Home Rai 1 Antonio Catricalà: “Una tassa sui media al posto del canone Rai. Ma il servizio pubblico deve riguadagnare credibilità”

Antonio Catricalà: “Una tassa sui media al posto del canone Rai. Ma il servizio pubblico deve riguadagnare credibilità”

Il viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà ha proposto una tassa sui media al posto del canone Rai. Ma ha anche detto che il servizio pubblico deve avere credibilità per convinvere tutti a pagare

pubblicato 1 Agosto 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 15:57

Addio al canone Rai. O almeno a come lo conosciamo, dal momento che la tanto discussa tassa sul servizio pubblico resterà anche se potrebbe trasformarsi in una tassa che non coinvolga solo chi possiede un televisione ma i media in generale. La proposta è arrivata dal vicemininistro dello Sviluppo economico con delega alle Tlc Antonio Catricalà, durante l’audizione in Commissione di Vigilanza Rai.

Catricalà ha proposto l’idea di un canone che segua la direzione che stanno prendendo gli altri Paesi europei:

“Austria, Germania, Finlandia, Islanda, Svezia e Svizzera hanno previsto un canone come tassa a carico del nucleo familiare. Questo va incontro alla convergenza tecnologica perché si prescinde dal possesso dell’apparecchio per dire che si tratta di un’imposta che riguarda i media in generale”.

Il viceministro ha portato in aula anche l’esempio della Grecia, dove il canone viene inserito all’interno della bolletta della luce. Ma a prescindere dal metodo di pagamento, per Catricalà la prima necessità è quella di fare in modo che chiunque paghi il canone:

“Quale che sia la forma di finanziamento, e per ora esiste il canone e non sono in vista sistemi di finanziamento diversi, dobbiamo fare in modo che tutti paghiamo per rendere la Rai migliore. La questione del finanziamento del servizio pubblico non può prescindere anche dalla necessità di contenere i costi e razionalizzare la spesa, continuando comunque ad investire in qualità di contenuti e competitività tecnologica”.

Il tema tanto chiacchierato del finanziamento del servizio pubblico si è intrecciato anche alla discussione del contratto di servizio tra la Rai ed il Ministero, che deve essere rinnovato per il triennio 2013-2015. Catricalà ha annunciato le tempistiche per il raggiungimento dell’accordo:

“Abbiamo cercato di fare delle norme che diano, a costo zero, il massimo della trasparenza. Questo contratto di servizio è diverso dal precedente in vari punti, ma soprattutto rende verificabili gli adempimenti e gli inadempimenti, che era la maggiore difficoltà avvertita fino ad ora dall’Agcom. Il contratto stato inviato ieri sera al direttore generale (Luigi Gubitosi, ndr) per ottenere il dovuto parere ai primi di settembre”.

“Abbiamo approfittato di questo nuovo contratto per interpellare 45 soggetti (associazioni degli operatori e degli autori dell’audiovisivo, dell’emittenza, dei consumatori e degli utenti anche con sensibilità sulla tutela dell’immagine femminile, le parti sociali, Confindustria, il Consiglio Nazionale degli utenti) e sentire il loro parere”, ha spiegato il vicemistro. “Il testo che vi proporremo ai primi di settembre è una prova che deve servire a rendere più trasparente l’utilizzazione del canone. E’ stata anche inserita una norma che riguarda i trattamenti economici della dirigenza”.

Se si lavora quindi per rendere più “accettabile” il canone Rai, la strada per far riguadagnare credibilità alla tv di Stato è ancora lunga, sebbene sia l’unica via percorribile per far sì che la gente paghi il canone sapendo che quei soldi vanno a finanziare un servizio pubblico vero:

“Il vero tema di fondo e forse l’unica vera grande ragione per giustificare la lotta all’evasione del canone, ma addirittura le motivazioni del suo pagamento non può comunque prescindere da un recupero di credibilità della Rai e dalla sua missione di servizio pubblico. Più la gente crede nel servizio pubblico, più favorevolmente viene accolta la lotta all’evasione, più si recupera, maggiori sono gli introiti della Rai, minore è la sua dipendenza dalla pubblicità, più elevato è l’investimento nella produzione audiovisiva e nella cultura. Ed è questo un ulteriore motivo per rendere la Rai sempre più efficiente e capace anche come soggetto in grado di distribuire risorse pubbliche per finanziare tutta la produzione culturale del nostro Paese, e non solo l’audiovisivo, così da favorire la crescita qualificata di un settore in grado di sviluppare economia, valorizzando i suoi contenuti e i suoi prodotti anche in ambito internazionale e di attrarre investimenti per la sua attività”.

Se la Rai, quindi, riuscirà a dimostrare al pubblico che il canone ha motivo di essere pagato per finanziare progetti che rendano la tv pubblica italiana all’altezza delle altre tv di Stato europee, secondo Catricalà, sarà fatto un passo avanti nella lotta contro tutti quelli che non vogliono pagare questa tassa. Non varrà per tutti, ma un tentativo si dovrebbe fare.

[Via Repubblica]

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