgiamo un evidente segno di subordinazione della componente maschile del cast. Claudio Lippi, Stefano Bettarini e l’illustre maestro Mazza diventano dei ninnoli da avanspettacolo, pronti a mettersi in ridicolo e accontentarsi delle briciole pur di ritagliarsi uno spazio nel programma. La staffetta dei conduttori è una sfida continua tra compiacimento e soggezione, dominanza e prevaricazione, lotta perennemente a favore dell’ influente Paola sui suoi lacchè di corte. Quasi che, caduto un governo, ne sia nato un altro dominato da un’imponente first lady (seppur d’eccezione).
Intanto, i rimandi alla concorrenza sono tanti, troppi, dal più spregiudicato, un talk show chiamato Il Ring spudoratamente identico all’Arena di Giletti (perfino la scelta degli ospiti si è rivelata così speculare da risultare sfacciata, vista la presenza in studio dei soliti direttori delle riviste rosa). In più, l’onnipresente padrona di casa lancia un nuovo spazio di dialogo con i giovani, a metà tra l’Amici vecchia gestione e L’Assemblea di Ambra Angiolini, alimentato da risentimenti più o meno pretestuosi.
A salvarsi, nella loro forza mediatica, i blocchi riservati ai reality, che vedono la Perego muoversi magistralmente tra una trama e l’altra non perdendosi neanche un dettaglio (soprattutto se a darle man forte arriva un’altra sua amica di agenzia come Federica Panicucci).
Perchè i volti che si susseguono in questo carnaio, così democratico eppure inevitabilmente dispersivo, sono lì soprattutto per l’intercessione di un press agent comune, riuscito a riunire i big della sua scuderia nella fascia promozionale più appetibile e con una precisa suddivisione delle gerarchie.
Tant’è che, all’arrivo del guru Paolo Bonolis, non si muove una foglia e, come in tutte le interviste della puntata, manca qualsiasi provocazione scomoda o tentativo di contradditorio.
Buona Domenica è diventato una grande fiera dell’amicizia tra miracolati, ove persino due presenze imbarazzanti come quelle della Gregoraci e di Sara Varone diventano parte del gioco, fintamente demagogico e prepontemente egocentrico.
Finita l’era della marketta autopromozionale, in cui i favoriti di Maurizio Costanzo si contendevano sul palco la sua benevolenza, si apre un nuovo capitolo di anarchia dell’arroganza, con la differenza che non siamo in un reality di dichiarati nullatalenti ma in un vero show dove si osa di autoproclamarsi professionisti.
Tant’è che alla fine della trasmissione la percezione che si ha della realtà ne esce distorta, se non sconvolta, dalla persuasione che anche Bettarini può essere un bravo conduttore, che Anna Falchi è stata solo una vittima, che a Paolo Bonolis interessa unicamente Il Senso della vita e non le logiche dell’auditel.
Voltando pagina e aspettando Conversando, si ha quasi la sensazione di rimpiangere il reietto della corte domenicale. Una sensazione che lascia il tempo che trova e si spegne immediatamente dopo l’intervista a Mara Venier. Nel pungente colloquio, seppur amichevole, con la signora della domenica, si ha quasi la sensazione che si possa sperare in un racconto più realistico e plausibile della realtà mediatica. In fondo la domenica televisiva serve proprio a questo: a raccontare retroscena e a fare il punto sulla settimana.
Ad emergere dal ritratto, è una donna rigenerata dall’esilio televisivo, più o meno volontario, che rinuncia all’aculeo velenoso in nome del quieto vivere e del novello sposalizio (ha persino preso un bel po’ di chili di troppo senza preoccuparsene troppo). Quasi quasi, alla bontà di Costanzo e alla sua disintossicazione dal becero utilitarismo a cui ci aveva abituati, verrebbe pure da crederci. Ma, lo ripetiamo, dura poco.
Il tempo di un blocco pubblicitario, seguito dalla riabilitazione di Cristiano Malgioglio “ingiustamente massacrato dalla stampa” e dalla strumentale macchina della verità incentrata su Flavia Vento come traino del tg.
Voleva provarci, Maurizio, a riscoprire la disinteressata generosità dell tradizionalismo baudiano, per tagliare i ponti con la tv trash.
Ma bastano una telefonata compiacente del fido Gigi Sabani e le sue illuminanti affermazioni per aprirci gli occhi:
“Ad un personaggio della tv basta che non siano contro il pubblico e questo signore qui”.
Finchè si continuerà a difendere la causa dello scandalo, Buona Domenica continuerà a marcire nel fango.
In definitiva, è stato un passaggio di testimone con tutti gli scempi del caso.