APPUNTI SULLA POST TELEVISIONE (14)- IN MEMORIA DI ALBERTO GRIFI…
Lo avete saputo. E’ morto Alberto Grifi, un filmmaker, un regista, un comunicatore tra i più sensibili e creativi del nostro sconclusionato mondo delle immagini cinetelevisive. Suoi film come “La verifica incerta”( realizzato con il l’artista Gianfranco Baruchelo) e “Anna” (realizzato insieme con Massimo Sarchielli) prima opera video, sono stati apprezzati anche al di là
Lo avete saputo. E’ morto Alberto Grifi, un filmmaker, un regista, un comunicatore tra i più sensibili e creativi del nostro sconclusionato mondo delle immagini cinetelevisive. Suoi film come “La verifica incerta”( realizzato con il l’artista Gianfranco Baruchelo) e “Anna” (realizzato insieme con Massimo Sarchielli) prima opera video, sono stati apprezzati anche al di là delle stretta cerchia degli appassionati della avanguardia e dei cineclub. C’era in questi film, e in tutti gli altri lavori anche televisivi dell’attivissimo ed eclettico Alberto, una tecnica sapiente e artigianale, una grande moralità nella scelta degli atteggiamenti, un’attenzione minuziosa a profonda ai fatti della contemporaneità.
Alberto è stato uno dei migliori testimoni di un’epoca di ricerca artistica e politica, presentandosi puntuale con le sue “camere” a raccogliere scene di vita in modo diretto e senza manipolazione. Io stesso gli debbo molto poichè quando ho voluto e dovuto mettere su racconti a proposito degli anni dal Sessanta al Duemila sono ricorso spesso ai documenti da lui raccolti. Ad esempio, le immagini di Parco Lambro, una sorta di Woodstock italiana, mi sono tornate utili in “Adolescenti” e in “Il paese mancato”.
Tra i ricordi su di lui che ho sentito o letto, uno mi ha colpito non positivamente. Era di Silvano Agosti. Ha detto che Grifi era vittima della sua utopia fin al punto di pretendere troppo da se stesso e soprattutto dal suo corpo affaticato, debilitato in vario modo. Sono d’accordo con Silvano solo nel leggere le sue parole come una esortazione postuma affinchè Grifi avesse più cura di se stesso; ma Silvano a Farheneit alla radio ha allargato il discorso e ha messo Grifi nel mazzo degli utopisti irriflessivi; un po’ troppo, come dire, astratti, poco razionali, poco capaci di valutare la realtà e i suoi obblighi. Allargando allargando, Silvano mi ha riportato alla memoria la sequenza di un documentario inserito poi a distanza di molti anni dalle riprese nell’Alfabeto del ’68 cura di Giuseppe Bertolucci. Nella sequenza, presenti Bellocchio, la Cavani e altri cineasti, lo stesso Agosti parlando della contestazione trova accenti a dir poco utopistici se non addirittura esaltati nell’incitare la contestazione giovanile alle vie di fatto, cioè in pratica alla violenza trasformando gli strumenti del cinema in armi, dopo avere appeso al chiodo la macchina da presa ( non molto tempo comiciava l’alba della lunga tragica giornata del terrorismo).
Bene, anzi male. Grifi con tutta la sua storia, le caratteristiche personali, la passione, l’ossessione creativa, l’inquietudine in cui viveva, mostrava come ho detto una moralità vera. Mai opportunismi, mai slittamenti di pensiero, mai compromessi nelle scelte, nessun cedimento alle lezioni e alle mistificazioni parolaie.
Insomma: Grifi va preso com’era, grazie a un atteggiamento coerente e frastagliato, compatto e mosso, armonioso e ritmato. Nell’era della post televisione in cui prendiamo appunti, mentre le grandi centrali della comunicazione televisiva-telefonica-internettistica stanno decidendo il nostro futuro non solo di addetti alla comunicazione nei vari ruoli di tanti (registi, autori, commentatori, eccetera) bisogna misurare con attenzione il valore di persone come Grifi e il loro operare. Altrimenti, sminuzzando, facciamo il Blob del Blob. un Superblob commemorativo del passato così come lo facciamo del presente. Proprio nei giorni in cui Blob compie diciott’anni (ma che ricorrenza è? forse c’era solo la voglia di celebrare la maturità, la maggiore età?). Qui, sul nostro blog, ho letto una frase di Furio Colombo. Lui, espertissimo, dice che blob lo fa felice ma poi, ripensandoci, si sente aggredito di un qualcosa che lo prende dentro come quando si accorge di non essere stato capace di fare ordine sulla sua disordinata scrivania.
Ecco la vera paura che incombe sul viaggio della post televisione: trovarsi di fronte a un disordine di cui abbiamo responsabilità, e di cui quindi non possiamo dare colpa a nessuno, mentre ci appaghiamo, ci consoliamo, ci ubrichiamo della blobizzazione, ovvero inanissandoci nel frammento elevato a sistema. Una piovra mediatica che non muore, cerca anzi alibi intellettualistici, vive di repliche fatte con immagini diverse, nuove, prese fresche dal culo della gallina tv durante la giornata ai mercati trionfanti delle tv che non se ne vogliono andare, come gli …enni di ogni età che non lascerebbero mai mamma, papà e il televisore di casa.
Ciao, Alberto, e grazie.
ITALO MOSCATI