Caressa trasforma l’Atalanta nell’Italia di Lippi. Ma il risultato è un malinconico déjà-vu
L’introduzione epica, le urla, le consonanti dei cognomi raddoppiate, le proteste plateali. Fabio Caressa commenta Atalanta-Psg con chiari riferimenti al Mondiale 2006. Ma il risultato è quello di un fastidioso déjà-vu
Credersi al Mondiale, credersi ancora al 2006. Fabio Caressa rispolvera stili, modelli e mode di quattordici anni fa, quando la sua voce accompagnò il trionfo degli azzurri di Marcello Lippi. Ma trasferire tutto al presente, riproponendo lo stesso identico film in un contesto diverso, genera solo un malinconico déjà-vu.
Non c’entra l’Atalanta, squadra che era normale e giusto tifare per il miracolo sportivo messo in piedi. La squadra di Gasperini, infatti, finisce con l’essere una vittima di un fastidioso tentativo di esaltazione, portato avanti fino al novantesimo, quando il Paris Saint Germain ha gelato tutti con due gol in extremis.
Atalanta-Psg si è trasformata fin da subito in Italia-Francia o Italia-Germania, a seconda dei momenti. Di tedesco, d’altronde, c’era l’allenatore avversario, Thomas Tuchel.
Pronti via e Caressa – affiancato da Beppe Bergomi – propone l’introduzione epica in salsa Mondiale: “Oggi si scrive Atalanta, ma si legge Italia. Perché comunque vada, mola mia”.
La condotta, a dire il vero, è ordinata per tutto il primo tempo. Anche dopo il gol di Pasalic, il telecronista non mette in mostra sbavature, con una partigianeria evidente, ma non strabordante. Le cose cambiano nella ripresa, col passare dei minuti. L’Atalanta vede avvicinarsi sempre di più il sogno della semifinale e Caressa rompe gli argini. Già al 63esimo urla “Stringere i denti”. Lo ripeterà ininterrottamente, assieme a “tenere” e “soffrire”. Ma sono soprattutto le uscite palla al piede dei nerazzurri a rievocare le performance della Nazionale. Caressa carica le consonanti, urla ripetutamente “Palomino” alla “Cannavaro”, scandisce le sillabe di “Sportiello” per una parata semplice al 79esimo.
“Stringe i denti l’Atalanta, stringe i denti l’Atalanta”. Gli spettatori rivedono gli ultimi istanti di Italia-Germania. “Palla in curva, palla in curva” è una chiara evocazione dell’erroraccio di Odonkor pochi istanti dopo la rete di Grosso.
Si arriva alla doccia fredda dell’1 a 1, imprevista, perché nel 2006 andò diversamente. Eppure Caressa non si arrende: “Voglio rivedere la posizione di partenza, voglio rivedere la posizione di partenza. E come no! Fatemi vedere la posizione”. La vede e ritratta: “No, è regolare”. Anche qui la mente vola al rigore di Zidane che in finale vide il pallone sbattere sulla traversa per ricadere oltre la linea. Caressa urlò per cinque secondi: “Non è gol, non è gol, non è gol, non è gol”. Salvo ricredersi al primo replay.
Quella di mercoledì sera sarebbe stata la perfetta caricatura di un imitatore. Purtroppo si trattava di Caressa che scimmiottava se stesso.