Bar Stella: un Quelli della Notte superficiale, coerente con i tempi che stiamo vivendo
Bar Stella è una rilettura moderna di Quelli della Notte di Renzo Arbore senza lo spessore, la profondità e la sensazione di sano cazzeggio.
Probabilmente, anzi sicuramente, è il paragone più comodo, il più immediato ma, al contempo, il più calzante in quanto decisamente esplicito: Bar Stella è una rilettura moderna di Quelli della Notte di Renzo Arbore. Restando su Rai 2, si potrebbe citare Macao o Suonare Stella ma si rimane lì, nell’ambito del sit-show, una via di mezzo tra situation comedy e varietà.
Inizialmente, si potrebbe asserire che Stefano De Martino ha costruito questo programma su di sé, portando in scena i propri ricordi personali, i propri aneddoti, lasciandosi andare a molteplici registri al fine di apparire come show man a tutto tondo, destreggiandosi bene tra gli estrosi clienti del bar (L’Avvocato, il Professore, il Critico Televisivo, la Professoressa “sapiosessuale”, il Disoccupato ecc.), un cast fisso sempre in scena, dove, anche qui, non mancano eloquenti citazioni “arboriane”.
Bar Stella è un programma che, indubbiamente, mette a proprio agio il conduttore e ballerino, tra fine comicità “partenopea” e ironia nonsense, tra momenti musicali e omaggi/citazioni legati a Napoli e al bar di famiglia che dà il titolo allo show, un bar realmente esistito fondato dal bisnonno di De Martino cent’anni fa.
Bar Stella: la prima puntata
L’essere a proprio agio, però, non è sufficiente perché un programma come Bar Stella, che non punta sulla comicità sempliciotta ma su un intrattenimento maggiormente ricercato, sebbene sia sostanzialmente uno show scritto dall’inizio alla fine, ha bisogno di una forte attitudine all’improvvisazione da parte di chi lo dirige e Stefano De Martino, almeno per ora, non è in possesso di questa virtù.
Molto ancorato al copione, con i ritmi giusti, certo, e con la capacità di gestire la scena e i suoi personaggi, De Martino non aggiunge spessore alle bizzarre chiacchierate imbastite all’interno del Bar Stella, favorendo il risultato finale di un vaniloquio pseudointellettuale con citazioni alla rinfusa che, a fine puntata, non ti lascia pressoché nulla (verrebbe quasi da citare Riccardo Pazzaglia…).
Manca la profondità (con una superficialità che lo rende coerente con i tempi che viviamo) e, tra l’altro, non si avverte nemmeno una reale sensazione di sano cazzeggio. Tutto troppo impostato, tutto molto preparato, come il tormentone della “Stella” dell’ottima Disperata Erotica Band diretta da Pino Perris: se sottolineato insistentemente, il tormentone perde la propria efficacia.
Alla fine, il momento più divertente è risultato quello della parodia dei giochini telefonici televisivi con Herbert Ballerina (il Nino Frassica di questo Bar Stella), la gag apparentemente meno pretenziosa perché l’ambizione di offrire contenuti più alti della media comporta preparazione e se quella non si percepisce (come nel momento musicale onirico, ad esempio), allora, è giusto rifugiarsi in qualcosa di più leggero.
Bisognerebbe anche interrogarsi riguardo la fascia di pubblico alla quale è indirizzato questo programma. Un pubblico più in là con gli anni, infatti, procede con gli inevitabili paragoni, arrivando alle meste conclusioni, ma un pubblico di giovanissimi, che non coglie appieno i riferimenti arboriani, si trova a che fare con un programma nuovo nello stile e anche nei contenuti ma, a questo punto, viene lecitamente da chiedersi quali siano stati i motivi di ripescare un programma degli anni ’80.
Bar Stella ha avuto inizio con il crossover con Enrico Brignano e il suo Un’ora sola vi vorrei ed è finito in una sorta di secondo corto circuito, questa volta temporale, che rischia di non soddisfare praticamente nessuno.